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1969: l’allunaggio all’italiana nella polemica tra Tito Stagno e Ruggero Orlando

Come il 20 luglio 1969 gli italiani che videro sulla Rai l'impresa dell'Apollo 11 e del primo uomo sulla luna mancarono l'esatto momento dell'atterraggio

Giuseppe VatinnobyGiuseppe Vatinno
Time: 4 mins read

La conquista della Luna è stata uno degli eventi più importanti della storia dell’umanità e anche la Rai, allora senza concorrenti, aveva preparato una diretta fiume di trenta ore coordinata da Andrea Barbato e con due commentatori: Tito Stagno e Ruggero Orlando.

In questo cinquantesimo anniversario dell’evento vogliamo parlare di come fu raccontato in Italia.

Le Tv di tutto il pianeta erano concentrate sulla missione dell’Apollo 11 e il suo sogno di raggiungere la Luna. Il centro di controllo della missione a Houston, Texas, era divenuto un luogo familiare.

In orbita c’era Michael Collins (nato a Roma), mentre in discesa verso la Luna sul LEM-Eagle (Lunar Excursion Module) si trovavano il pilota Buzz Aldrin e il comandante -unico civile- Neil Armstrong.

La diretta televisiva italiana dal mitico studio 3 di via Teulada in Roma, in un rigoroso e sobrio bianco e nero (che avrebbe perseguitato i telespettatori nostrani per ancora molti anni) riporta a tempi antichi fatti di forti emozioni, per chi c’era, che sembravano aprire ad un futuro fantascientifico.

Dopo ore di spiegazioni e discussioni il fatidico momento -almeno per il resto del mondo- alfine giunse alle 20:17 UTC, 22:17 ora italiana, in una calda notte di luglio.

Ruggero Orlando: ritratto fotografico di Ghitta Carell. 1960 circa.

In studio due giornalisti ben noti: l’allora biondo Tito Stagno e il già attempato Ruggero Orlando, mitico corrispondente da “Nuova York” come lui amava pronunciare il nome della Grande Mela traducendo in italiano il primo termine secondo un vezzo di moda in quegli anni.

Orlando, che era laureato in matematica, era un mito dei ragazzi e soggetto ad artigianali imitazioni che intrattenevano le feste adolescenziali di quegli anni.

Ma torniamo agli eventi.

Il momento dell’allunaggio si avvicinava, e sembrava un po’ il conto alla rovescia per il nuovo anno. Tutti trepidavano nell’attesa, milioni di italiani e miliardi di terrestri per il Grande Evento quando Stagno, concentrato su quanto udiva in cuffia, voltandosi verso un monitor con i pugni alzati e inizialmente trattenuti sopra la testa, esclamò: “Ha toccato. Ha toccato il suolo lunare!”. Partì una selva di applausi.

Stagno non seppe resistere alla retorica e disse solennemente:

«Per la prima volta un veicolo pilotato dall’uomo ha toccato un altro corpo celeste. Questo è frutto dell’intelligenza, del lavoro, della preparazione scientifica; è frutto della fede dell’uomo».

Tuttavia quella atmosfera ieratica venne subdolamente interrotta.

Infatti in sottofondo, in maniera sempre più nitida, si avvertì la voce inconfondibile di Orlando che diceva dapprima sommessamente e poi chiaramente “No, non ha toccato”. Stagno invece riconfermò l’allunaggio mentre Orlando comunicava che “Qui pare che manchino ancora 10 metri” ed infatti si sente Aldrin dire “Picking up some dust” (“Stiamo alzando un po’ di polvere”), segno evidente che il LEM non è ancora allunato.

A questo punto il pubblico in sala ride e dopo un po’ Orlando, finalmente, dà l’agognato l’annuncio: “Eccolo, ha toccato in questo momento” ed allora anche Stagno prorompe in un applauso liberatorio dicendo “Hanno fermato i motori in questo momento” e poi con sicumera “l’errore (di Orlando ndr) è comprensibile”.

Il Lem si accinge ad atterrare sulla Luna

In realtà Stagno ha dato l’annuncio del raggiungimento da parte del LEM del suolo lunare quando mancavano ancora circa 56 secondi e 136 metri, mentre Orlando l’ha dato 10 secondi dopo il vero allunaggio, per colpa della diatriba in corso.

In tutto ciò i soli telespettatori italiani -coperti dalle parole dei due giornalisti-non sentirono la frase storica di Armstrong:

“Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed” (“Houston, qui Base Tranquillità. L’Aquila è atterrata”).

La polemica tra Stagno e Orlando proseguì per molto tempo ed anche ora che Orlando non c’è più, continua con un solo protagonista di quelle (ormai) lontane vicende che ripete una versione che non torna con i numeri.

Infatti, negli anni Stagno ha elaborato (dopo la prima in diretta sui “motori spenti”) una nuova versione dell’accaduto per cui “entrambi avevamo ragione”, nel senso che Stagno dice che lui aveva detto “ha toccato” e non “è atterrato” riferendosi al fatto che dei particolari sensori (“sensori di pendenza” dice lui, ma non a questo servivano) avevano appunto “toccato” il suolo lunare (essendosi accese le “contact lights”), mentre Orlando si riferiva proprio all’arrivo fisico del LEM, cioè al successivo allunaggio pur utilizzando anch’esso il termine “toccato”.

Di mezzo c’è la lunghezza delle sonde.

Studiando la faccenda nel dettaglio emerge che la spiegazione di Stagno non regge proprio perché questi sensori -peraltro metallici- sarebbero dovuto essere lunghi ben 36 metri, che era la quota del LEM al momento del suo annuncio, ed è un po’ difficile avere dei sensori di quella lunghezza molto più alti dello stesso LEM (7 m). In realtà i tre sensori situati sotto tre delle quattro “zampe” del LEM erano lunghi solo 1,73 m e non 36 m e sono facilmente visibili in fotografia.

C’è da dire a sostegno di Stagno che si trovava in studio a Roma, che le comunicazioni radio erano pessime, che il dialogo tra i LEM e il centro di controllo di Houston era in uno stretto slang Nasa e che l’inglese americano era assai difficile da tradurre in diretta considerando che Stagno non era un interprete e che doveva tradurre le unità americane in italiane (i “piedi” in metri).

Inoltre dall’ascolto dell’audio sincronizzato con le fasi dell’allunaggio emerge che Stagno confuse alcune parole in inglese, a volte perché l’audio arrivava troncato della prima parola.

Tuttavia resta il singolare fatto che lo sbarco dell’Uomo sulla Luna fu “bucato” -come si dice in gergo giornalistico- solo in Italia, e la pervicace difesa di Stagno che non torna.

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Giuseppe Vatinno

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