Un percorso lungo e scosceso diretto verso una uscita che indubbiamente lascia un terreno pieno di dubbi, incertezze e tanti interrogativi. La scelta del nostro ministro degli interni Matteo Salvini di non riferire al Parlamento sulla questione dei presunti fondi di finanziamento della Russia elargiti alla Lega per finalità di appoggio politico inizialmente perentoria e successivamente tenue e possibilista, segna un ennesimo squarcio sulla presunta credibilità di un leader che da oltre un anno ha condotto una politica basata in primis sul consenso del suo elettorato in vista dello spettro di nuove elezioni imminenti.
E’ pur vero che gli italiani sono oramai abituati alle “tuonate” del ministro che puntualmente dopo pochi giorni, dopo pressioni e consigli su come dovrebbe comportarsi una carica istituzionale così delicata e importante, ritorna sui suoi passi decidendo di riferire in Parlamento. Conscio forse dell’innesto innaturale di due forze di governo distanti ed opposte in una sorta di esperimento forzato di alleanza che in breve tempo avrebbe mostrato patologie evidenti già malate alla nascita, Salvini ha affrettato i tempi e da leader oltre ogni misura è riuscito a far emergere a suo favore l’inesperienza del M5S con il vice presidente del Consiglio Di Maio costretto a stravolgere lo spirito del Movimento causandone una debacle di consensi nelle elezioni Europee e regionali.
Ma è bene non dimenticare che i deliri di onnipotenza hanno sempre un prezzo elevato e si pagano caro. Matteo Salvini sembra essere andato oltre misura e ha commesso forse un passo falso e lo si legge nel suo volto; nel tono nervoso con cui risponde infastidito alle domande della stampa e al suo solito elenco di cose “buone e giuste” fatte per gli italiani che lo hanno votato, come se fosse l’Italia intera.
Questa tortuosa e gravissima vicenda assume i contorni di un vero e proprio assist offerto su un piatto d’argento al M5S che trova una inaspettata occasione di scrollarsi di dosso l’incombente presenza della Lega oramai divenuta una vera e propria metastasi del consenso pro M5S. Uscire dall’impasse dalla parte della ragione appare oggi l’unica possibilità di recupero di consensi per Di Maio nella misura in cui il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte risponderà alla richiesta delle forze politiche di andare a riferire al Parlamento quello che sembra essere una sorta di tradimento di un acclamato sovranismo falso e ipocrita alla ricerca di energie e fondi dalla Russia in una sorta di probabile accordo con Putin che ha sempre visto l’Unione Europea come una forza indigesta da smantellare il prima possibile.
Salvini stesso sembra titubante e insicuro di una facile vittoria nel caso si dovessero prospettare nuove e rapide elezioni estive. Possibili appaiono adesso tutte le alleanze come per esempio quella tra il M5S e il PD in una compagine di governo originariamente ipotizzata prima del “no” di Matteo Renzi che contribuì all’apertura di una strada dritta verso l’alleanza malsana con la Lega. Pochi giorni ancora e in Parlamento si assisterà ad un resoconto del presidente Conte che da pochi mesi sembra aver assunto un atteggiamento più attento e rigoroso verso il suo ruolo istituzionale. Intanto la Guardia di Finanza stringe l’assedio ai possibili responsabili degli accordi con la Russia e sono scattate perquisizioni e indagini a tutto campo. Come già detto siamo all’inizio di un percorso lungo e scosceso.