Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, secondo lo scrittore Roberto Saviano, “non ha strategia e nemmeno tattica…ha l’italica furbizia del vendere ciò che il cliente vuole, anche se non possiede il prodotto…ha il talento del ‘brigone’, del baro, che per fare scopa passa l’asso di nascosto al suo compare sotto il tavolo mantenendolo tra l’alluce e il melluce. L’asso da baro di Salvini sono i suoi tweet”.
E’ un’opinione. Come tale va registrata, piaccia o meno. Saviano è nel suo pieno diritto di esprimerla, altri – Salvini per primo – hanno pieno diritto di contrastarla e contraddirlo. Fin qui, si è nell’ovvio (che sia “ovvio” almeno lo si spera).
La comunicazione di Salvini, dice sempre Saviano, “è alla costante ricerca di amplificazioni, più subisce opposizione più riceve carburante. Lui sa che l’unico modo per non dare risposte, per non affrontare i temi più importanti è ingaggiare una lotta, così da dividere lo schieramento in due: chi lo attacca e chi lo difende. Così facendo sposta l’attenzione solo sull’ingaggio e non sui temi, sul metodo o sulla soluzione. La sua furbizia di spararla sempre più alta gli dà aura di risolutezza”.
Anche qui, opinioni; legittime, condivisibili o meno che siano. Si può al limite rilevare una contraddizione, ma lieve: se questo è il “metodo” Salvini, per quanto miope e riprovevole sia, un minimo di tattica c’è, va riconosciuta. Ma evidentemente non sta qui, il punto.
La carne della questione che pone Saviano è questa:
“I media devono dar conto delle notizie, se non lo facessero negherebbero la loro funzione. Ma dar conto di una notizia non è un atto neutro: non si può chiedere buon senso e misura a chi ha completamente perduto ogni freno inibitorio, utilizzando addirittura i figli per sdoganare la crudeltà dell’uomo qualunque… Propongo come provocazione intellettuale e grido di dolore a chi informa di accettare una forma di obiezione di coscienza, non dando notizia e non commentando le affermazioni più gravi di Salvini, quelle contrarie ai principi della nostra Carta costituzionale, che ha nel proprio nucleo centrale la tutela dell’Uomo. Questa non è censura, perché il potere censura; sarebbe, invece, una forma disperata di opposizione all’orrore. Costringiamo Salvini a parlare di politica nell’esercizio del suo ruolo chiave di ministro dell’Interno. Altrimenti abituiamoci ad avere un ministero della Crudeltà e rassegnamoci all’idea che le future generazioni dovranno fare i conti con un concetto di libertà proprio dei regimi autoritari, ai quali appunto guarda con trasporto il ministro della Crudeltà”.
Dunque: sia pure come provocazione intellettuale (ma anche come grido di dolore), attuare una spontanea “obiezione di coscienza”, e silenziare le frasi, le affermazioni considerate più sconce, irritanti, “proclami idioti” di Salvini.
In una parola: “Staccare la spina”. Era il “suggerimento” (seguito durante i 55 giorni del sequestro Moro e del rapimento D’Urso) venuto da una cattiva lettura di Marshall McLuhan. I giornali che fino a un momento prima avevano pubblicato e spesso integralmente i documenti dei terroristi, ad un certo punto decisero che non andava più fatto. E pazienza se dalla loro pubblicazione poteva o no dipendere la vita del sequestrato. Ci furono, all’epoca, poche pubbliche riflessioni sull’opportunità o meno di quel provvedimento, accolto dal 90 per cento dei mezzi di comunicazione. Quel periodo andrebbe ripercorso (in occasione del quarantennale del sequestro Moro questo “capitolo” lo si è saltato). Giornali silenti e proni alla linea dominante, governo tecnicamente irresponsabile, parlamento serrato e mai convocato… Ero contrarissimo allora a che la spina venisse staccata. Continuo a esserlo, e non solo per i terroristi. Scempiaggini e corbellerie, se ci sono, è bene conoscerle, discuterle, rendere consapevoli che tali sono. E infine: quale il limite, e chi lo decide, chi lo dovrebbe far rispettare?
Ha ragione Saviano. Chiedere a Salvini, a Conte, a tutti coloro che governano (ma anche a chi vuol essere opposizione e “alternativa”) di formulare proposte e soluzioni concrete e verificabili in tempi ragionevoli. Ripeto: è giusto chiederlo a Salvini, a Conte; ma anche a chi è all’opposizione da cui finora sono giunti solo, purtroppo, slogan e proposte fumose e/o irrealizzabili. Ma altro discorso è invitare a ignorare i “proclami idioti”. Chi decide l’idiozia di un proclama? E quand’anche, non è forse bene che il proclama idiota sia ben enfatizzato e chiarito nella sua idiozia? Certo: si chiama diritto al diritto e diritto alla conoscenza. Saviano, i tanti Saviano, non farebbero meglio a impegnarsi su questo?
Ps.: E’ assolutamente ovvio, che l’annuncio-affermazione del ministro dell’Interno Matteo Salvini relativo alla scorta a Saviano è inaccettabile nella forma e nel contenuto. Il ministro Salvini avrebbe potuto annunciare un generale ripensamento dell’uso e abuso delle scorte, e probabilmente in questo caso potrebbe aver avuto, oltre che consenso, qualche ragione. Così come si esprime, nei tempi, nei modi, rivela la sua natura intrinseca di bullo, un delirio di potenza che inquieta e va contrastato. E si tratta (lo si potrà dire senza incorrere in qualche vilipendio?) di proclama idiota. Secondo il “suggerimento” di Saviano, da ignorare? Penso proprio di no.
AGGIORNAMENTO
Il giorno dopo, Roberto Saviano ha risposto così al ministro degli Interni Matteo Salvini che aveva messo in dubbio l’utilità della scorta al giornalista-scrittore.