Francesco De Gregori è stato un grande cantautore, artista, intellettuale. Detto questo sono stato molto sorpreso quando di recente ho visto una sua intervista su Il Corriere della Sera che occupava tutta la pagina 4, ovvero il cuore nobile di ogni quotidiano, dove si parla dei temi del giorno e si intervistano i personaggi che hanno un ruolo centrale nelle vicende di maggiore interesse. E allora perchè De Gregori, mi sono domandato, impegnato nel solito tran tran delle tournée estive. La risposta è già nel titolo. «Non voto più. La mia sinistra si è persa tra slow food e No Tav». E poi una serie di opinioni rispettabilissime su Berlusconi, i mali del Pd, Noemi e Renzi.
Ora, detto che criticare la sinistra italiana è come sparare sulla Croce Rossa, il cantautore di «Generale» oltre a dirci le cose che sappiamo su un’identita ormai perduta (per sempre?) di un partito «che va dall’idolatria della pista ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo», confessa di avere votato Monti alla Camera e Bersani al Senato e di non amare per nulla Grillo. «Ringrazio Dio che il Pd non governi con lui», dice De Gregori, al quale l’idea della Rete «come palingesi e istituzione iperdemocratica ricorda i romanzi di Urania».
Invece, e qui entriamo nel cuore del discorso, ha parole di elogio per il governo delle larghe intese (beninteso non dell’«inciucio», lui detesta questa parola) e lo ritiene l’unico possibile. Ecco svelata la risposta alla mia iniziale titubanza, ecco perchè De Gregori campeggia a pagine 4 del Corrierone. Lui è a favore di questo governo e il Corrierone come tutti noi sappiano è lo sponsor principale delle larghe intese, non dell’inciucio, a De Gregori e al Corrierone questa parola non piace.
Facciamo un salto. E arriviamo alla vigilia di Ferragosto quando Mario Vargas Llosa, appena il premio Nobel della letteratura e milioni e milioni di libri venduti, arriva per uno strano percorso del destino a Palermo. Gli vogliono dare un premio in uno sperduto paesino siciliano e lui è venuto, da grande qual è, e accetta con cortesia di essere intervistato. Parla di letteratura, di Falcone, del Gattopardo e perfino di Berlusconi. Vargas Llosa è sempre stato un conservatore, simpatizza per la destra, ma dice ai giornalisti, che non gli piace affatto Berlusconi, per lui è un buffone, non c’entra niente con la sua cultura ed i suoi valori. Si riconosce nella Thatcher che aveva ben altro spessore rispetto all’animatore delle «cene eleganti» di Arcore. Tra i giornalisti che l’ascoltano c’è anche un immarcescibile collega del Corriere della Sera e pero' l’intervista finisce di taglio basso nelle pagine della cultura.
Morale della favola. Per il Corriere che ama le larghe intese e detesta l’«inciucio», De Gregori vale molto più di un Nobel, ha tante cose più interessanti da dire di Vargas Llosa. Per lui ci vuole una pagina intera, come minimo pagina 4. Chi vuole leggere il pensiero dello scrittore Nobel, vada alle pagine della cultura. Lo cerchi tra le brevi ed i pezzi di appoggio. Più e(o)rrore di stampa di questo non si può.
Ps. Il Corriere della Sera ha ottenuto 70 prepensionamenti a spese pubbliche da questo governo delle larghe intese, e non dell'inciucio. E il suo direttore De Bortoli dice che i conti sono in ordine e il giornale non è in crisi. Mah…