Gli Stati Uniti esportano tantissimo verso i vicini paesi del Nord America (Canada e Messico), il 40% del totale, seguiti dai paesi asiatici Cina e Giappone e poi al terzo posto viene l’Europa. All’interno del Vecchio Continente l’Italia è settima per export made in Usa dietro Germania, Regno Unito ed Olanda (tutte attorno ai 4/4,5 miliardi di euro) poi – staccati – ci sono Francia, Belgio e Svizzera a 2 miliardi e successivamente l’Italia a 1,4 miliardi di euro. L’Italia è quindi al 19° posto nella classifica dell’export Usa con un modesto 1,5% sul totale.
Nell’ultimo mese – nonostante l’euro forte rispetto al dollaro – si registrano però importanti investimenti Usa in Italia, in Piemonte per la precisione: l’azienda aerospaziale texana Exos, una delle dieci negli Usa con licenza di lancio, creerà a Torino il primo sito europeo per produrre razzi riutilizzabili ed il fondo Oaktree CM ha appena acquisito il 70% di un’azienda torinese Col leader nel settore energetico.

I dollari continuano ad arrivare anche in seria A di calcio: Robert Platek, il manager di MSD Partners che gestisce il portafogli di Michael Dell ha appena acquisito lo Spezia Calcio. Negli anni scorsi: Joey Saputo (Free2Be, settore alimentare) aveva acquisito il Bologna, James Pallotta e poi Dan Friedkin (Gulf States Toyota, distribuzione) la Roma, l’hedge fund Elliott il Milan, Rocco Commisso (Mediagroup, pay per view) la Fiorentina e Kyle Krause (Gruppo Krause, distribuzione) il Parma. L’idea è semplice: i prezzi dei club italiani si sono abbassati e aziende americane possono fare investimenti a basso prezzo e con ampio margine di crescita una volta che sarà superata la crisi.
Nonostante questo momento, le esportazioni dagli Stati Uniti verso l’Italia (15 milardi di euro) sono però stabili negli anni e concentrate fondamentalmente in tre segmenti: prodotti farmaceutici (il 25%), macchinari e materie prime. Più in dettaglio:
- Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici: 4,1 miliardi €
- Macchinari e apparecchiature 1,6 miliardi €
- Mezzi di trasporto (navi, aeromobili e veicoli spaziali, mezzi militari) 1,4 miliardi €
- Prodotti delle miniere e delle cave 1,3 miliardi €
- Prodotti della metallurgia 1,2 milardi €
- Prodotti chimici 1,1 miliardi €
- Computer 1 miliardo €

Dunque le importazioni si concentrano per un quarto nel comparto farmaceutico, soprattutto nei medicinali e preparati farmaceutici (fabbricazione di medicinali, di preparati medici diagnostici e di prodotti farmaceutici biotecnologici). La cosa è curiosa perché l’Italia ha avuto recentemente un autentico boom nell’export di prodotti farmaceutici: tra il primo trimestre del 2016 e l’ultimo del 2019 le vendite all’estero di farmaci italiani sono cresciute da 5 miliardi a 9 miliardi.
Per le aziende americane che vogliano investire in Italia ci sono due uffici che vengono loro in aiuto: l’ufficio ad hoc di New York dell’Agenzia italiana ICE che assiste gli investitori Usa nel loro insediamento in Italia e l’ U.S. Commercial Service, l’agenzia governativa Usa di promozione delle esportazioni, che ha due sedi in Italia a Roma e Milano. Il suo compito è assistere e consigliare le aziende statunitensi che intendono esportare dagli Stati Uniti all’Italia.
Con i recentissimi cambi ai vertici dell’amministrazione americana, della guida europea e del premier in Italia siamo, dunque, agli albori di una nuova era nelle relazioni commerciali tra Stati Unit ed Italia? Ha detto Mario Draghi nel recente discorso di insediamento alla Camera che l’Italia deve “sviluppare la capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali è essenziale per generare reddito, creare lavoro, investire il declino demografico e lo spopolamento delle aree interne”.
L’Italia è la terza economia dell’eurozona e l’ottava nel mondo, con un PIL di circa duemila miliardi di dollari e l’arrivo di Mario Draghi, ex Presidente della BCE, alla guida dell’Italia, fatto immediatamente salutato con favore sia da Joe Biden con un tweet che da Ursula von der Leyen, potrebbero aprire a maggiori investimenti USA in Italia.
Secondo la newyorkese banca d’affari Morgan Stanley – si legge su Money.it – “anche se non sono del tutto svaniti i timori di fibrillazioni politiche tuttavia al momento prevale un netto giudizio buy sul sistema Paese e sui suoi asset (…) tanto che i banchieri scommettono su un rilancio ancora maggiore delle stime al 4% nel 2021 e al 5,3 nel 2022”.