Può sembrare incredibile, ma la Regione siciliana, ‘tagliaggiata’ dal governo nazionale che continua a drenare soldi all’Isola, non si accorge (o forse fa finta di non accorgersi?) di un ennesimo scippo operato da Roma. Tema: i diritti di motorizzazione. Storia un po’ incredibile, se è vero che le competenze in questo settore sono state trasferite alla Regione (che paga i dipendenti), mentre lo Stato centrale, dal 2011, zitto zitto, si incamera risorse finanziarie che spettano alla Sicilia.
A raccontare come stanno le cose è Maurizio Tranchina, presidente dell’Associazione ‘Sicilia e legalità’. “Dopo anni in cui tutte le entrate, sia quelle relative ad operazioni eseguite presso gli uffici della Motorizzazione, sia quelle eseguite da soggetti terzi, erano pacificamente nel bilancio dell’Isola – spiega Franchina – dal 2011, attraverso un aggiornamento della procedura informatica centralizzata, lo Stato si è gradualmente impossessato di ogni somma derivante da tali operazioni. Il tutto con semplici circolari e pareri che non hanno valenza giuridica e quindi in spregio delle prerogative statutarie dell’Isola”.
Le verità negate, secondo l’opinione del presidente di Sicilia e Legalità, riguardano la portata della sentenza della Corte Costituzionale, che non si è mai pronunciata sul merito della pertinenza di questi tributi, ma si è limitata a sancire la competenza dello Stato di “stabilire le modalità operative del sistema ed i protocolli di funzionamento cui tutti gli utenti senza distinzione devono adeguarsi” (cfr n.369 del 22/12/2010). “Inoltre – aggiunge il presidente di ‘Sicilia e legalità’ – dal ministero deriva l’errata convinzione che le officine, ben 900 in Sicilia, nell'esecuzione del servizio di revisione dei veicoli non si avvalgano di alcuna attività prestata da parte degli uffici della Motorizzazione siciliana”.
Insomma, siamo davanti all’ennesimo scippo di un governo nazionale che, non sapendo più dove trovare i soldi per pagare la permanenza dell’Italia nell’euro, non trova di meglio che derubare il Sud e, in particolare, la Sicilia, anche per ‘alleggerire’ il peso delle tasse al Centro Nord. Un’esagerazione? Non esattamente. Nel dicembre dello scorso anno, con la legge di Stabilità, il governo Renzi ha strappato al Mezzogiorno circa 5 miliardi di euro di fondi Pac, sigla che sta per Piano di azione e coesione. Fondi europei destinati a Meridione (un miliardo e 200 milioni di euro solo alla Sicilia) che il governo nazionale sta utilizzando per pagare gli sgravi contributivi alle imprese che, in grande maggioranza, hanno sede nel Centro Nord Italia.
La Sicilia, in particolare, sembra diventata il ‘bancomat’ del governo nazionale, se è vero che, dal 2013 ad oggi, ha lasciato sul tavolo romano oltre 3 miliardi di euro (tutti soldi strappati dai bilanci regionali del 2013, del 2014 e del 2015: i ‘famigerati’ accantonamenti). Per non parlare dei 600 milioni di euro all’anno di maggiore partecipazione della Regione siciliana alle spese sanitarie (un raggiro iniziato nel 2009 e ancora in corso sul quale torneremo nei prossimi giorni). O della legge sul federalismo fiscale che ai Comuni siciliani ha portato solo minori entrate (ancora si attendono le perequazioni fiscali e infrastrutturali della legge Calderoli).
“Una Regione i cui bilanci non navigano, di certo, in buone acque non può permettersi di perdere nessuna risorsa dovuta. Così si calpesta lo statuto siciliano”, sottolinea sempre Franchina, che ha inviato una nuova diffida al presidente della Regione, Rosario Crocetta, e all’assessore alle Infrastrutture, Giovanni Battista Pizzo. “La Sicilia rischia di perdere ben 40 milioni di euro all’anno, a partire dal prossimo 31 marzo, relativi ai diritti di motorizzazione (Pratiche Sta)”, precisa sempre il presidente di ‘Sicilia e legalità’. Franchina, nel atto di diffida, invita il governo dell’Isola a non recepire la circolare 2533 del 2 febbraio 2015 del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che determinerebbe “tale ulteriore scippo che si aggiunge ai 10 milioni all’anno andati in fumo per le revisioni dei veicoli”.
L’associazione, sempre nella diffida notificata in questi giorni (“La seconda diffida dopo quella inviata a settembre che non ha avuto risposta”, sottolinea sempre Franchina), chiede, quindi, alla Regione “di farsi restituire le somme arbitrariamente ed illegittimamente incamerate dallo Stato dal 2011 al 2014, pari a dieci milioni all’anno, sui diritti di revisione e di opporsi alla nuova circolare. Andremo fino in fondo – conclude il presidente di Sicilia e Legalità – intervenendo presso gli organi competenti per evitare che la Sicilia venga ancora una volta espropriata di proprie risorse economiche necessarie per il buon funzionamento dei servizi pubblici”.
Da Franchina, insomma, arriva un invito al governo regionale, e, in particolare, al presidente Crocetta a far rispettare lo Statuto autonomistico siciliano. Come i lettori americani sanno – perché no lo ricordiamo sempre – la Sicilia è una Regione a Statuto speciale. Dovrebbe essere autonoma come uno Stato americano. Invece viene regolarmente taglieggiata, come ricorda il presidente di ‘Sicilia e legalità’.