Due nuovi capitoli si aggiungono alla millenaria storia di Pompei, la città antica sepolta dal Vesuvio nel 79 d.c. È di qualche giorno fa la notizia del sequestro conservativo per 6 milioni di euro, dei beni di Marcello Forti, ex Commissario per la manutenzione straordinaria degli Scavi e attuale coordinatore di Forza Italia, per l’inchiesta sui fondi dove sono coinvolte altre 9 persone. Sei milioni di euro utilizzati per spese esorbitanti rispetto all’obiettivo di messa in sicurezza, restauro e conservazione del sito e piena fruizione ai turisti, obiettivo imposto a Forti dal Ministero. Soldi spesi, invece, e senza gara per lavori complementari per la fornitura di attrezzature per lo spettacolo e allestimento scenico del Teatro Grande di Pompei.
L’altro capitolo riguarda il Grande Progetto per il recupero di Pompei e la “grande corsa” per spendere entro il 2015 i fondi europei che, se non spesi entro i tempi indicati dall'Europa, rischiano di essere ridotti. Quando Pompei crolla per l’incuria e la corruzione la fa da padrona, crolla una parte vitale del Bel Paese. “Crolli morali”, devastanti, contro cui c’è anche chi lotta, da sempre, come Luisa Bossa, deputata PD. Bossa è stata Sindaco di Ercolano, città millenaria a qualche chilometro da Pompei, e, durante la sua amministrazione, Ercolano è tornata a risplendere, diventando un modello di recupero archeologico straordinario. L'abbiamo intervistata per capire se c'è speranza anche per Pompei.
Onorevole Bossa, a che punto siamo?

La deputata PD ed ex sindaco di Ercolano, Luisa Bossa
“Sulla tutela del patrimonio archeologico di Pompei ci sarebbero da dire molte cose. Negli ultimi anni, il caso dell'abbandono è salito alla ribalta della cronaca. Se ne sono accorti un poco tutti. I crolli sono stati clamorosi, certi episodi di cattiva gestione pure. Ma chi è della zona sa che quell'area archeologica si è consumata nel degrado giorno per giorno. Direi che non si crolla in un momento, si crolla un poco alla volta, negli anni. Per certi versi, devo dire, gli episodi degli ultimi anni ci danno una mano. Il re è nudo. Il caso è clamoroso. Inevitabile che, a questo punto, si corra ai ripari. Dopo tanta incuria qualcosa si muove. È in corso il Grande Progetto Pompei. Si tratta di un grande intervento, per 105 milioni di euro, su 55 progetti, con obiettivi cadenzati sulla fine del 2015, finanziato con Fondi europei. Dopo un periodo iniziale di incertezza, il progetto, negli ultimi mesi, sembra essersi messo in moto positivamente. Nell'ultima relazione presentata dal ministro Franceschini al Parlamento si parla di 3 cantieri conclusi, 9 aperti, 6 gare aggiudicate, 13 in corso, 6 progettazioni in corso. Una macchina avviata che dovrebbe portarci per la fine del progetto al restauro e alla conservazione dei luoghi più importanti dell'area archeologica. Non mancano le incognite, che ho segnalato nell'ultima audizione del direttore Nistri, generale dei Carabinieri, in commissione Cultura. Stessa ditta per molte gare d'appalto, ribassi del 50 % sulla base d'asta, rischio che i lavori siano fatti al risparmio e senza la dovuta cura. Ci hanno detto che vigileranno. Noi lo faremo con loro. Sul caso di Fiori, mi sento di dire che appartiene al passato. Denunciai all'epoca le cifre strane del restauro del teatro Grande, oltre che alcune discutibili scelte artistiche. Poi è arrivata anche l'inchiesta giudiziaria. Vedremo come andrà. Di certo, su quel tesoro come, purtroppo, su tanti altri del patrimonio culturale italiano, si è arrivati tardi, dopo decenni di incuria, approssimazione, degrado”.
Lei prospetta soluzioni per Pompei così come fece per Ercolano?
“Per Pompei, io da tempo sostengo che il tema non sia solo l'intervento straordinario di restauro. Ma la capacità di dotarsi di una squadra numerosa per il pronto intervento sulla manutenzione ordinaria. È, in fondo, una questione elementare di buon senso. Anche le nostre case moderne, senza una regolare manutenzione, prima o poi, un poco alla volta cadono a pezzi. Figuriamoci i resti archeologici. Bisogna prendersi cura della città antica di Pompei ogni giorno, con piccoli azioni dei manutentori. A Pompei queste figure mancano. Per cui si fa il restauro, e si lascia tutto lì. I primi due anni la casa antica sta in piedi, è bella. Poi, senza manutenzione, comincia a degradare. Fino a che crolla e si spendono altri milioni di euro per restaurarla. Non sarebbe più semplice prendersene cura, con piccole attenzioni, quotidianamente? Io questo modello l'ho sperimentato ad Ercolano, da sindaco. Gli scavi, oggi, sono un fiore all'occhiello. Ed è stato possibile grazie ad un protocollo di intesa con un finanziatore privato. Un mecenate – Packard – che ha messo denaro e competenze, chiedendo garanzie e tutela. Un modello pubblico-privato che funziona. Perché non esportarlo a Pompei?”.
Il Governo è ancora lontano dal binomio “cultura = guadagno”, o no?

Uno degli affreschi del sito archeologico di Pompei
“Io sostengo che, al di là di Pompei, l'Italia deve ridiscutere tutta la sua politica culturale. Non è possibile che un Paese come il nostro, con un patrimonio di queste proporzioni, spenda per la cultura, l'istruzione e la formazione meno della metà della media europea. Se non investi, non raccogli. La crisi economica in Italia si sente di più anche per questa mancanza di lungimiranza e sguardo sul futuro”.
Gli archeologi lavorano con mezzi propri, i turisti a Natale trovano Pompei chiusa perché "bassa stagione": le pare possibile?
“Che un museo, un'area archeologica, possa chiudere in alcuni giorni festivi è possibile. Anche il Louvre o la National Gallery chiudono a Natale. Il problema, secondo me, non è questo quanto la mancanza di un progetto complessivo dentro il quale ci deve essere anche un ragionamento su tempi e modi. Se si studiano i flussi turistici e ci si rende conto che in Italia, nei giorni festivi, ne arrivano molti si può decidere di adattare l'offerta alla richiesta e aprire. Quello che ci vuole è uno sguardo lungo, una flessibilità organizzativa, un senso delle cose. E' mai possibile che, per esempio, un turista che arriva a Napoli, per andare a Pompei, debba prendere la Circumvesuviana, una ferrovia ridotta a brandelli, con orari slabbrati, treni distrutti, e che mai lungo il percorso ci sia una indicazione in inglese, qualcuno a cui chiedere una informazione? Manca il sistema. Manca un progetto. Manca una organizzazione. Questo è il vero punto dolente. Se non capiamo che la risorsa si mette a frutto organizzandosi, non usciremo mai dall'improvvisazione e mai daremo il giusto valore alla fortuna di essere l'Italia”.