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Mediterraneo
March 11, 2015
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March 11, 2015
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Nessuno, in città, avvertiva il bisogno di un’opera pubblica anacronistica e faraonica che ha ‘inghiottito’ centinaia di alberi seminando il caos nelle strade cittadine. Il tutto per gestire il solito, lucroso appalto da 200 milioni di euro

Nadia SpallittabyNadia Spallitta
Time: 3 mins read

Forse in pochi sanno che Palermo non è sempre stata così,  disordinata e caotica, rumorosa ed indisciplinata, con  un elevatissimo numero di autovetture (circa 560.000 veicoli circolanti di cui 381.000 automobili, su  650.000 abitanti ed una percentuale tra le più elevate di Italia) con un parco dei mezzi pubblici del tutto inadeguato alle esigenze cittadine (solo 500 mezzi, la metà dei quali con più di 15 anni e spesso in disuso), senza piste ciclabili (le poche esistenti, che si estendono sulla carta per 13 Km, sono per lo più impraticabili), senza un piano delle zonizzazioni acustiche e con una programmazione  della mobilità obsoleta e sprovvista di misure finanziarie utili la sua  attuazione.

I tentativi di ridimensionare traffico, rumori ed inquinamento ad oggi non hanno sortito gli effetti sperati. La pedonalizzazione di una parte del Centro storico, calata dall’alto, in assenza di una visione organica della città e dei suoi mezzi, pur meritevole nelle intenzioni, non ha risolto i problemi della mobilità che sono stati semplicemente dirottati sulle vie limitrofe; invero in molti casi la pedonalizzazione si sta rivelando punitiva delle piccole attività commerciali,   dei negozi storici, delle botteghe artigianali che drammaticamente chiudono e  cedono il passo all’incontrollabile ascesa di bazar indiani e cinesi.

Ciò avviene per la mancanza di servizi a supporto degli interventi. La città, del resto, è stata a più riprese saccheggiata dall’abusivismo edilizio (negli ultimi tre anni sono stati sequestrati circa 300 mila metri quadrati di aree per abusi edilizi), che tra le sue conseguenze  negative ha comportato anche la mancanza delle urbanizzazioni primarie (strade, impianti, verde, parcheggi).

Così le  auto, troppe in relazione al numero degli abitanti e quasi tutte altamente inquinanti (solo il  30% è conforme alle direttive europee in materia  di emissioni di gas nocivi) rimangono disseminate su strade, piazze e marciapiedi, nascondono e deturpano le bellezze monumentali, intralciano il passaggio ed inquinano.

Grandi aspettative, rispetto al tema della mobilità, sono oggi riposte nella realizzazione di tre linee del tram che viene vissuto e celebrato da chi governa,   non già come un ovvio mezzo di trasporto di massa, ma come se si trattasse di un’opera miracolosa, di eccezionale innovazione, espressione della capacità lungimirante degli amministratori.

In città, in realtà se ne parla dagli anni ‘80 del secolo passato ed i primi progetti risalgono al 2000. Quello faraonico (oltre 200 milioni di appalto) e dalle  soluzioni progettuali divenute anacronistiche, è andato in gara nel 2005, circa dieci anni fa, e tra varianti, aumenti di costi ed aggiornamenti, è ancora in corso di realizzazione. Si stima che i lavori finiranno nel 2017.

Si tratta di tre linee che attraversano la città per collegare la periferia al centro,   con un sistema, non più in uso in buona parte del territorio nazionale, ad alta velocità, provvisto di antiestetiche ed ingombranti “barriere di separazione”  che di fatto rimpiccioliscono le strade e le dividono, per chilometri, in due parti, reciprocamente inaccessibili, stravolgendo la storia, la vocazione e le caratteristiche naturali dei luoghi, con l’ulteriore rischio, denunciato dai commercianti locali, di possibili ricadute negative per la piccola imprenditoria territoriale.  

Il tutto, tra l’altro, con buona pace anche delle bellezze  ambientali,  arboree  ed in alcuni casi monumentali, che il progetto del tram ha travolto nel suo percorso. Così, ad esempio, nonostante la presenza di vincoli archeologici di inedificabilità assoluta, relativi ad un’area limitrofa allo storico Castello dell’Uscibene, denunciata da numerose associazioni, le opere sono state pacificamente autorizzate e realizzate.

Ugualmente a nulla sono valse le proteste di residenti ed ambientalisti per salvaguardare  le essenze arboree. Centinaia di alberi  sono stati abbattuti, per fare posto al tram, lasciando una città sventrata, più grigia e sempre più ‘cementificata’.

Ma davvero l’opera non si poteva progettare con minori costi, meglio e diversamente? Che fare? Non ci resta che attendere il battesimo delle tre linee, sperando che il sacrificio sia valso almeno a snellire l’intenso ed asfittico traffico veicolare, a ridurre l’inquinamento acustico e quello atmosferico e agevolare l’uso  del  mezzo pubblico. Anche se appare difficile che un’opera  simile, che sta lacerando in modo traumatico il tessuto urbano, possa realmente  riconsegnarci una città  vivibile ed a misura di uomo, come quella che avevamo auspicato.

Insomma nutriamo molti dubbi sul fatto di riavere la Palermo che ci viene raccontata dalle cartoline ingiallite di una ‘Città felicissima’, libera dalle  automobili e già dotata di un importante e moderno sistema di trasporto pubblico, il Tram elettrico  realizzato nel 1887.  Tram elettrico che  fino alla seconda guerra mondiale (la rete venne distrutta dai bombardamenti a mai ricostruita), con eleganza silenziosa, percorreva – perfettamente inserito nel contesto urbano – le vie principali (ancora  molte strade ne recano tracce  suggestive), toccava il Centro storico e si spingeva  dolcemente dalle pendici  collinari di Monreale fino alle dorate spiagge di Mondello.

 

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Nadia Spallitta

Nadia Spallitta

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