Mentre continuano i negoziati fra Europa e Usa sul Transatlantic Trade and Investment Partnership, il cosiddetto TTIP, da cui l'Italia, al seguito della Francia, ha chiesto di escludere la cultura e il settore del cinema in particolare, scoppia nel Belpaese una grana dagli effetti ben più immediati e tangibili, quella del Tax credit.
Cominciamo col dire che a monte di tutto ci sono le risorse: per rifinanziare il credito d'imposta a suo tempo contenuto nel cosiddetto Decreto del fare mancano all'appello infatti 40 milioni di euro, dei 90 originariamente previsti. Allo stato attuale sembra scontato che l'incentivo fiscale, introdotto in Italia per favorire gli investimenti privati, potrà essere finanziato, per il solo 2014, con un impegno di spesa da parte del governo di 45 milioni di euro, il 50% di quanto originariamente previsto. In questo settore, oltretutto, le produzioni si sviluppano perlomeno per due anni, quindi l'incertezza per il 2015 pesa come un macigno. “Il risultato – annunciano le associazioni del settore – sarà un crollo della produzione: si realizzerà solo qualche commedia e un po’ di film a basso costo. Con una perdita di posti di lavoro valutabile nell’immediato in 2.500 unità, più l’indotto, che è vastissimo”.
Immediate dunque le proteste dei protagonisti del nostro cinema, che come nel caso dell'accordo di libero scambio si sono mobilitati con tutti gli strumenti possibili. "Ministro Bray ma il tax credit per il cinema tagliato?! Così si tagliano le gambe a migliaia di lavoratori! Perché?", scrive ad esempio su Twitter l'attore Alessandro Gassman. Contestate anche le cifre prodotte dal governo: "I fondi necessari al reintegro ci sono – si legge in un comunicato diffuso ai primi di luglio – Sono le accise sui carburanti stabilite da un decreto di tre anni fa. Quelle accise non sono state cancellate, quindi le coperture permangono".
"Mi sono battuto e continuerò a battermi facendo di tutto per garantire il tax credit al cinema", ha replicato il ministro (nella foto a lato), impegnandosi a reperire i fondi necessari da qui all'autunno, quando l'incentivo dovrà essere rifinanziato.
Le disposizioni sul tax credit prevedono la possibilità per chi investe nel cinema di compensare debiti fiscali (Ires, Irap, Irpef, Iva, contributi previdenziali e assicurativi) fino al 40% dell'importo investito (ed un massimo di un milione di euro). Destinatari sono le imprese di produzione e distribuzione cinematografica, gli esercenti cinematografici, le imprese di produzione esecutiva e post-produzione (industrie tecniche), nonché le imprese non appartenenti al settore cineaudiovisivo associate in partecipazione agli utili di un film dal produttore di quest’ultimo. Per accedere alle agevolazioni fiscali, le imprese devono chiedere alla Direzione generale per il Cinema il riconoscimento dell’eleggibilità culturale dei film prodotti. I film, in altre parole, sono sottoposti a un test di eleggibilità che ne assicura la matrice culturale italiana o europea. Siamo in presenza dunque proprio di uno di quegli incentivi che il mondo del cinema vorrebbe difendere dalla liberalizzazione che si teme venga introdotta in Italia con gli accordi di libero scambio con gli Usa.
Non si può non osservare come sia paradossale a questo punto l'atteggiamento del nostro Paese: da un lato, l'Italia chiede di escludere dagli accordi il settore per la sua rilevanza culturale che giustificherebbe forme di sostegno "speciali" rispetto ad altri ambiti che verrebbero ad essere invece, con ogni probabilità, fortemente liberalizzati. Dall'altro, lascia cadere proprio una forma di aiuto che ha prodotto risultati apprezzabili, fra cui la realizzazione di alcune opere d'autore (anche di registi come Bellocchio o Garrone) che altrimenti difficilmente avrebbero tagliato il traguardo dell'ultimo ciak. Non solo: il credito d'imposta servirebbe a favorire le coproduzioni e aiuterebbe gli sforzi di tante film commission nate in questi anni un po' ovunque in Italia, se è vero che esso spetta anche "nel caso di realizzazione sul territorio italiano di film o parti di film stranieri (ovvero non riconosciuti di nazionalità italiana), su commissione di produzioni estere, con valorizzazione del territorio stesso ed evitando ambientazioni artificiali".
Infine, e cosa più importante, l'incentivo premia le opere che già hanno attratto finanziamenti privati, quindi opere che presumibilmente sono destinate ad avere un mercato: non è quindi un finanziamento a fondo perduto erogato ad amici degli amici per la realizzazione di lavori velleitari o di scarso interesse commerciale.