Gli ostacoli non sono pochi né di poco conto. Nell’immediato, il Pentagono può attingere solo alle scorte già esistenti. E quindi c’è il rischio di mettere a dura prova la prontezza militare statunitense. Mark Cancian, ex funzionario del Dipartimento della Difesa, sottolinea come la capacità dell’industria USA di produrre nuovi armamenti in tempi rapidi sia limitata, lasciando il Pentagono davanti a un bivio: svuotare i propri magazzini per sostenere Kyiv o dare priorità alla sicurezza nazionale in senso stretto.
A seguito del suo ultimo incontro con Zelensky, a settembre, Biden ha dato ordine di utilizzare tutti i fondi ancora disponibili per gli armamenti (circa 6 miliardi di dollari) entro la fine del mandato (ossia il 20 gennaio). Ma lo stallo politico interno, unito alle feroci critiche dell’opposizione repubblicana, ne rende incerto l’effettivo arrivo nelle mani delle forze ucraine.
L’esecutivo Trump 2.0 rischia tuttavia di rimettere drasticamente in discussione l’impegno statunitense verso l’Ucraina e, di riflesso, la stessa stabilità della NATO. “La prima cosa che [Trump] farebbe è ridurre l’assistenza all’Ucraina”, ha dichiarato a Politico Jim Townsend, ex alto funzionario del Pentagono per la NATO e l’Europa sotto Barack Obama. “Mi aspetto che ne faccia una grande dimostrazione. Direbbe ‘promessa mantenuta’, ma la interromperà presto, ne sono certo”.
Il candidato repubblicano e il suo vice JD Vance hanno già promesso una revisione degli aiuti, criticando le spese miliardarie destinate a Kyiv a fronte di un contributo europeo considerato insufficiente. Uno dei principali obiettivi di politica estera di Trump è invece la negoziazione di un accordo di pace tra Mosca e Kyiv che ponga fine alla guerra in tempi rapidi e deleghi l’Europa al gravoso compito di armare gli ucraini.
Ma molti analisti rimangono scettici. Intervistato dalla CNN, l’esperto di politica estera russa Thomas Graham ha ad esempio sostenuto che, anche con Trump al potere, Putin non avrebbe motivo di abbandonare la strategia che ha seguito finora.
“Non è ancora chiaro ciò che [Trump] pensa di poter fare o quale leva negoziale abbia, ma non credo che sia un processo rapido”, ha spiegato Graham, esperto di politica estera russa e collaboratore dell’autorevole Council on Foreign Relations. “Senza una chiara dimostrazione che l’Occidente e l’Ucraina hanno una visione comune di ciò che stanno cercando di ottenere… Putin non ha motivo di riconsiderare ciò che sta facendo in Ucraina a questo punto”, ha aggiunto.
Parlando alla CNN, John Lough, esperto di Russia di Chatham House, ha affermato che per Putin “l’Ucraina è solo un mezzo per raggiungere un fine, e il fine è quello di limitare ulteriormente l’influenza degli Stati Uniti negli affari internazionali”. “Quando i consiglieri di Trump gli spiegheranno (…) che la Cina ha giocato un ruolo chiave nel sostenere la capacità della Russia di continuare a combattere questa guerra”, ha aggiunto, “Trump potrebbe sentirsi improvvisamente molto ben disposto nei confronti di Putin”.
Per Zelensky, stretto tra l’incudine del ritiro USA e il martello di un’opinione pubblica provata dalla guerra ma parimenti allergica a compromessi con Mosca, la situazione è critica. La Russia continua a riversare ingenti risorse umane e militari al fronte, sfruttando la superiorità numerica (rimpolpata dall’alleanza con il nordcoreano Kim Jong-un) e l’arsenale tecnologico per mantenere una pressione costante su più fronti. Le forze ucraine invece dipendono in larga misura dagli aiuti occidentali per mantenere la linea del fronte, soprattutto in regioni strategiche come Donetsk e Zaporizhzhia, dove gli scontri continuano senza sosta.
Giovedì, a margine del vertice di Budapest ospitato dal premier ungherese filo-russo Viktor Orban, il leader ucraino ha chiesto “una fine equa della guerra” e ha avvertito che una “fine rapida delle ostilità sarebbe una disfatta”, ha detto Zelensky ai giornalisti. Con una chiosa ai presenti – ma verosimilmente pensata per fare eco fino ad ovest dell’Atlantico: “Costringere l’Ucraina a fare concessioni sarebbe inaccettabile per l’Ucraina e una mossa suicida per tutta l’Europa”.