Il Torino Film Festival 2024 segna un cambio di passo deciso: un’edizione snella, una programmazione che va dritta al punto, tante star statunitensi, e un direttore, Giulio Base, che non nasconde l’entusiasmo. “Sarà memorabile”, ha dichiarato dal terrazzo di Villa Miani, a Roma. A fare da protagonista quest’anno, una selezione di film in cui, per la prima volta, il numero di registe in concorso supera quello dei registi uomini. “Era ora”!, ha scherzato il direttore artistico, soddisfatto di portare “un po’ di buon senso” nel mondo del cinema.
Una 42esima edizione ricca, quella del TFF, con 2,2 milioni di euro di budget e una proposta di 120 film, tra cui 23 anteprime mondiali. Tra il Cinema Massimo e il Cinema Romano, con una nuova Casa del Cinema nella Galleria Subalpina, il festival vuole fare di Torino un vero polo cinematografico. Apre le danze il 22 novembre, al Teatro Regio, Eden di Ron Howard, regista due volte Premio Oscar e autore di pellicole come Apollo 13, A Beautiful Mind e Il codice da Vinci. La storia è incentrata sul dottor Friedrich Ritter, interpretato da Jude Law, un filosofo tedesco che, insieme alla moglie Dora (Vanessa Kirby), fugge dalla Germania del 1929 e dai valori borghesi che considera corrosivi per l’umanità, per trasferirsi sull’isola deserta di Floreana, nelle Galápagos. La loro visione di paradiso, però, viene turbata dall’arrivo di nuovi coloni, tra cui Margret Wittmer (Sydney Sweeney).
Tra le celebrità, Sharon Stone riceverà la prestigiosa Stella della Mole e sembra pronta a condividere con il pubblico aneddoti e ricordi di set. E non sarà sola: Matthew Broderick, Alec Baldwin e Giancarlo Giannini arricchiranno il palinsesto, tra proiezioni e incontri ravvicinati.
Degna di nota la nuova sezione “Zibaldone”, pensata per cinefili in cerca di chicche e capolavori dimenticati. Tra i titoli proposti, Amiche Mai di Maurizio Nichetti, (che ritorna dietro alla macchina da presa dopo oltre vent’anni), e From Ground Zero, un documentario realizzato da ventidue registi palestinesi, un’opera corale che dà voce a una realtà spesso trascurata e dolorosa. Il film è anche un tributo ai cineasti che, purtroppo, non ci sono più.
Tra i film americani in concorso, il viaggio è protagonista, sia interiore che geografico. In The Black Sea, Derrick B. Harden e Crystal Moselle portano lo spettatore in un piccolo villaggio sul Mar Nero, dove Khalid, giovane di Brooklyn, trova nuovi legami attraverso l’hip hop. È un linguaggio universale di connessione, che rende omaggio all’accoglienza ricevuta. Accanto a questo, Ponyboi di Esteban Arango, un ritratto intenso di un San Valentino al New Jersey, e Tendaberry di Haley Elizabeth Anderson, una storia di resilienza e scoperta, ambientata a New York.
In concorso, Il mestiere di vivere di Giovanna Gagliardo porta sullo schermo l’ultimo giorno di Cesare Pavese in una Torino malinconica e struggente, un viaggio profondo nei suoi tormenti e nella sua umanità. E poi ci sono storie di resistenza, come quella di Higher than Acidic Clouds di Ali Asgari, che continua a fare cinema in Iran nonostante le restrizioni e il clima di repressione. E poi, fuori concorso, The Summer Book, un omaggio ai legami familiari e alla natura, con Glenn Close.
La conclusione del festival, il 30 novembre, è affidata a Waltzing with Brando, in cui Billy Zane si cala nei panni di Marlon Brando. Un’opera che riesce a far dialogare le due anime opposte del cinema contemporaneo, da un lato l’intensità artistica e dall’altro l’intrattenimento puro, in un omaggio affascinante a una delle icone del grande schermo.