Mancano meno di dieci giorni alle elezioni in Francia, e la situazione politica delle prossime settimane si annuncia caotica.
Il 9 giugno scorso, il presidente Emmanuel Macron ha sciolto a sorpresa la Camera dei deputati del Parlamento francese in reazione ai risultati delle elezioni europee, dove il partito di destra di opposizione, il Rassemblement National, guidato da Marine Le Pen e Jordan Bardella, è arrivato in testa con il 31,4% dei voti, ossia più del doppio del risultato della lista presidenziale (14,6%).
I francesi torneranno dunque alle urne il prossimo 30 giugno e 7 luglio per eleggere i loro nuovi deputati, e dovranno scegliere tra quattro grandi blocchi: quello di estrema destra, composto da una coalizione tra Rassemblement National e la metà della lista del partito neogollista Les Républicains; il blocco di centro destra, con l’altra metà dei Républicains che ha rifiutato di schierarsi con J. Bardella; il centro, con la lista presidenziale di Macron e del primo ministro uscente Gabriel Attal; e infine la sinistra, unitasi sotto il nome del Nuovo Fronte Popolare, che include la maggior parte dei partiti progressisti francesi: Partito Socialista (PS), Comunista (PC), Ecologista, La France Insoumise, (LFI), il Nuovo Partito Anticapitalista (NPA).

I sondaggi, a dieci giorni dalle elezioni legislative, danno l’estrema destra maggioritaria, con approssimativamente il 34% delle intenzioni di voto, e il Nuovo Fronte Popolare subito dopo con il 29%. Il partito di Macron arriva invece in terza posizione con il 22%, e infine la parte dei Républicains non schieratasi con l’estrema destra arriva ultima tra i grandi partiti e coalizioni nei sondaggi, con il 6% di intenzioni di voto.

Bardella apparirebbe dunque come il naturale futuro Primo Ministro, in linea con la consuetudine che vuole che sia il capo del partito maggioritario a essere nominato alla testa del governo. Si profilerebbe quindi una ‘coabitazione’ fra il presidente Macron (responsabile della politica estera ed effettivo capo del governo) e l’esecutivo Bardella (responsabile di tutta la politica e gestione interna del paese.
Eppure, martedì 18 giugno, il delfino di Marine Le Pen ha posto delle condizioni per il suo ingresso a Matignon, dichiarando “Se domani sarò in grado di essere nominato a Matignon ma non avrò una maggioranza assoluta (…) beh… rifiuterò di essere nominato”. E ancora: “Non venderò ai francesi misure o azioni che non potrò realizzare, dico loro la verità”.

In realtà, il Presidente della Repubblica può nominare chi vuole come Primo Ministro, secondo l’articolo 8 della Costituzione francese, e quest’ultima non impone neanche alla persona nominata alla presidenza del governo di accettare il posto. Ma la Francia, Repubblica semi-presidenziale, necessita che il governo e il Primo Ministro ottengano la fiducia dell’Assemblea Nazionale.
Dunque il nome del futuro primo Ministro, se il Rassemblement National non raggiunge la maggioranza assoluta di 289 seggi, è ancora incerto. Ottenere la fiducia sarebbe difficile perché, anche se la sinistra e il campo di Macron non vanno d’accordo, si trovano d’accordo nel ripudiare il partito di Marine Le Pen.
Il Presidente della Repubblica dovrebbe dunque trovare una personalità che raccolga più consensi, verosimilmente sostenuto dal Nuovo Fronte Popolare e dai macronisti (le altre ipotesi di maggioranza che includano il RN appaiono improbabili).
La Costituzione francese non prevede una situazione in cui nessuna maggioranza riesca a formarsi. Quindi, se nessuno dei gruppi parlamentari riuscisse a mettersi d’accordo, rimane la “gestione degli affari correnti” del governo uscente per un anno supplementare, solo per i progetti già iniziati e senza potere iniziare nuove riforme, fino a quando Macron possa legalmente sciogliere una seconda volta l’Assemblea Nazionale per tornare al voto.