La cornice è Cannes, la Costa Azzurra; i giorni sono quelli del festival del cinema. Il regista americano John Irvin presenta nell’edizione 2016 un suo film, “Mandela’s Gun”. Il britannico “Sunday Times” riferisce che Irvin raccoglie le rivelazioni di un ormai morente ex agente della CIA, Donald Rickard, ufficialmente vice-console statunitense a Durban, in Sud Africa. In sintesi Rickard rivela che grazie a una soffiata dell’“Agenzia” alle autorità sudafricane (nel paese vige ancora un rigido apartheid), porta all’arresto di Nelson Mandela nel 1962 e la conseguente condanna in carcere, per ben 27 lunghi anni.
John F. Kennedy è dal 20 gennaio 1961 il 35° presidente degli Stati Uniti, e lo sarà fino al 22 novembre del 1963, quando viene assassinato a Dallas. Dunque l’operazione che porta in carcere Mandela si consuma sotto la sua presidenza.
Rickard racconta di come è stato coinvolto: “All’epoca la CIA credeva che Mandela fosse completamente sotto controllo dell’Unione Sovietica”. In buona sostanza a Langley si teme che Mandela “avrebbe potuto incitare una guerra in Sudafrica in cui gli USA sarebbero potuti essere coinvolti…Avrebbe potuto dar vita a una rivoluzione che avrebbe aperto la strada a un intervento russo… Ci trovavamo sull’orlo del precipizio, doveva essere fermato ed io l’ho fermato”. Mandela viene poi liberato nel 1990, ed eletto presidente dal 1994 al 1999. Muore nel 2013 a 95 anni. Rickard, agente CIA fino al 1978 muore due settimane prima di parlare con Irvin. La Cia non commenta la notizia.
É comunque la conferma a voci e indiscrezioni che circolano da tempo. Di suo Rickard ci mette il luogo e l’ora in cui avviene la cattura da parte della polizia sudafricana, e così neutralizza Mandela, allora capo dell’ala “militare” dell’African National Congress (ANC): l’Umkhonto we Sizwe (una specie di ibrido tra l’ANC e il Communist Party), poco più di un centinaio di persone con però discreti collegamenti internazionali. Mandela viene arrestato nell’agosto del 1962, è a bordo di un’automobile, in viaggio da Durban e Johannesburg.

Le rivelazioni di Irving affidate al “Sunday Times” al di là del loro contenuto, hanno una loro indubbia importanza: è la prima volta che un ex agente della CIA ammette che Mandela è stato arrestato grazie alla cooperazione tra le intelligence USA e Sudafricana, e a farlo è proprio chi ha “venduto” Mandela.
Per completare la storia, Mandela viene incriminato per incitazione dei lavoratori africani a scioperare illegalmente e per aver lasciato il paese nei mesi precedenti senza un valido documento di viaggio: condanna a 5 anni di carcere. Poi un altro processo, questa volta l’accusa è di sabotaggio, la condanna è a vita.
Anni prima, nel 1986, un giornalista famoso, Andrew Cockburn, sul “New York Times” mette nero su bianco le voci che circolano: “l’arresto di Mandela è avvenuto a seguito di una soffiata della Central Intelligence Agency alle autorità”. Cockburn cita quanto riportato dai locali “The Johannesburg Star” e “CBS News”, ed è piuttosto circostanziato: “Mandela era in viaggio per incontrare un ufficiale della CIA che stava lavorando per il Consolato Usa a Durban, la capitale del Natal. Invece di partecipare alla riunione, l’uomo della CIA disse alla polizia esattamente dove e quando poteva essere trovato l’uomo più braccato del Sudafrica”.
Non c’è del resto da stupirsi, anzi è più che credibile, non sarebbe l’unico episodio di “guerra sporca” condotta dall’ “agenzia”: c’è la mano della CIA nel colpo di stato in Guatemala nel 1954 e in quello di Augusto Pinochet in Cile del 1973; nel fallito sbarco della Baia dei Porci a Cuba, e mille altre “operazioni” in centro e sud America, in Asia e Africa; esattamente come gli omologhi sovietici, cinesi, francesi, britannici.
Da ultimo, un lungo articolo di Richard Stengel, per “Time”, si ricostruisce tutta la vicenda a partire da quel lontano 5 agosto 1962 in cui Mandela viene arrestato. Molti particolari e notizie inedite; tante imbarazzate reticenze; numerose conferme a quanto già scritto e ipotizzato. Stengel recupera un brano di una conversazione avuta con Mandela nel 1993, quando i fatti sembrano ormai lontani, e se ne può parlare senza troppo preoccuparsi delle conseguenze. Mandela conferma anche in quell’occasione la sua fama di persona prudente, calma, pragmatica: la CIA è coinvolta nell’arresto?, chiede Stengel. “Questo è quello che dicono…no, non lo so, non posso garantirlo, non ho prove. So però di aver incontrato troppe persone per un uomo clandestino… Ecco perché penso che non sia del tutto corretto che fosse il console americano con collegamenti con la CIA. Ma non posso dire che non sia stato così”.

E ancora: “Non ho prove in entrambi i casi, quindi non posso esprimere un giudizio e non ho nemmeno provato a scoprirlo”. Stengel ne conclude che a Mandela la cosa non importa, superata: “Ora la battaglia era in una nuova arena. Aveva sempre e solo una direzione: avanti”.
Stengel non si dà per vinto. Si appella alla FOIA per ottenere documenti che però gli sono negati. Non si dà per vinto: “Nelle mie conversazioni con attuali ed ex funzionari dell’intelligence, tutti troppo giovani per essere stati in giro a quel tempo, concordano sul fatto che lo scenario della CIA che ha informato la polizia sudafricana sia plausibile e probabile, e non hanno motivo di mettere in discussione questi rapporti. Era in un momento in cui la comunità dell’intelligence statunitense era concentrata sull’Africa come campo di battaglia strategico nella Guerra Fredda. L’arresto di Mandela è avvenuto otto mesi dopo l’assassinio di Patrice Lumumba, il primo capo democraticamente eletto del Congo che la CIA credeva fosse uno strumento dei sovietici…”. In un documento declassificato della CIA contrassegnato come SEGRETO e datato 25 maggio 1961, poco più di un anno prima della sua cattura, l’agenzia descrive Mandela come un “probabile comunista” che “ravviva l’interesse per la protesta contro l’apartheid“. In una nota più lunga della CIA nel febbraio del 1962, l’anno della cattura di Mandela, anch’essa contrassegnata come SEGRETO, l’agenzia individua Mandela come il capo del movimento di guerriglia dell’ANC: “Mandela, che viveva sotto copertura in Sudafrica e nel Basutoland dopo il fallimento dello sciopero generale da lui indetto lo scorso maggio, ha lasciato il Paese…”. Nessun punto dopo la parola “paese” e la frase successiva è oscurata. Comunque la prova che la CIA segue Mandela e sa che è fuori dal paese.
Un punto fermo, più schiettamente politico, fissato da Stengel: “La realtà è che il governo degli Stati Uniti era indietro di anni rispetto al resto del mondo nel riconoscere le virtù di Mandela. Mandela è rimasto in alcune liste di controllo dei terroristi americani fino al 2008, l’ultimo anno della sua presidenza. La CIA non ha declassificato alcun materiale relativo all’effettiva cattura di Mandela. Sebbene la CIA non possa confermare o negare l’esistenza di tali documenti, è certo che esistono”.
Una riflessione sull’oggi: “C’è una nuova competizione in Africa e altrove tra gli Stati Uniti e i loro alleati democratici, da un lato, e i regimi autoritari di Russia e Cina. Nel voto delle Nazioni Unite dello scorso autunno che ha condannato le azioni della Russia in Ucraina, 19 delle 45 nazioni africane che hanno votato al referendum si sono astenute. Attualmente, infatti, il Sudafrica sta conducendo esercitazioni navali congiunte con la Russia nell’Oceano Indiano, esercitazione che comprende anche navi da guerra cinesi. Per vincere questa competizione in Africa e altrove, l’America deve dimostrare la sua volontà di essere aperta sulla propria storia.