Davvero esistono le coincidenze?
Talvolta si ha l’impressione che la vita sia un caos sgangherato di avvenimenti. In altre occasioni, invece, si coglie una strana e recondita armonia grazie alla quale gli eventi, le persone, i discorsi si rispondono, si compongono, rivelano in modo involontario un filo conduttore.
Ecco quel che è successo.
Il 18 ottobre all’Istituto di Cultura di New York si apre una mostra dedicata a Mastroianni: Mastroianni. Ieri, Oggi, Sempre. Sono bellissime fotografie che celebrano i 100 anni della nascita dell’attore, animando un viaggio avvincente e ricco di poesia, lungo la sua carriera e la sua vita.
Il vernissage si tiene nel pomeriggio, in collegamento con la Festa del Cinema di Roma. Dal tappeto rosso interviene l’on. Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Parlano anche Salvatore Nastasi, Presidente SIAE e della Festa del Cinema, Gianluca Farinelli, curatore della mostra, Fabio Finotti, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura. Un saluto particolare va a Renata Sansone, Direttore Operativo di Civita Mostra e Musei.
La mattina dopo, il 18 ottobre, sempre in Istituto, si svolge la cerimonia con cui Annamaria Suppa, importante artista contemporanea, dona all’Istituto una sua opera. Ed ecco la scoperta: il lavoro della Suppa è ispirato all’immagine di Anita Ekberg mentre chiama Mastroianni dalla fontana di Trevi nel film di Fellini La dolce vita. Il titolo è Marcellooo. La Suppa non sapeva nulla della mostra dedicata a Mastroianni, e noi in Istituto non sapevamo nulla sul tema dell’opera che ci avrebbe donato. La coincidenza perfetta così si compie con il suo giusto elemento di sorpresa e incredulità.
Accanto all’esposizione delle foto di Mastroianni i visitatori dell’Istituto potranno dunque vedere una creazione che sembra evocarlo, e si adatta perfettamente all’ultima parola della mostra che gli è dedicata: “sempre”. Le immagini create da Fellini non solo hanno aperto a Mastroianni una carriera internazionale, ricchissima di successi, ma ne hanno stampato l’immagine in modo indelebile, rendendolo un’icona del passato e del presente.
Il Marcellooo di Annamaria Suppa è un’opera stampata su lastre di plexigas attraverso una tecnica grafico-pittorica, successivamente elaborata digitalmente. Se ha alle spalle una finestra o una lampada, Marcellooo si illumina, perché la luce l’attraversa. Se le lastre si muovono l’opera si trasforma, e il fatto che disegno e colori non si dispongano su un solo piano fa venire in mente una pratica simile, seguita dal tormentato artista di un bellissimo film di Pasolini, Teorema.
A sfogliare il libro che la Suppa ha pubblicato con la Fondazione Pino Pascali, Attraverso la mia arte, si direbbe che questo carattere dinamico, cinetico, dell’opera sia una caratteristica di tutta la sua produzione. A partire dall’istallazione permanente di quattro metri e mezzo collocata nel 1985 presso il centro tecnologico dell’Agenzia Spaziale Europea (Noordwijk, Olanda), dove sembrano chiari i richiami a Calder.
Il dinamismo negli anni si è fatto via via più intimo, intrinseco. Ha ispirato il movimento del pennello, la struttura pittorica del quadro. Ed ha portato all’incrocio di tecniche diverse per cui ogni opera della Suppa sembra un viaggio attraverso i linguaggi della tradizione e della modernità.
Penso alle elaborazioni di foto ed elementi pittorici, con photoshop e stampa su plexigas, nella serie Tratti e Ritratti. Oppure alle strutture che uniscono materiali diversi quasi moltiplicando all’infinito l’identità dell’opera, come Uno Nettuno Centomila (“Nettuno”, non “nessuno”, a indicare il tema marino), costruita in legno, plastica, fibra di vetro, pannelli acetati, su cinque bracci rotanti di ferro smaltato.
C’è sempre un elemento di divertimento nelle opere di Annamaria Suppa. Sono opere che esprimono un mondo giocoso, e siamo noi che possiamo giocare con le opere.
Così accade nell’Arte in gioco, con un’istallazione che si ispira al classico gioco dell’oca, e che permette davvero, grazie ai due dadi, di percorrere il tracciato, utilizzando come segnaposto dei pitali dorati che al fondo hanno ritratti di critici.
Per questa felicità espressiva l’Istituto è particolarmente grato a Annamaria Suppa. Un’artista che nel suo lavoro sa esprimere non solo i mille colori, le memorie, le emozioni della vita, ma la felicità di creare e – direi – di esistere. Attraversati dalla luce, come i suoi plexiglas o i suoi vetri, e soprattutto sempre diversi da noi, come le sue forme variabili.