Venerdì pomeriggio sono andata al picnic di un compagno di mia figlia, che festeggiava il compleanno a Prospect Park. Grand Army Plaza era bloccata dalle auto della polizia e dal traffico. E le transenne vietavano il passaggio, anche a piedi, su Prospect Park West, la strada che costeggia il parco, all’inizio della quale vive Chuck Schumer, il leader del partito democratico al Senato. Jane Hirshmann, attivista di Jewish Voices for Peace, che qualche tempo fa ha festeggiato il suo 78° compleanno protestando proprio a Grand Army Plaza, ha detto al Gothamist che, quando la polizia mette le barricate, lei si siede nel mezzo della piazza e blocca il traffico. È stata arrestata varie volte davanti a casa di Schumer.
La protesta di venerdì pomeriggio contava circa mille persone: partita dal Barclays Center (dove giocano i Nets), è arrivata al Brooklyn Museum, i cui responsabili affermano che almeno un’opera all’esterno – OY/YO di Deborah Kass – è stata vandalizzata con frasi come “NYPD KKK” e “Fuck Ur Bullshit Museum”. La folla ha occupato la piazza antistante: la maggior parte dei cartelloni contenevano messaggi come “Silenzio = morte” ma è stata fotografata anche una bandiera di Hamas. Alcuni manifestanti sono entrati nell’edificio e uno di loro è salito sul tetto per piazzare uno striscione sulla facciata. La polizia ha arrestato 34 persone.
Le forze dell’ordine hanno bloccato anche Prospect Park West, naturalmente. Ogni volta che succede, per raggiungere i propri appartamenti, i vicini di casa di Schumer devono presentare la carta di identità ai poliziotti in tenuta antisommossa. Uno dei vicini, Daniel Nassi, ha detto che Schumer dovrebbe venir fuori e parlare alla gente: “Sentite, vi ascolto, vi riconosco”. Il leader del partito democratico al Senato, che comunque spesso non è qui ma a Washington, alcune settimane fa ha fatto un discorso durissimo contro Netanyahu davanti alle due Camere, ma venerdì ha firmato insieme agli altri tre leader del Congresso una lettera bipartisan per invitare il leader israeliano a parlare al Campidoglio. È successo nello stesso giorno del discorso di Biden alla Casa Bianca sul “piano di pace” per Gaza. Oggi a Manhattan c’è la parata “Israel Day on Fifth”, aperta da decine di parenti degli ostaggi che restano dal 7 ottobre nelle mani di Hamas.

Da mesi, quando Biden viene contestato in piazza o in strada, non sono i sostenitori di Trump a gridare contro di lui, ma manifestanti che protestano per la guerra a Gaza. Anche al comizio del tycoon nel Bronx, davanti al Crotona Park, a un certo punto si è creata tensione perché manifestanti pro-palestinesi (che contestano sia il candidato repubblicano che quello democratico) stavano per scontrarsi con sostenitori ebrei ortodossi giunti a vedere Trump. Lo scorso weekend un centinaio di persone sono tornate a formare un accampamento alla Columbia University (uno dei cartelli: “We’re back bitches”) che è stato almeno in parte smantellato.
Uno dei gruppi che hanno aderito alla protesta al Brooklyn Museum si chiama “Within Our Lifetime”: voleva “de-occupare” il museo finché l’istituzione non rivela chi sono i suoi investitori e finché non prende le distanze da investimenti legati a Israele. Il gruppo ha dichiarato che la leader del movimento, Nerdeen Kiswani, è stata “presa di mira e violentemente arrestata” e le è stato strappato l’hijab. Sulla facciata del museo si possono leggere i nomi di grandi pensatori del passato: tra questi anche Maometto, ma a differenza degli altri, al nome non corrisponde una statua. Non viene mostrata la sua effigie per rispetto ai musulmani che ritengono sia proibito raffigurarlo.