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Bonetti alla Triangle Shirtwaist Factory, dove morirono troppe donne italiane

La Ministra alle Pari Opportunità, il Console Di Michele e il Prof. NYU Stefano Albertini si sono trovati dall’edificio per ricordare la storia datata 1911

Nicola CorradibyNicola Corradi
Bonetti alla Triangle Shirtwaist Factory, dove morirono troppe donne italiane

Il Triangle Shirtwaist Factory

Time: 2 mins read

Forse anche quel giorno c’era il sole. Forse anche allora la primavera soffiava tra le strade di New York e gli alberi del Washington Square Park.

Era il 25 marzo 1911 e alla Triangle Shirtwaist Facroery, un’azienda di abbigliamento di proprietà dei russi Max Black e Isaac Harris, all’improvviso si alzarono le fiamme. Quell’edifico erano pieno di immigrati, per lo più donne di origine italiana ed ebrea: morirono in 146.

Triangle Shirtwaist Factory in fiamme nel 1911 – wikimedia

Una tragedia che si sarebbe potuta evitare. Le stanze erano sovraffollate, i bagni funzionanti pochi senza alcuna ventilazione, con condizioni climatiche che andavano dal caldo soffocante al freddo gelido. Gli standard di sicurezza non erano rispettati, in tutti e tre i piani della fabbrica erano stipati oggetti infiammabili, compresi capi di abbigliamento appesi a fili sopra le teste delle lavoratrici, macchine da cucire ravvicinate, tavoli da taglio con pezze di stoffa e ritagli di lino. Una sola scala antincendio, che ovviamente non è bastata per tutti.

Oggi, a ricordare quella vicenda drammatica, è stata la Ministra alle Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, alle ultime ore del suo viaggio negli Stati Uniti iniziato la scorsa settimana.

Guarda il palazzo la Ministra, lo osserva attentamente mentre il Direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimò Stefano Albertini racconta gli attimi che portarono al disastro. Indica le finestre da cui iniziò a uscire il fumo, ripercorre passo passo quei minuti che segnarono la storia di troppe famiglie. Sembra quasi di sentire ancora il suono dei vigili del fuoco, mentre Albertini termina la storia. Ad ascoltarlo, oltre alla Bonetti, anche il Console Generale Fabrizio Di Michele e la Console Aggiunta Irene Asquini. Poi, una lettura di quelle forti, con le parole di Richard Joon Yoo e infine l’esposizione del nuovo progetto pensato per l’edificio è illustrato proprio dall’architetto che se ne occuperà.

Elena Bonetti, Stefano Albertini, Fabrizio Di Michele e Irene Asquini

Subito dopo, la Ministra ha raggiunto a piedi la New York University. Pochi metri di tragitto circondata dagli studenti che, con l’arrivo della bella stagione, sono tornati a popolare la zona.

Ha tenuto una lectio magistralis in inglese dal titolo “Pari diritti, pari opportunità: una prospettiva italiana per un mondo che cambia”, seguita da un dibattito botta e risposta con il Direttore Albertini.

“Le donne sono la leva fondamentale di quell’Europa che vogliamo essere e costruire”, ha detto collegandosi a tutto ciò che è già stato sottolineato la scorsa settimana, ricordando ancora una volta come troppi siano i settori nei quali le ragazze continuano ad essere discriminate.

Lo erano già nel 1911 e lo sono ancora oggi, nonostante si continui a parlare di uguaglianza, progresso e parità di genere. Parole abusate e poco rispettate, che mettono sempre tutti d’accordo fino a quando non è il momento di applicarle.

I numeri lo dimostrano: nell’ultima classifica sul gender gap, l’Italia è al 63° posto su 156 paesi del mondo presi in considerazione. Uno dei dati peggiori d’Europa.

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Nicola Corradi

Nicola Corradi

Parmigiano d’origine, ha conseguito la laurea in Scienze Politiche all’università LUISS Guido Carli di Roma. Si occupa per la maggiore di politica e attualità.

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