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January 26, 2022
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Tony Di Piazza si prepara a Sanremo e al suo Festival: “A New York amiamo i classici”

L'imprenditore siciliano arrivato negli Stati Uniti negli anni '60 commenta il panorama musicale italiano, ma boccia i Maneskin: "A me non piacciono"

Nicola CorradibyNicola Corradi
Tony Di Piazza si prepara a Sanremo e al suo Festival: “A New York amiamo i classici”

Tony Di Piazza

Time: 3 mins read

Sta per iniziare il Festival di Sanremo, in programma dall’1 al 5 febbraio, e da New York le orecchie degli italoamericani appassionati di musica iniziano a drizzarsi. Un nome su tutti è quello di Tony Di Piazza, siciliano di nascita e statunitense di adozione, che come ogni anno è pronto a seguire la kermesse per poi mettere in scena il Festival della Musica Italiana, previsto in città il 9 ottobre 2022. 

Tony, anche quest’anno Sanremo è alle porte. Qui a New York quanto è seguito il Festival? 

“Tutti gli italiani di prima generazione, quelli arrivati negli anni ’60 e ’70, lo seguono”.

Gli appassionati si ritrovano da qualche parte per vedere le serate di Sanremo? 

“Ormai con la televisione si ha tutto e quindi non ci sono posti di ritrovo in cui guardare il Festival di Sanremo: ognuno lo vede da casa sua. Discorso diverso per lo sport. Negli anni ’70, ad esempio, seguivamo i mondiali di calcio al Madison Square Garden. Per le partite di calcio è normale andare in club sportivi o al bar, ma con il Festival non succede”. 

Tony Di Piazza e Fausto Leali

Negli anni, gli italiani che vivono a New York hanno potuto assistere al Festival della Musica patrocinato dall’Associazione Culturale Italiana. Quest’anno c’è qualcosa in programma?

“Purtroppo negli ultimi due anni, causa Covid, non si è potuto organizzare il Festival qui a New York. L’anno scorso lo abbiamo spostato a Milano, dove si è anche svolta la XIII edizione del NYCanta, conclusa con la vittoria di Gregorio Rega e che andrà presto in onda su RAI Italia, RAI Play e Rai 2. Per quanto riguarda il Festival, invece, quest’anno si ritorna a New York e sarà il 9 ottobre. Parteciperanno diversi nomi noti, ma non è ancora il momento di annunciarli. Posso però dire che sarà un’edizione stellare”. 

L’anno scorso a Sanremo hanno vinto i Maneskin, che proprio negli Stati Uniti hanno avuto un successo pazzesco. Cosa ne pensa di loro?

“È una cosa stranissima, ma questo è anche il bello della musica che a volte attraversa i confini e la lingue. I Maneskin sono riusciti a fare qualcosa di straordinario. Se pensiamo ai grandi come Domenico Modugno e Tony Renis, loro hanno avuto successo principalmente con una canzone, invece questi Maneskin sono riusciti a entrare nel cuore e nell’anima degli americani. Io lo trovo strano, però è così, ci fa piacere e ci rende orgogliosi. A me personalmente non piacciono, non è il mio stile di musica. Noi qui in America siamo un po’ indietro rispetto ai gusti italiani, siamo più per la musica tradizionale degli anni ’70-’80-’90. Certo la musica evolve e i giovani sono bravi, anche se non è lo stile con cui siamo cresciuti, però se piace a milioni di persone non può essere tanto male. Qui all’estero la musica delle nuove generazioni viene trasmessa poco, e anche per questo stiamo cercando di svecchiare il Festival, inserendo artisti più contemporanei”. 

Maneskin – Ansa

Quest’anno Amadeus sembra puntare molto sul confronto generazionale, portando in gara nomi storici come Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Donatella Rettore, ma anche ragazzi in grande ascesa come Blanco. Come si è evoluta la musica dal suo punto di vista? 

“Sicuramente la musica si è evoluta. Come non saprei spiegarlo, però il mondo cambia. I giovani stanno cominciando a riapprezzare la musica tradizionale e il miglior esempio è Orietta Berti e il suo successo avuto la scorsa estate con Fedez e Achille Lauro. I grandi degli anni ’80 sono sempre stati in voga, non tramontano mai. I giovani fanno grandi successi, però magari se rifacciamo questa intervista fra tre anni, forse nessuno si ricorderà dei Maneskin. La musica moderna è fatta così: un’ascesa veloce, ma una caduta altrettanto rapida”. 

Quindi crede che qui negli Stati Uniti i volti nuovi del panorama musicale faranno fatica ad emergere?

“Qui in America forse sì, avranno più problemi. Come vedi i grandi spettacoli che vengono fatti oggi sono sempre portati avanti da artisti come Gianni Morandi o Albano. I Maneskin sono un’eccezione in questo momento, così come Il Volo, che però appartiene a un genere completamente diverso, quello classico, che gli stranieri amano”. 

Se dovesse esprimere un desiderio, chi vorrebbe portare a cantare qui a New York?

“Se devo dire un nome è Adriano Celentano. Ci stiamo lavorando, ma lui non ama viaggiare. Ti assicuro però che, se venisse a New York, riempirebbe quattro stadi”. 

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Nicola Corradi

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