“Ugo Tognazzi: Tragedies of a Ridiculous Man”, offre al pubblico americano l’opportunità di riscoprire o di scoprire per la prima volta l’importante carriera dell’attore, regista, produttore e sceneggiatore italiano che con la sua caratura artistica in bilico tra satira, commedia brillante e cinema impegnato, ha segnato un’epoca della storia del cinema e del costume italiano.
Istituto Luce Cinecittà riporta il cinema italiano in scena a New York dopo gli ottimi riscontri delle precedenti retrospettive dedicate a Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni, Roberto Rossellini, Giuseppe De Santis, Antonio Pietrangeli, Marco Bellocchio, Ferzan Özpetek e Paolo Virzì.
Questi straordinari ritratti di grandi autori permettono di rileggere la potenza visiva, narrativa ed ideologica con la quale il cinema italiano è entrato nell’immaginario collettivo scrivendo una pagina indelebile della storia del cinema; e permettono anche di riscoprirne tutta la modernità e quell’avanguardia stilistica che ha influenzato e continua ad influenzare i cineasti di tutto il mondo.

La rassegna organizzata da Camilla Cormanni e Paola Ruggiero di Istituto Luce Cinecittà in sinergia con Josh Siegel, curatore del dipartimento di cinema del MoMA, ha visto la partecipazione straordinaria del presidente di Luce Cinecittà, Roberto Cicutto, e della regista Maria Sole Tognazzi, entrambi a New York per un evento di presentazione presso l’Istituto Italiano di Cultura diretto da Giorgio van Straten, e per il grand opening, il 5 dicembre, al MoMA.
“È un momento particolarmente triste per la comunità cinematografica mondiale”, ha commentato Roberto Cicutto in riferimento alla recente scomparsa di Bernardo Bertolucci. “Tognazzi e Bertolucci, anche se in maniera molto diversa, sono stati capaci di rappresentare i mille volti dell’Italia, spesso anticipando i mutamenti del nostro paese. È una pura coincidenza che il film di Bertolucci, La tragedia di un uomo ridicolo, sia stato scelto per il lancio di questa retrospettiva, ma è un film importante che ha contribuito a far diventare Bertolucci e Tognazzi delle leggende del cinema. Li ricorderemo insieme, in compagnia dei loro amici e famigliari, con grande affetto e gratitudine”.
Abbiamo incontrato Maria Sole Tognazzi all’Istituto Italiano di Cultura, e ci siamo fatti raccontare la sua emozione nel vedere il pubblico americano omaggiare la carriera di suo padre, ed il percorso che la ha portata a realizzare il documentario in suo onore.
“L’emozione di essere qui in rappresentanza di tutta la mia famiglia (mia madre Franca Bettoya e i miei fratelli Ricky, Giammarco e Thomas Robsahm), è ovviamente grandissima. L’idea di questo documentario nasce da una proposta che mi venne fatta quasi dieci anni fa, e lo ho realizzato con Matteo Rovere e montato con Walter Fasano. Ritratto di mio padre, aprì il Festival del Cinema di Roma nel 2010 proprio nel giorno della scomparsa di mio padre, il 27 ottobre del 1990. Io so che cosa sarebbe potuto significare per lui essere riconosciuto in un posto così importante come il MoMA di New York. Vivo sulla mia pelle l’emozione che penso avrebbe provato lui, ed anzi sono sicura che la stia proprio vivendo con noi in questo momento, io credo nella vita dopo la morte”.
Una grande emozione, ed una grande opportunità, che corona anche un sogno irrealizzato di Tognazzi e forse un rimpianto, quello di non aver avuto l’opportunità di lavorare negli U.S. La sua fama ed il suo talento l’avevano comunque preceduto ed in particolare Il vizietto (Le Cage aux Folles), gli ha regalato grande popolarità oltreoceano, ma complice la poca dimestichezza con la lingua inglese non si era mai sentito di intraprendere una carriera in America.

“Mio padre era un perfezionista quasi maniacale, non avrebbe mai accettato un lavoro in lingua inglese se non fosse stato padrone al cento per cento della lingua. Quando accettò di lavorare in francese a teatro, la sua etica lavorativa gli impose di arrivare a conoscere perfettamente la lingua”, ha raccontato Maria Sole Tognazzi.
Uno dei pochi rimpianti della grande carriera di Ugo Tognazzi, forse l’unico insieme ad un mancato film che era in produzione con Federico Fellini e che purtroppo non è stato mai portato a termine. Il documentario di Maria Sole Tognazzi esplora però le altre illustri collaborazioni del grande attore con i maestri del cinema italiano, come Mario Monicelli, Pupi Avati, lo stesso Bernardo Bertolucci, che offrono un ritratto umano ed artistico di Tognazzi, tenero ed appassionato, senza tralasciare gli aspetti anche più leggeri e colorati della sua personalità, come la sua grande passione per il cibo e la cucina con cui amava ammaliare i suoi commensali.
“Ho deciso di raccontare mio padre soprattutto attraverso i suoi registi”, ha continuato Maria Sole, “e ripercorrendo la sua storia ho ripercorso anche una parte della storia del cinema. Mi sembra ieri di averli incontrati e di averli intervistati. È stato un viaggio importantissimo per me”.
L’augurio della regista è che questa retrospettiva possa interessare anche il pubblico americano più giovane che magari non ha ancora avuto modo di scoprire il cinema di Ugo Tognazzi: “Quello che io spero, è che una parte di pubblico più giovane, e che non ha avuto modo di conoscere quei grandi attori della generazione di mio padre, possa scoprirli grazie a questa retrospettiva, ed in particolare ovviamente possa scoprire Ugo Tognazzi. Attraverso le sue interpretazioni noi passiamo anche da un momento storico all’altro della storia italiana. In America mio papà non ha avuto modo di lavorare, è conosciuto da una certa generazione cinefila e quindi per quel pubblico che ha nostalgia di quei film, riscoprirli è sicuramente importante, tanto quanto è importante che un nuovo pubblico lo scopra e possa fare esperienza di quell’arte, di quel modo di fare cinema che oggi non c’è più”.
Maria Sole ha anche raccontato degli aneddoti divertenti ma che mettono in luce l’etica professionale e la passione per il mestiere dell’attore che Tognazzi aveva: “Il lavoro dell’attore per mio padre era un’esperienza totalizzante. Lui collaborava attivamente alle sceneggiature e alla costruzione dei personaggi. Come accadeva per altri attori di quell’epoca, un’attitudine che oggi si è un po’ persa. Lui si calava completamente dentro ai personaggi. Per esempio, durante le riprese de Il vizietto (Le Cage aux Folles), nel periodo in cui andavo a scuola dal Papa a Castel Gandolfo, non potrò mai dimenticare che veniva a prendermi con delle tute di paillettes rosa.”
Per Maria Sole Tognazzi invece l’interesse e la passione per il cinema si sono sviluppate solo più avanti, dopo la morte di suo padre che aveva sconsigliato a tutti i suoi figli di intraprendere la carriera dello spettacolo, ma buon sangue non mente, e alla fine tutti i fratelli Tognazzi si sono ritrovati ad essere professionisti del cinema. “Io non ho mai parlato con mio padre di cinema”. Confida la regista, “andavo pochissimo sui set ed avevo quasi il rifiuto per quel mondo. Ho iniziato a vedere i suoi film dopo la sua scomparsa e purtroppo non ho avuto modo di avere un dialogo con mio padre al riguardo. Questo aspetto del suo lavoro l’ha seguito molto più da vicino mio fratello Ricky che ha fatto anche da aiuto regista a nostro padre.”

L’evento all’Istituto Italiano di Cultura che ha visto la regista in conversazione con Richard Peña, professore di Film Studies presso la Columbia University di NY, è stato impreziosito anche dalla presentazione di un bellissimo libro fotografico, “Ugo Tognazzi: Storia, stile e segreti di un grande attore (Ugo Tognazzi: Story, Style and Secrets of a Great Actor)”, pubblicato da Istituto Luce Cinecittà ed Edizioni Sabine e curato da Mario Sesti con le illustrazioni di Luisa Mazzone.
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