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Dagli studi di Manhattan agli eventi gratis a Bryant Park: essere uno yogi a New York

Girando per la Grande Mela, tappetino sulle spalle, alla scoperta di un'industria che fattura miliardi di dollari l'anno

Chiara NobisbyChiara Nobis
Dagli studi di Manhattan agli eventi gratis a Bryant Park: essere uno yogi a New York

Corsi di Yoga gratuiti a Bryant Park (foto Voce di New York)

Time: 4 mins read

Taxi, bici, segway, turisti, postini, pattinatori folli, venditori ambulanti. Il marciapiede di Manhattan somiglia più a una prova ad ostacoli che a un passaggio pedonale. Sempre in fila, sempre in ritardo. Casa, lavoro, pranzo da asporto nel posticino carino a 20 minuti a piedi, aperitivo con gli amici sul rooftop a Midtown.

Con questa routine non è strano che a New York, ovunque e a qualsiasi ora, si vedano persone con l’immancabile tappetino da yoga sulle spalle, pronti a staccare dai ritmi frenetici di Manhattan. Ebbene si, non si può vivere nella grande mela senza averlo provato almeno una volta.

Premetto che la mia idea di attività fisica prevede sudore e molta fatica, e non sono mai stata una grande fan di corsi o discipline più “statiche”. Ma visto che tra lezioni di prova, studi all’avanguardia e sedute all’aria aperta, allo yoga proprio non ci si può sottrarre, ho deciso di seguire l’esempio delle celebrity di Hollywood e, imbracciato il mio tappetino, mi son diretta verso la metropolitana.

Destinazione? Fierce Grace, nel Lower East Side. Il timore di trovarmi in mezzo a sproloqui esistenzialisti viene subito cancellato dalla chiacchierata con Tricia Donegan, proprietaria dello studio sin dalla sua apertura e ora co-gestitrice della gestione londinese. Lavoratrice instancabile dall’esperienze variegata e istruttrice, tra gli altri, anche di Lady Gaga.

Immaginatevi 1,60m di donna, corpo flessuoso e tonico da ex giocatrice di calcio, una laurea in psicologia e un’esperienza da Atlanta come ristoratrice. Nulla di più lontano dall’idea alla “Mangia, Prega, Ama” che mi ero creata nella mente.

Tricia Donegan (foto instagram di @julianagianni)

Tricia mi racconta di come l’approccio allo yoga sia avvenuto in un momento in cui lo stress della quotidianità aveva preso il sopravvento: “Ho una laurea in psicologia. Ho iniziato a lavorare come terapeuta, ma mi son ben presto stancata del fatto che le persone venissero da me per essere aggiustate e non guarite. Ho aperto quindi  tre ristoranti ad Atlanta, perché, da ex giocatrice di calcio, pensavo che la frenesia di quel tipo di vita fosse più vicina alla mia personalità. Ma sentivo che mente e corpo non lavoravano allo stesso ritmo: dal punto di vista fisico ero stimolata, ma da quello mentale meno e sentivo che non stavo sfruttando le mie doti. Ho impacchettato tutto e mi son trasferita a New York dove ho creato il Bikram Yoga Lower East Side”.

Yoga a Bryant Park (foto Voce di New York)

Per Tricia lo yoga funziona da attivatore: all’inzio era una semplice valvola di sfogo, un modo come un altro per tenersi in forma, ma piano piano ha imparato a utilizzare la mente per “sentire il proprio corpo”. Nulla di diverso da ciò che fanno gli atleti di alto livello, che analizzano le proprie performance e le proprie sensazioni.

“La mia idea è quella di costruire una comunità. Tutti sono i benvenuti. Ritengo che molte persone pensino di avere un destino predefinito, che le loro possibilità si esauriscono nella loro provenienza geografica. In questo posto le aiuto a capire che non importa quanto siano brave, a che livello sono o da dove provengono, ma che esistono delle priorità e che sono quelle a tenerci con i piedi per terra e a definirci come persone”.

Yoga significa sapersi ascoltare, ritagliarsi uno spazio personale e realizzare che esistono sempre diverse soluzioni a una medesima situazione. Una possibilità da non sottovalutare in un città da 9 milioni di abitanti.

Ma il potere terapeutico dello yoga è valido anche in un ambiente non controllato, più “pubblico”? A New York, se non si vuole investire in un (costoso) abbonamento mensile, si possono trovare decine di corsi gratuiti a diversi orari della giornata e in luoghi pubblici.

Scelgo quindi il posto e l’orario più caotico possibile; e così, un martedì mattina, mi dirigo verso Bryant Park, passaggio obbligato a Midtown per chiunque sia in città per lavoro o per turismo.

Siamo circa in 300: i tappetini sono disposti ordinatamente, le persone si preparano, parlano sottovoce. Qualcuno che si toglie la camicia, altri le scarpe, tutti si salutano educatamente.

Arriva l’istruttrice e ci chiede di iniziare dai classici esercizi di respirazione e, in un istante, la caotica massa colorata di persone inizia a compiere gli stessi movimenti, con grande concentrazione. Di fianco a me, una signora di circa sessant’anni mi mostra qualche posizione che non conosco “Don’t worry dear, you’ll be fine”.

Madeline Hickman (foto dal sito madelinehickman.com)

Quel giorno l’istruttrice si chiama Madeline Hickman e mi spiega che esiste un “ripple effect” nel praticare questo sport : “Il potere dello yoga è quello di costruire una comunità. Una persona prende 60 minuti per fare yoga, si connette con se stesso e questo cambia il mondo in cui si relaziona con le altre persone per il resto della giornata; di conseguenza anche questi a loro volta saranno più positivi. Credo che in questa città il ripple effect sia davvero necessario”.

Uno sport che genera un giro di affari di qualche miliardo di dollari l’anno , forte soprattutto della pubblicità che riceve da star del calibro di Kate Hudson, Adam Levine e Lady Gaga, per citarne alcuni. Solo in Italia si stima che siano 1,5 milioni le persone che si dedicano a questa disciplina, generando un movimento di circa 200 milioni di euro l’anno. Per conoscere meglio il binomio sport- business abbiamo parlato con Franca Foligatti, Sales and Marketing Director di NO KA ‘OI. Il brand nasce nel 2014 e punta a unire il benessere che questo sport crea, l’idea di comunità che genera, ai tessuti e la design di alto livello italiano.

Campagna pubblicitaria di NO KA ‘OI

“Partiamo dal significato della parola Yoga ovvero riunione con il proprio sé profondo. Si tratta di una pratica olistica che può esser eseguita a molti livelli di integrazione fra mente, corpo e spirito attraverso esercizi fisici e di meditazione. Le tendenze, negli Stati Uniti più che mai, sono guidate dalle celebrity e le espressioni dello streetwear trovano radici profonde nel movimento culturale hip hop, ancora dominate. A livello intergenerazionale si sta affermando la tendenza a vestire sportivo ma con un’attenzione al dettaglio ricercato, esattamente come l’approccio che si riserva all’abbigliamento. NO KA ‘OI vive di questa identità dalla sua fondazione, nel 2014”.

Non rinuncerò mai alla mia routine di allenamenti, ma lo yoga si è appena guadagnato un piccolo spazio all’interno di esse.

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Chiara Nobis

Chiara Nobis

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