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Quei 6 diner della New York di ieri, che resistono alla modernità di oggi

Icona di un'America che forse non esiste più, i diner rappresentano ancora oggi un punto di riferimento per molti newyorkesi

Davide MamonebyDavide Mamone
Quei 6 diner della New York di ieri, che resistono alla modernità di oggi

Gli interni del Tom's Restaurant a Brooklyn

Time: 6 mins read

“Sweetheart, do you wanna some coffee?”. “Yes, please.” Quante volte l’abbiamo sentito, questo scambio di battute, nei film che hanno ricreato l’immaginario collettivo degli Stati Uniti d’America? La cameriera che fa avanti e indietro, dietro il bancone di un diner, con in mano il termos di caffè in attesa delle ordinazioni, coccolando di attenzioni la clientela. Le clienti e i clienti, spesso soli, spesso in sparuta compagnia, che pensano ai loro problemi davanti alla tazza che va riempendosi. Problemi che li hanno portati a sedersi proprio lì, in quel diner. Per riflettere, o per “staccare” la spina. Per mangiare pancakes o waffles. Per bere caffè o milkshake.

Waffles, homelette e french fries (Foto D.M.)

I diner, tavole calde che in Italia non sono mai esistite, fanno parte della cultura pop americana da decenni. Hanno rappresentato un punto di riferimento per numerose comunità di persone, appartenenti a quella middle-class statunitense che un tempo era predominante, e che oggi non esiste quasi più. Erano il luogo in cui le famiglie si incontravano e si riunivano di sabato e di domenica. E costituivano una sorta di collante sociologico e culturale, all’interno di un Paese sempre più diverso e sempre più diviso. In particolare, a renderli elemento di unione, era il rapporto qualità-prezzo del servizio: i diner erano luoghi in cui si mangiava tanto e bene, e con pochi dollari. Erano tavole calde accessibili a tutti, ovunque negli Stati Uniti. Un posto sicuro in cui approdare e in cui, in un modo o in un altro, sapevi bene cosa stavi per trovare già prima di entrarci. Sia in città costose come New York, sia nei centri sperduti del Midwest.

Nell’America di oggi i diner stanno provando a resistere. Ma in una città come New York sembrano essere destinati a scomparire già da qualche anno, strangolati da due fattori: aumento dei costi di gestione da una parte e cambiamento delle abitudini delle nuove generazioni di americani dall’altra. Se fino a una decina di anni fa i diner a New York erano più di mille, nel 2015, secondo i dati del Department of Health newyorkese ripresi da Crain’s New York, gli esercizi che si definiscono “diner” sono solamente 398. Anche se in realtà, i diner veri, quelli storici che hanno saputo resistere alla modernità e che hanno mantenuto la stessa location del passato, sono molti meno. Il fotografo Riley Arthur, nel progetto “Diners of New York”, ha provato a fotografarli tutti. E ha scoperto che, sparsi per i 5 borough della città, i “diner-diner” non sono più di 250. Alcuni dei quali, per altro, sono falliti proprio durante il progetto coordinato da Arthur.

Chi resiste alla modernità, ha davanti a sé diverse strade. Qualcuno rimane semplicemente unico nel suo genere. È il caso di Katz, lo storico locale ebraico fondato nel 1888, un po’ diner e un po’ deli, situato a Lower Side Manhattan, e famoso per due motivi. Il primo, i suoi panini giganti. Il secondo, la celebre scena del finto orgasmo interpretato da Meg Ryan, nel film When Harry Met Sally. Se non si rimane unici per qualche ragione mainstream in particolare, invece, le strade sono due. Da una parte un diner può scegliere di tradire la propria anima e istituzionalizzarsi, con l’obiettivo di attrarre la grande massa di turisti che ogni giorno affolla le strade di New York. Diventando quindi un po’ più commerciale e ricreando l’ambiente del passato in modo artificioso, senza rispettarlo davvero. Dall’altra, invece, c’è chi resiste davvero. E che è capace di ricreare l’atmosfera di una New York che non esiste più, senza vendere la propria anima al diavolo. Una vita imprenditoriale più difficile, se vogliamo. Ma forse più vera. E qui, trovate sei diner che la raccontano.

Tom’s Restaurant

Where: 782 Washington Ave, Brooklyn
Subway: Eastern Parkway Brooklyn Museum, 2-3-4-5 Train

Gli interni del Tom’s Restaurant (Foto D.M.)

Dal 1936, è una vera e propria istituzione a Brooklyn. Situato a due passi dalla parte nord di Prospect Park, l’entrata di Tom’s Restaurant, passeggiando per il quartiere Prospect Heights, quasi non la noti. Avvolto da piccoli alberelli e segnato da una vecchia insegna rossa della coca-cola, gli interni di questo diner ricordano quelli di un film, con immagini un po’ kitsch anni ’50 appese alla parete e le luci al neon sui muri che fanno atmosfera. Da segnalare il “garden” all’esterno, al coperto, che permette di consumare il pasto con vista su Washington Ave. Tra le eccellenze culinarie, le uova cucinate in qualsiasi modo possibile e immaginabile. E la torta ricotta&limone. Nota di colore: il diner si sviluppa in verticale e gli spazi sono stretti. Non spaventatevi della fila, che c’è sempre prima di ottenere il tavolo: fatela e godetevi l’esperienza.

Andrew’s Coffee Shop

Where: 463 7th Ave, Manhattan
Subway: 34 St Penn Station, 1-2-3 Train

Gli interni dell’Andrew’s Coffee Shop

È il tipico diner a gestione familiare che a New York non si trova quasi più. Nato nel 1964, aperto sette giorni a settimana, dalle prime ore del mattino fino a mezzanotte, Andrew’s Coffee Shop è situato nel cuore di Midtown Manhattan. E nonostante la zona centralissima, è uno dei pochi diner che rispetta fino all’estremo l’importanza del rapporto tra qualità del prodotto e prezzo del servizio.

Pancakes e homelette da Andrew’s Coffee Shop (Foto D.M.)

Nota di merito al personale, di una gentilezza rara nella nevrotica Manhattan. E all’atmosfera: di fronte al bancone c’è la cucina a vista da una parte, il cameriere che ti serve di fronte, e il proprietario del diner a sinistra quasi sempre al telefono. Uno di quei telefoni a cornetta, col filo lungo, che non si trovano quasi più. Chapeau.

Kellogg’s Diner

Where: 518 Metropolitan Ave, Brooklyn
Subway: 
Metropolitan Ave, G Train G – Lorimer St, L Train

Gli interni del Kellogg’s Diner

Questo, non ve lo nascondiamo, sia all’esterno che all’interno sembra proprio la location di un film anni ’30 a colori. Le poltrone davanti alla vetrata, la lunga fila di sedute di fronte al bar, dal 1928 del resto Kellogg’s Diner è un punto di riferimento per l’intero quartiere di Williamsburg a Brooklyn. Questo diner sorge letteralmente di fronte alla fermata della metropolitana, in un’area ormai pienamente gentrificata. Ed è stata propria la gentrification a mettere in crisi, una manciata di anni fa, questo posto. Servizio peggiorato e qualità dei prodotti decaduta (oltre alle recensioni negative sul web) hanno convinto i proprietari a cambiare rotta. E ora, su Metropolitan Ave, Kellogg’s sta recuperando lo smalto del passato, anche nella Williamsburg del presente.

GoodFellas Diner

Where: 56-26 Maspeth Avenue, Maspeth, Queens
Subway: Jefferson St, L Train (poi Bus B57 direzione Maspeth Fresh Pond Rd)

Il GoodFellas Diner, nel Queens

Ebbene sì, il diner delle due sparatorie di “GoodFellas”, il famoso film di Martin Scorsese, esiste davvero e resiste ancora oggi. Si trova nel Queens e, al secolo, si chiamava Clinton Diner. La storia del “GoodFellas Diner” è unica, e non solo perché a gestirlo da oltre trent’anni è una tenera coppia di greci immigrata a New York da Atene nel 1969, i Diamantis. È unica perché nonostante sia diventato un diner famoso e location di altri film nel corso degli anni, non ha perso né la sua originalità, né la propria anima.

Una scena del film GoodFellas all’interno del diner

“GoodFellas Diner” ha mantenuto gli stessi prezzi, le stesse caratteristiche di sempre. E nonostante sia situato lontano dalle fermate della metropolitana, merita di certo una visita. Frequentato per la maggiore da camionisti e famiglie, è stato teatro di uno spiacevole fatto di cronaca che ha coinvolto i Diamantis, feriti da due malviventi. Diamantis che però non si sono arresi e che continuano a cucinare, rispettando la tradizione che hanno contribuito a creare. Chapeau.

Bel Aire Diner

Where: 31-91 21st St, Astoria, Queens
Subway: Broadway, N-Q Train

(Foto da belairdiner.nyc)

Qui, a dettare “legge”, è un’altra famiglia di origini greche, immigrata a New York: i Dellaportas. Che nel 1972 hanno aperto un diner destinato a fare la storia sia del quartiere in cui è situato, Astoria, sia del borough d’appartenenza, il Queens. Bel Aire Diner è aperto 24 ore su 24. Può contare su un menù di 920 voci (!). E nel suo sito, consiglia vivamente di prenotare prima di recarvisi, specialmente nel weekend dove è difficile trovare un posto a sedere. Staff cordialissimo, prezzi accorti, a due passi da un parco (il Socrates Sculpture), il Bel Aire Diner è un esempio per tutti: di generazione in generazione, i Dellaportas hanno mantenuto viva la tradizione senza svendere la propria anima. E oggi resiste più che mai.

Pearl Diner

Where: 212 Pearl St, Manhattan
Subway: Wall St, Train 2-3

Il Pearl Diner a New York (Foto da Yelp.com)

Ha aperto negli anni ’60. E ha resistito a tutto: microcriminalità, aumento dei costi, tasse…e persino uragani. Nel 2012, Pearl Diner ha dovuto chiudere per una manciata di mesi a causa dei danni provocati dall’uragano Sandy, che l’ha piegato senza però riuscire a spezzarlo. E oggi questo diner, a due passi da Wall Street ma ben lontano dai prezzi del Financial District, è ancora un punto di riferimento. Entrandoci, sembra di rivivere gli anni ’60 in tutto e per tutto. E l’insegna esterna “DINER” lampeggiante (a volte a metà) di sera ti dà la conferma di essere entrato nel posto giusto. Non attendevi quindi un posto fancy. E occhio agli orari: chiude sempre alle 8.45pm, il sabato e la domenica persino alle 2.45 del pomeriggio. Ergo, niente riflessioni notturne qui.

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Davide Mamone

Davide Mamone

Davide Mamone è un giornalista freelance di base a New York. Cresciuto a Milano, di origini palermitane, collabora con Radio Popolare, ha scritto reportage per testate italiane come L'Espresso, Panorama e InsideOver e per testate americane come Market Watch del gruppo Dow Jones Newswires. Ha coperto le Nazioni Unite per La Voce di New York.

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