Dopo la fittissima agenda giornaliera del ministro Angelino Alfano al Palazzo di Vetro, dove ha presieduto una impegnativa sessione del Consiglio di Sicurezza sulla Libia con ospite l’inviato speciale di Antonio Guterres nel Paese Ghassan Salamè, presso il Consolato d’Italia a New York si è tenuto in suo onore un ricevimento, cui il Ministro ha partecipato accompagnato dalla moglie Tiziana. Un evento ospitato dal Console generale Francesco Genuardi e introdotto dall’Ambasciatore italiano negli Usa Armando Varricchio, a cui sono intervenute personalità di spicco della comunità italiana nella Grande Mela tra cui i suoi rappresentanti politici.

Gremitissimi gli spazi del Consolato, che hanno accolto calorosamente il Ministro di Roma. A presentarlo, l’ambasciatore Varricchio, che ha sottolineato il contributo della comunità italiana a New York, comunità capace di portare alla città che la ospita “sempre nuova linfa”. “Io ho l’onore di rappresentare la Repubblica Italiana in questo bellissimo Paese”, ha affermato, Paese che oggi presiede il Consiglio di Sicurezza ONU, “l’organismo che più di tutti porta nel mondo la pace e la volontà di cooperare tra i popoli”. E ha aggiunto: “Nelle nostre sfere di attività, sapere che il Governo segue con vicinanza e interesse è certamente motivo di soddisfazione e orgoglio”.
Un orgoglio tutto italiano che è risuonato forte e chiaro anche nel discorso del ministro Angelino Alfano, e ne è stato il leitmotiv. Innanzitutto, il titolare della Farnesina ha sottolineato la forte trasversalità generazionale degli italiani presenti in sala, tra cui anche gli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi e quelli della Scuola delle Nazioni Unite, nonché tutti i rappresentanti delle generazioni di italiani che “amano l’America e amano l’Italia”.

Orgoglio, anche, per come l’Italia è riuscita ad affrontare le difficili sfide poste dal contesto globale: in primis, nella gestione della sicurezza e dell’immigrazione. “Io sono nato in Sicilia, e vengo esattamente dalla provincia nella quale finisce l’Europa e inizia l’Africa, perché sono nato nella provincia d’Agrigento, che è la più a Sud d’Europa”, ha spiegato il Ministro. “E siccome nella vita ho imparato che si è sempre meridionali di qualcuno e settentrionali di qualcun altro, ci siamo trovati, noi siciliani, ad essere del Nord, perché siamo diventati terra di immigrazione”, ha ironizzato. Ma è subito tornato serio, e fiero: “Il nostro Paese in questo momento è un Paese che è riuscito a fare qualcosa che difficilmente è riuscito ad altri: noi abbiamo salvato mezzo milione di vite umane di migranti che tentavano di attraversare il Mediterraneo, e al tempo stesso, in un momento in cui il rischio zero non esiste da nessuna parte, siamo riusciti ad essere un Paese sicuro”. Un’osservazione, questa, che ha scatenato gli applausi della platea, applausi certamente meritati da un’Italia che, lasciata sola dall’Europa, ha salvato la vita a tante persone. D’altra parte, difficile non pensare all’irrisolta questione delle conseguenze drammatiche che l’accordo sui migranti negoziato da Roma con Tripoli sta avendo sulle vite di tante altre persone, imprigionate in campi di detenzione legittimamente paragonabili a dei lager. Un nodo di fatto rimasto insoluto anche nella riunione odierna del Consiglio di Sicurezza, presieduta proprio da Alfano.

Altro motivo di orgoglio per il Ministro, l’esaltazione del passato italiano nel mondo. Passato che in America è incarnato in particolare nella figura di Cristoforo Colombo, sotto la cui statua non a caso il titolare della Farnesina si fece entusiasticamente fotografare dalla stampa in occasione della settimana dell’Assemblea Generale, mentre negli Usa infuriava la polemica sull’opportunità – oltre che di abbatterne le statue – di eliminare la festa celebrata in onore dell’esploratore, da molti visto come uno spietato colonizzatore in nuce. Pur nel rispetto di queste istanze, Alfano ha definito Colombo “un patrimonio dell’umanità intera”.

E ancora: orgoglio per le nuove generazioni di emigranti italiani che partono non con la valigia di cartone, come i propri predecessori che arrivavano ad Ellis Island, ma con un bagaglio di conoscenze e curriculum brillanti. “A questa nuova generazione di italiani, io dico: ‘Noi siamo fieri di voi'”, ha detto il Ministro, evitando però di avventurarsi nella vexata questio della drammatica disoccupazione giovanile italiana, e dunque delle cause profonde per cui molti talenti italiani lasciano, spesso più per necessità che per scelta, il Belpaese. A loro, ad ogni modo, Alfano ha chiesto di preservare la lingua italiana, lingua di Dante e Petrarca, sempre più studiata anche all’estero. L’Italia, ha proseguito il Ministro, non è la prima potenza economica né militare – pur occupando i primi posti nel mondo in entrambi i campi -, ma è certamente la superpotenza culturale. Italia, in tutto il mondo, vuol dire arte, design, cucina, musica, creatività, gusto: è questo il “talento nazionale che noi promuoviamo ed esportiamo”.
Nell’elogio dedicato all’Italia dal Ministro, anche l’orgoglio per come il Paese ha saputo rialzarsi dopo la terribile crisi economica che l’ha colpito: “Siamo usciti da quella crisi grazie a riforme importanti, la crescita sta venendo fuori con aggiornamenti sempre più migliorativi: siamo un Paese che si è rimesso sulla strada giusta”. Ma nel discorso ha avuto spazio anche la politica estera: “Io sono il 37esimo ministro degli Esteri nella storia della Repubblica”, ha detto orgoglioso Alfano, puntualizzando però anche – e qui è scattata l’ilarità forse un po’ amara della platea – di essere il quarto nel giro di una sola legislatura. C’è una cosa, però, che a parer suo non è mai cambiata nella gestione degli Affari esteri: e cioè l’indissolubilità del patto transatlantico. Un patto che ha reso l’Oceano Atlantico non una distesa d’acqua che divide, ma un mare che unisce. “Noi quest’anno siamo membri temporanei del Consiglio di Sicurezza”, ha rivendicato il Ministro, sottolineando come solo per un debito di storia, e cioè per aver perso la Seconda Guerra Mondiale, il nostro Paese non sarà mai membro permanente. “E abbiamo voluto porre due questioni molto importanti all’attenzione del mondo: la Libia e il Mediterraneo”. E proprio “in quel mare che, paragonato all’Atlantico, sembra un lago, si giocano ancora una volta i destini del mondo”, ha rilevato Alfano.”E noi siamo lì davanti. E vogliamo giocare la partita della stabilità, della sicurezza, della pace della integrazione da protagonisti”, ha concluso, facendo emergere ancora una volta l’orgoglio, spesso sopito ma legittimo, dell’italianità. Orgoglio che, aggiungiamo noi, oggi più che mai dovrebbe giocarsi nella partita libica e nella sfida, innanzitutto umanitaria, di sollevare migliaia di migranti da un destino di torture, violenze, e negazione di tutti i valori legittimamente enunciati con tanta fierezza dal Ministro.