Tfor è la nuova esperienza culinaria appena arrivata nel Greenwich Village, al 14 di Bedford Street: la T di Tfor sta per tartare, protagonista indiscussa di un menù disegnato con un inconfondibile tocco mediterraneo, dove tonno, pesce spada, gamberoni, ostriche, caviale, ricci di mare carne di manzo e pasta fatta in casa sono accompagnati da eccellenze italiane come i capperi di Pantelleria e i pistacchi di Bronte. A completare questo menù in stile fusion, una lunga lista di cocktail creati dal mixologist Luis Barcena.
Il ristorante ha aperto con un ricevimento giovedì 9 marzo e dal venerdì successivo è ufficialemente aperto al pubblico che sta apprezzando molto l’idea dei crudi all’italiana, ricette ancora poco note a New York dove il crudo di pesce viene generalmente associato al sushi e alla cucina asiatica.


Il proprietario Tommaso Roncari, che nella stessa location ha già gestito un ristorante per due anni, ha aperto Tfor con un concetto chiaro in mente: “Ho voluto portare a New York il gusto del cibo crudo del Mediterraneo all’interno di un’esperienza completa, che mescola l’odore del mare con alcuni classici italiani e mixology di qualità – ha raccontato – Quando ho aperto il mio primo ristorante, le mie idee erano ancora in fase di sviluppo. Così dopo due anni ho sentito l’esigenza di un cambiamento. Il concetto alla base di Tfor è eleganza nella sua purezza. Tfor è esattamente il tipo di posto in cui mi piace andare”.
Per questa missione, Roncari ha voluto nel suo team gli chef Stefano Crialesi e Riccardo Di Rocco, che hanno lavorato insieme a lungo, rinnovando ristoranti esistenti o aprendone di nuovi. Da questo connubio è nato, tra gli altri, Scalco, un raffinato ristorante con sede nel lussuoso ski resort di Verbier in Svizzera.
Formatosi ad ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Gualtiero Marchesi, prima di arrivare a New York, la scorsa stagione Crialesi è stato lo chef personale di Vittorio Emanuele e Marina Doria di Savoia nella loro dimora invernale a Gstaad. E i reali non sono le uniche celebrità che Crialesi ha deliziato. Persino il presidente Obama ha provato le sue ricette: per due anni, Crialesi è stato executive chef del JW Marriott Ihilani Ko Olina Resort, l’hotel in cui pernottava l’ex presidente quando era in visita nella sua città natale.
Anche Riccardo di Rocco ha avuto la sua dose di VIP tra i suoi clienti. Formatosi nelle cucine di diversi ristoranti di Londra, è stato al Gherkin (il famoso ristorante ospitato nel grattacielo di Norman Fotser al 30 di St. Mary Axe) che di Rocco ha incontrato il suo mentore, Arnaud Stevens. A Londra ha lavorato anche al Number 5 del sultano del Brunei e in diversi altri ristoranti stellati Michelin.

Entrambi romani, i due chef hanno portato nel menu qualche classico della cucina della capitale come l’Amatriciana e la Cacio e pepe, nonché i carciofi alla giudia. Con lo scopo di coniugare un menù in stile fusion con una cucina radicata nella cultura Slow Food, Tfor utilizza ingredienti selezionati.



“L’idea è quella di riunire in un unico menù tutti i sapori del Mediterraneo, dalla Sicilia alla Provenza – spiega lo chef Crialesi – Tutto sta negli ingredienti: usiamo i gamberi della Sicilia, il tonno pinna gialla pescato al largo di Trapani, il pesce spada del Mar Tirreno, i capperi di Salina e Pantelleria, il pistacchio di Bronte (presidio Slow Food) e i tonnarelli, una sorta di spaghetti fatti in casa”. Alcune delle ricette vengono direttamente dalle massaie siciliane, come quella della marinatura per il pesce crudo, fatta con zucchero di canna e spicchi di agrumi.
La vera star del menù è il pesce crudo: “molte persone non lo sanno, ma il pesce crudo è un modo molto tradizionale di mangiare pesce in Italia – racconta Di Rocco – In passato in molte località balneari, soprattutto siciliane, i pescatori mangiavano sulla barca il pescato del giorno, imparando a pulirlo e a condirlo. Poi, una volta tornati a riva, lo condividevano con le loro famiglie e la gente del posto”.
Nel menù, inoltre, sono presenti alcuni piatti a base di carne cruda tipici del Nord Italia, come la tartare di manzo e il carpaccio con rucola. Anche in questo caso, le ricette sono quelle tradizionali, ma stavolta della tradizione del Piemonte.
A completare il menu una carta dei dolci che include classici come il cannolo e il babà e rivisitazioni contemporanee come la mousse al pistacchio. Tutto fatto sul posto e accompagnato da una lista dei vini in cui l’Italia la fa da padrona e in cui c’è spazio anche per diversi vini biologici. Per quanto riguarda le bollicine, poi, il proprietario Tommaso Roncari ha voluto portare nel suo locale anche un’altra delle sue passioni: il Franciacorta, di cui ci sono cinque tipi diversi in menù. “Quando si parla di bollicine — ha detto Roncari — a New York molti pensano allo Champagne, ma il Franciacorta, prodotto secondo il metodo classico dello Champagne, non è da meno. La prendo come una sfida: spero che i newyorchesi scoprano questo straordinario vino italiano e che se ne innamorino come è capitato a me fin dalla prima volta che l’ho assaggiato. E poi con il pesce crudo sta benissimo”.