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March 19, 2016
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La mafia proteggerà la Sicilia dall’ISIS?

Abbiamo chiesto a noti siciliani chi potrebbe difendere la Sicilia da un attacco degli islamisti

Giulio Ambrosetti e Antonella SferrazzabyGiulio Ambrosetti e Antonella Sferrazza
sicilia-isis-conquista

La conquista araba di Siracusa

Time: 6 mins read

Il via libera ai droni armati da Sigonella, base Usa dislocata nella piana di Catania, per operazioni in Libia ha riacceso i fari sui possibili rischi che la Sicilia corre nella guerra contro il terrorismo. Ricordiamo che la Sicilia dista solo qualche centinaio di chilometri dalla Libia e che molte città di questo Paese sono in mano all’ISIS. Anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha parlato di un pericolo che si trova “a sole 200-300 miglia marine da noi”. Dove noi sta per Sicilia.

Ci si domanda quindi se anche l’Isola sia un obiettivo dei terroristi e se un eventuale attacco potrebbe arrivare proprio dal mare. Nulla di nuovo sotto il sole. Basti ricordare cosa successe nel 2008, quando a Mumbai, in India, i terroristi islamisti arrivarono con i gommoni dal Pakistan e fecero una strage. L’anno scorso su un gommone i terroristi sono piombati sulla spiaggia della Tunisia, a Sousse, facendo 39 vittime. La settimana scorsa, in Costad’Avorio, a Grand-Bassam, altri 18 morti, con i terroristi ancora una volta arrivati dal mare al grido di Allah Akbar.

Potrebbero fare lo stesso in Sicilia? Per inciso, di terroristi in Sicilia ne sono arrivati. Il caso più noto, sfuggito alle censure, è quello di Mohamed Ben Sar, capo di una cellula terroristica vicina allo Stato islamico, arrestato a Lampedusa dove era arrivato a bordo di un barcone di migranti. Era solo di passaggio? Se ce l’ha fatta lui, potrebbe farcela anche un commando armato che magari sceglierebbe un luogo meno controllato di Lampedusa. O no?

sicilia-isisLa preoccupazione c’è, anche se le autorità tendono a minimizzare. Addirittura c’è chi parla di un ruolo della mafia come deterrente per i terroristi. Ci sembra un’ipotesi alquanto campata in aria che è stata sottoposta anche all’attenzione del già citato Ministro Gentiloni durante una sue recente conferenza nell’autorevole club del Council on Foreign Relations di New York: “Non so se la mafia abbia un ruolo”, ha risposto, aggiungendo che a preoccuparlo, più che la mafia tradizionale contro la quale la giustizia italiana ha fatto grandi passi avanti, è la criminalità organizzata nel traffico degli esseri umani.

In ogni caso, al di là delle dichiarazioni istituzionali, abbiamo deciso di chiedere ai Siciliani quale sia il loro stato d’animo rispetto al rischio di un attacco terroristico.

Cominciamo dal giornalista e scrittore, Pietrangelo Buttafuoco, che sulla sua pagina Facebook ha scritto: “Scusate, nel frattempo che continuate a fare la rava e la fava con la maternità surrogata di Nichi Vendola, potete segnarvi da qualche parte una notizia minore? Eccola: la guerra in Libia sta per cominciare e l’Italia, con i droni americani a Sigonella, più che una base è già il bersaglio”.

“L’Italia – continua il giornalista – ha già dovuto sopportare il porco comodo della Francia al tempo dell’uccisione di Gheddafi e del bombardamento di Tripoli, con tutte le conseguenze di oggi: l’esodo di chi scappa, il terrorismo del califfato a poche centinaia di miglia dalla nostra costa e il danno commerciale di compagnie petrolifere acchiappate da altri. Giusta mercede a beneficio di pupari che se ne stanno a diecimila chilometri di distanza. Siamo pieni di diritti, ma ancora più siamo pieni di droni”.

Abbiamo poi chiesto ad altri protagonisti della vita siciliana.

Pietro Ancona, storico leader della Cgil siciliana e attento osservatore della politica estera non ha dubbi: “L’ISIS – dice Ancona – è una creatura degli USA, non ha alcun interesse a colpire la Sicilia, così come non ha interesse a colpire Israele. Semmai ad attaccarci potrebbe essere qualche patriota libico”. Per Ancona, insomma, se c’è qualcuno che non gradirà la collaborazione italiana a questi nuovi attacchi è proprio la Libia.

Di diverso parere il deputato  del Movimento 5 Stelle al Parlamento siciliano, Sergio Tancredi, secondo il quale “sicuramente la Sicilia è più esposta, soprattutto Mazara del Vallo che ospita la stazione di pompaggio da dove passano miliardi di metri cubi di gas che arriva dal Nord Africa”. Insomma, come hanno già fatto, i terroristi potrebbero prendere di mira gli asset energetici, colpire quindi gli interessi economici di quelli che considerano nemici.

Sergio Tancredi è nato Mazara del Vallo, dove vive. Anche Nicola Cristaldi è di Mazara ed è anche il sindaco di questa città siciliana. Dove, da decenni, vivono tantissime famiglie arrivate dal Nord Africa. “La storia che la mafia proteggerebbe la Sicilia dai terroristi non è nuova – dice Cristaldi -. Si diceva questo anche negli anni ’70 del secolo passato, quando in Italia imperversavano le Brigate Rosse. In ogni caso, non credo che la Sicilia corra pericoli. Semmai – aggiunge – c’è da preoccuparsi per il coinvolgimento dell’Italia in questa guerra. Già sono stati commessi errori. Penso alla guerra all’Iraq e alla Libia di Gheddafi. Ma questo, ribadisco, è un eventuale problema italiano”.

Abbiamo interpellato anche Maurizio Balistreri, docente universitario a Messina, già deputato del Parlamento siciliano, autonomista ed esponente storico della tradizione socialista siciliana: “Certamente siamo più esposti dopo l’autorizzazione ai droni armati da Sigonella, ma penso che gli obiettivi dell’ISIS siano sempre gli aeroporti militare e il Muos, oltre alla stessa base di Sigonella”.

Non solo questi obiettivi per Pino Apprendi,esponente del Partito Democratico siciliano, per il quale “a rischio sono i posti dove si affollano le persone. Lo erano prima e lo sono ancora di più ora con Sigonella coinvolta in pieno. Le città possono essere Palermo, Catania e Mazara del Vallo. I luoghi più frequentati simbolo con platea internazionale di visitatori Palazzo dei Normanni, Catania Aereoporto e a Mazara il porto”.

Anche Santo Trovato, indipendentista del movimento Siciliani Liberi, pensa alle città: “Con i mezzi che ha a disposizione l’ISIS, non credo che gli obiettivi possano essere le basi militari americane e i siti di stoccaggio di armi in Sicilia degli americani. Penso, piuttosto, che gli obiettivi possano essere, a scopo puramente terroristico e mediatico, posti dove vi è grande concentrazione di persone, quali, per esempio, teatri, ristoranti o grossi centri commerciali (a Catania vi sono diversi grossi centri commerciali) e anche aeroporti. Ma, allo stato dell’arte, non credo che la Sicilia possa essere per l’ISIS un obiettivo primario. Penso, piuttosto, a città italiane più rappresentative, quali, per esempio, Milano o Roma, o anche Firenze e Venezia”.

Ci risponde anche Igor Gelarda del sindacato di polizia Consap. Che ci offre una risposta articolata. Innanzitutto parla di rischi legati a rappresentanti delle istituzioni di origini siciliane: “L’ ISIS – dice – potrebbe prendere di mira il Presidente della Repubblica, che è il simbolo della nostra nazione e poi anche il presidente del Senato che è una delle più alte cariche istituzionali. Ancora ovviamente riferimenti e origini siciliane ha anche il ministro dell’Interno”.

“Tuttavia – prosegue Gelarda – io sono tra coloro che esclude l’idea che, normalmente, i terroristi in generale, possano arrivare in Sicilia tramite i barconi. Per cui sei un pericolo c’è per la Sicilia, questo non è direttamente collegato al fatto che è un luogo di sbarco, quanto proprio alle personalità che vi sono al suo interno. Certo, non possiamo escludere qualche operatore solitario che magari arrivi anche attraverso i barconi, ma sicuramente non si tratterebbe di un attacco strutturato del califfato. Ancora e per finire il rischio per la Sicilia sta anche nella sua posizione geografica: colpire un obiettivo in Sicilia significherebbe colpire il centro del Mediterraneo, ovvero quella cerniera che unisce o che divide il mondo islamico dalla cultura occidentale”.

Pensa a qualche lupo solitario anche Gian Joseph Morici, collega che vive a Parigi e che da anni segue i fatti di terrorismo: “In Sicilia potrebbe accadere quello che può succedere da qualsiasi altra parte. Esclusi obiettivi sensibili, quali quelli militari, il pericolo è rappresentato da imprevedibili lupi solitari”.

Abbiamo lasciato per ultimo il commento sicuramente più originale. Quello di Giuseppe Pizzino, leader di Progetto Sicilia: “Mi dispiace, ma non penso di essere utile a questo sondaggio considerato che ritengo più dannosi i parlamentari siciliani rispetto ai terroristi dell’ISIS, prima eliminiamo i terroristi indigeni e poi pensiamo agli stranieri”.

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Giulio Ambrosetti e Antonella Sferrazza

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