Son passati un po’ di giorni dall’annuncio di Florentino Perez e Andrea Agnelli che, senza alcun preavviso, comunicavano al mondo intero la nascita della “Superlega Europea del Calcio”. I club fondatori erano 12: tre squadre italiane (Juventus, Inter e Milan), assieme a Manchester United, Manchester City, Liverpool, Chelsea, Tottenham e Arsenal per la Gran Bretagna, infine Real Madrid, Atletico Madrid e Barcellona per la Spagna.

A stretto giro interveniva la statunitense JPMorgan, che dichiarava alla Reuters la volontà di finanziare il nuovo torneo fondato dai 12 club europei lanciando, sull’intera operazione, la mostruosa cifra di 3,5 miliardi di euro.
Questa era la foto pochi giorni fa del calcio che, in un lasso di tempo rapidissimo, sembra si sia dissolto come neve al sole.
Lasciando perdere le legittime invocazioni contrarie dei tifosi, dei governanti politici, delle altre società escluse, dell’UEFA e della FIFA, entrerò subito a gamba tesa sul mondo del pallone. E lo farò partendo proprio dall’aspetto economico perché, per chi ancora non lo volesse intendere, il “calcio ormai è una grande industria”, che fattura in modo diretto e indiretto miliardi di dollari l’anno in tutto il mondo.
L’Europa è il centro motore del pianeta calcio e, dopo molti decenni di spese folli, l’arrivo del Covid ha scoperto l’emorragia che veniva tenuta nascosta fino all’inizio della pandemia.
Veniamo ai fatti, partendo dall’Italia pallonara che al 30 giugno 2020 aveva questa situazione debitoria delle maggiori squadre della serie A:
Juventus: € 385.139.126
Inter: € 373.829.171
Roma: € 299.757.000
Milan: € 103.892.000
Lazio: € 49.216.252
Unica eccezione il Napoli, con un attivo di € 123.818.369.

Se si passa ad esaminare i conti del calcio britannico si evidenziano situazioni ancora peggiori il Chelsea e il Tottenham superano e di molto il miliardo di euro, infatti i blues del Chelsea per 1.510 milioni e gli Spurs del Tottenham per 1.280. Un po’ meglio vanno Arsenal e Manchester con solo rispettivamente, circa 126 milioni la prima e circa 200 milioni la seconda. Per concludere c’è il Liverpool con 272 milioni e il Manchester United con circa 529 milioni.
In Spagna la situazione è altrettanto drammatica col Real Madrid indebitato per circa 902 milioni di euro, il Barcellona addirittura per 1.173 milioni e l’Atletico Madrid con un debito pari a circa 495 milioni.
Dall’esposizione di tale quadro debitorio accentuato e non determinato dal Covid si evidenzia l’intera pericolosa situazione in cui si trova un’industria di tali dimensioni. Un’industria capace di sospingere, in modo importante, il PIL di ogni Paese ma che, piaccia o meno, deve pensare ad una rifondazione.