Cara Juventus,
Innanzitutto vorrei congratularmi per la grande rimonta e il grande traguardo sfiorato in Champions League mercoledì scorso. Lo dico senza un briciolo di sarcasmo: sebbene siamo più che avversari in Serie A, la mia famiglia mi ha cresciuto alla vecchia maniera, quella per cui le squadre italiane si tifano sempre e comunque nelle competizioni internazionali, anche quando vestono bianconero.
La tua eliminazione al 93’ ha il sapore amaro, e troppe parole sono state spese sul fallo in area di Benatia ai danni di Vazquez. Io non so se il rigore era da fischiare o meno, ma so che quanto successo a fine partita sta infangando il nome della società e la reputazione di tutto il calcio italiano. Non che la nostra immagine fosse candida e pura: in fondo Carlo Tavecchio è rimasto alla guida della FIGC dal 2014 al 2017 nonostante i suoi commenti razzisti, antisemiti, omofobi e sessisti e solo una catastrofe planetaria come la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali 2018 ha portato alle sue dimissioni. Poco più che un mese fa, l’allenatore del Napoli Maurizio Sarri ha suscitato scalpore per aver risposto a una giornalista: “Sei una donna, sei carina, non ti mando a fare in c… per questi due motivi”, giusto per restare in tema di dichiarazioni maschiliste. Di recente la FIFA ha declassato la nostra nazionale al 20esimo posto nel ranking mondiale, il peggiore di sempre. È evidente che questa deriva non è causata dai troppi giocatori stranieri nel campionato, come vorrebbero le logiche ‘salviniane’. Gli italianissimi allenatori, presidenti e proprietari di club fanno abbastanza da soli per disonorarci.

Ma torniamo a te, Vecchia Signora, che da Signora ti sei comportata ben poco. Prima, per le farneticazioni espresse da Buffon dopo che una doccia ghiacciata avrebbe potuto sbollentargli gli animi. Il capitano non è voluto tornare sui suoi passi nemmeno nell’intervista concessa qualche giorno dopo a Le Iene: niente, Michael Oliver è stato un “insensibile”, con “un bidone dell’immondizia” al posto del cuore, “senza personalità per arbitrare e per stare da protagonista positivo [??, ndr]”. Per giorni ho riso e scherzato su questo sproloquio, interrogandomi come tanti altri su cosa fossero i “fruttini”, citati da Buffon, che l’arbitro avrebbe dovuto sorseggiare in tribuna invece di scendere in campo. Finché ho aperto La Repubblica e ho scoperto che i profili social e il cellulare della moglie di Oliver sono stati riempiti di minacce di morte e insulti sessisti. È assurdo affermare che Buffon sia il mandante morale di questi messaggi, ma sicuramente non ha fatto nulla per condannarli o distanziarsene. Ingiurie e cartellino rosso, un finale di carriera paragonabile alla solitaria uscita dal campo di Zidane nel 2006, se non fosse che in quel caso l’Italia era riuscita almeno ad alzare la coppa del mondo.
Poi, le analogie a vanvera con il codice penale. Passi il gesto dei “soldi”, la corruzione e la “rapina” di Chiellini, ma fanno orrore le affermazioni di Medhi Benatia che, di fronte ai giornalisti francesi, definisce il rigore “uno stupro”. Fa ancora più ribrezzo che tu, Juventus, non abbia preso provvedimenti disciplinari contro il tuo difensore; che tu non gli abbia spiegato che secondo l’ISTAT un milione e 157mila donne in Italia hanno subito violenza sessuale; che le quattromila denunce all’anno nel nostro territorio nascondono la vera gravità del fenomeno; che nel resto del mondo la situazione è tutt’altro che migliore, soprattutto nelle zone interessate da conflitti armati. Mi fa rabbrividire che tu, Juventus, non abbia sanzionato Benatia nemmeno quando su Instagram ha minacciato Maurizio Crozza di violenza sessuale e lo ha ricoperto di offese volgari, in un perfetto stile mafioso che non dovrebbe trovare posto nel mondo dello sport. Anche se ha utilizzato un “e se vuoi provare sono a Vinovo tutti giorni [sic] ti aspetto!!”, coinvolgendo inevitabilmente la società, tu Juventus hai pensato che non ci fosse nulla da obiettare e che il giocatore meritasse comunque il post di auguri di compleanno. Questa è la totale assenza di accountability che dilania il nostro Paese, dal calcio alla società passando per la politica, dove un senatore può chiamare una ministra “orango” ed essere assolto dai suoi “onorevoli” colleghi. Mi fa altrettanto disgusto, infine, che i rimproveri a Benatia sui social media siano quasi tutti conditi di frasi razziste sulle sue origini marocchine.
Da quando vivo a New York seguo con curiosità i match della Major League Soccer e del NYCFC in particolare. Ho già scritto su La Voce cosa penso del trattamento riservato ai tifosi e alla stampa da parte della giovane squadra capitanata da David Villa. In poche settimane sono rimasta estasiata per l’estrema disponibilità dello staff e mi sono innamorata di Patrick Vieira, dei suoi toni professionali, delle sue parole equilibrate, della sua pazienza nel ribattere a qualsiasi osservazione in conferenza stampa. I campioni non sono solo quelli che vincono sette scudetti di fila, cara Juventus: i campioni sono quelli che si vedono ogni giorno fuori dal campo.