Obiettivo: vendere negli Stati Uniti d’America i diritti TV della Serie A italiana di calcio 2018-2021 e spiegarne le principali novità. Con questo intento si è svolta la scorsa settimana a New York (dopo Londra e prima di Shanghai) la conferenza stampa cui hanno preso parte, alla presenza anche del Console Generale d’Italia Francesco Genuardi, i guru del direttivo del calcio italiano: da Marco Brunelli (Direttore Generale Lega Serie A) a Popi Bonnici (Coordinatore delle regie della Lega Serie A) e Luigi De Siervo (AD di Infront Italy). Con loro anche Michael Gandler, Chief Revenue Officer dell’Inter, l’Amministratore Delegato del Bologna Claudio Fenucci e il Presidente della Roma James Pallotta. E’ stato proprio quest’ultimo, americano di nascita ma italiano d’impresa calcistica, a sviscerare i dati numerici e non, del consumo di calcio italiano in America.

Alla scarsa vendita dei diritti tv in USA c’è il rimedio. O meglio ci sarebbe, così come profilano gli interessati, che durante la conferenza, alla presenza di addetti ai lavori e potenziali compratori dei suddetti diritti, hanno evidenziato il potenziale del soccer italiano, della passione italian style che non è solo calcio: in Italia la passione è un marchio di fabbrica e vendere i diritti di una partita 11 contro 11 equivale a vendere i diritti d’essere nazione, italiana, passionale, per tutto: cibo, moda, ingegno e bellezza. La questione è abbastanza semplice. La spiegano gli esperti, Pallotta in primis: per il Presidente della Roma, infatti, dopo aver parlato di Totti e del derby, ha sottolineato che la gente non capisce quanto il calcio italiano e la sua Serie A possano essere protagonisti nel Mondo e soprattutto quanto essa possa essere un prodotto più internazionale, “ma deve essere distribuito come merita”.
Dunque, la sostanza c’è, secondo chi ne vuol vendere ma manca la forma per farla apprezzare di più in America la Serie A, dove il soccer è sì seguito ma non quanto merita il calcio italiano dove manca il cosiddetto “storytelling” televisivo, ovvero tutto ciò che ruota attorno al calcio senza essere ancora partita: dal giocatore visto fuori dal rettangolo verde, alle curiosità che col pallone poco c’entrerebbero ma che appassionano al pari di un tiro in porta, dal retroscena pre-partita alla storia di un match di cartello. Insomma, lo show prima dello show. Questo dunque ciò che mancherebbe, come ha evidenziato nel suo intervento Popi Bonnici.

Ma siamo proprio sicuri che sia davvero solo questo l’anello mancante tra la Serie A italiana e i compratori e fruitori di diritti USA? La passione degli italiani che Do it better, è indiscussa ma se si parafrasa la vecchia regola del marketing, “Think gobal, act local” (pensa globale, agisci locale) allora bisogna necessariamente tener conto di cosa viene chiesto localmente. Primo: i campioni. In America vogliono i campioni: i Messi, i Ronaldo, i Maradon… No, Maradona non gioca più ma ci siamo capiti. Secondo, a cosa servono i campioni? A vincere. Facile. Ecco cosa vogliono gli americani: vincere e vedere giocatori vincenti. E chi è che ha i campioni che vincono? La Spagna, da un po’ di tempo. E per questo gli americani guardano La Liga spagnola. Tanto per essere pratici: chi ha vinto su chi e per quanto durante l’ultima finale di Champions League? Ok, anche su questo punto ci siamo capiti. Ecco, gli americani amano i winner, non i loser per 4 a 1 pur arrivando in finale.
Ora però che le pecche sono note bisogna metterci una pezza e a giusta ragione: l’Italia, la sua storia, il suo calcio e i suoi campioni valgono la pena e quella pena deve e può essere riconosciuta e finanche pagata in un mercato come quello americano sempre più interessato al calcio. Ed è per questo che il gruppo di guru di cui sopra all’incontro non ci è andato impreparato, anzi: a memoria di quanto detto hanno, infatti, portato e lasciato un libro, di quelli ben stampati, pieno di foto e storie, tutte rigorosamente in inglese, che racconta il calcio Made in Italy e le sue passioni. Da De Rossi in copertina (Pallotta in fondo è il suo capo) ad Allegri e la sua storia, da Armani e la sua arte vestiaria declinata al calcio. E ancora, da Totti emblema di amore per la maglia, ai dati, seri, dei guru già citati ivi compreso il Ministro dello Sport, Luca Lotti che primo per impaginazione, descrive la Lega Serie A come la “più bella del Mondo”. Lo segue Luigi De Siervo, Direttore di Infront Italy che entra nel tecnico di quella vendita tanto per non lasciare nulla di non detto. E ancora tanta Inter, Milan e voglia di derby.

Non manca l’azzurro, di quel campione vero, che le scarpette le ha appese al chiodo, certo ma che l’Italia, o meglio Napoli e il Napoli si vanta di poter annoverare tra le sue fila: Diego Armando Maradona. Di lui si fotografa l’altarino partenopeo che lo celebra a mò di Santo e quell’immagine che lo vuole dipinto sui muri del Bronx della città. Napoli c’è in questo libro ben scritto: con Maradona, dicevamo, con Sarri, il Maurizio toscano che simboleggia la vittoria e col Belga Dries, per tutti Ciruzzo che segna, e stupisce. E regala il sogno, quello americano appunto.

Napoli c’è tanto, colorando le pagine di un utile promemoria sulla spettacolarità del calcio nostrano, come quello di sarriana matrice. Napoli c’è talmente tanto che addirittura c’è chi col Napoli c’ha giocato, a Napoli ha segnato e ha persino battuto un record. Un ex insomma: Gonzalo, al secolo Higuain. Un argentino ben diverso da Diego, uno che dal Napoli è andato via, di notte, di nascosto, fuggitivo, benché tanto amato. “Per vincere” dirà poi. Ecco, a dirla tutta se l’America vuole campioni che vincano, allora quella foto un poco stona: Higuain non è esattamente l’esempio di chi vince. Non vince con la sua nazionale e neppure con la Juventus in quella finale di Champions contro il Barcellona. Bello dunque l’intento e bello dunque il libro della Serie A, a parte questa pecca, almeno per una napoletana, è chiaro.