Serata di esordi allo Yankee Stadium di New York. Avversaria della formazione del New York City, al suo primo anno in MLS, era l’Orlando City, squadra nuova di zecca della Major League. Due pulsar appena nate nell’universo del soccer USA si incontrano nel diamante del Bronx reso celebre a queste latitudini dal più popolare baseball, ed adattato con ignominia al gioco inventato dai baronetti inglesi due secoli fa. E ci sono voluti quasi 200 anni prima che il soccer approdasse definitivamente sulle coste della fortunata New Amsterdam. I coloni di Sua Maestà hanno importato alcuni giochi stravaganti, alcuni praticati con una racchetta in legno e corda e che consisteva nel colpire una pallina rimandandola al di là di una rete dove l’avversario era pronto a rimandarcela. Il cricket ed il polo, giochi complicati e costosi senza alcun futuro nelle colonie. Discreto successo ebbe il golf e, data la vastità delle pianure americane, non ci sono stati particolari difficoltà a renderlo giocabile anche nelle colonie. Diversa sorte toccò al calcio, o football. Antenato del romano Harpastum che veniva praticato dalle legioni entro il Vallo di Adriano, gli Inglesi ebbero il merito di renderlo pubblico, talmente pubblico che veniva giocato da chiunque ed in ogni luogo. Bastava un cortile come campo da gioco e due portoni in cui infilare un oggetto preferibilmente simile ad una sfera. Nel 1835 divenne talmente popolare che si rese indispensabile ridimensionarlo con un editto dei Puritani che ne vietava la pratica nelle vie pubbliche di Londra. Gli inglesi tentarono anche di provare ad importarlo nelle colonie americane, ma gli indigeni del luogo in quel periodo erano più interessati ad una sana guerra di Indipendenza piuttosto che perder tempo con giochi insulsi ed autocelebrativi di un impero ormai in decadenza.
Standing Ovation
Oggi dopo 200 anni il football, o soccer ha finalmente il ruolo che gli spetta tra i giochi del continente nord americano. I recenti mondiali femminili in Canada ne sono una diretta testimonianza. Dopo quasi due secoli New York ha una sua squadra di calcio, o soccer come si dice da queste parti. E, in tema di esordi, al 10’ del secondo tempo della gara contro gli Orlando City ha fatto per la prima volta il suo ingresso in campo un campione autentico, un eroe dentro e fuori il rettangolo di gioco, un calciatore simbolo per intere generazioni di tifosi, accolto con una autentica Standing Ovation dai 32000 presenti dello Yankee Stadium. Non importa chi fossero, da dove venissero o a quale squadra appartenessero. Andrea Pirlo ieri sera ha accomunato tutti in un unico applauso, ha equiparato fedi calcistiche diverse, ha parificato le differenze sociali e culturali. Ha unito i cuori dello stadio in un solo battito. Al 10’ della ripresa Pirlo ha accolto l’ovazione con un brivido ed ha appuntato l’emozione sul suo cuore già puntellato di trofei . Sei scudetti, due Champions League, due Supercoppe, una Coppa del Mondo per Club, un Campionato d’Europa Under 21, una medaglia di bronzo ad Atene ed un Mondiale nel 2006 a Berlino. Ma non è solo il palmares a parlare per Andrea. Ciò che ci rende uniti nei consensi è la sua grande umiltà, la sua silenziosa personalità, il suo geniale intuito e le sue giocate semplici eppure fuori dall’ordinario. Un campione che anche in America conoscono molto bene, un eroe borghese, tanto per citare un film. Andrea Pirlo è un personaggio unico nel suo genere, capace di essere proclamato miglior giocatore di football al mondo secondo l’illustre tabloid inglese The Guardian restando quasi impassibile. Lippi lo definì “un Leader silenzioso che parla con i piedi”. Un Leader che riceve consensi anche quando è costretto ad uscire dal campo, come al Santiago Bernabeu nel 2013 in cui una folla osannante gli tributò il meritato applauso. Tutti in piedi per salutarlo mentre si dirigeva negli spogliatoi, e scusate se è poco. Ieri allo Yankee Stadium un'altra stella si è accesa nella calda notte di New York in questa estate ormai impazzita a qualsiasi latitudine.I tifosi newyorkesi hanno osannato il loro eroe per il suo passato ma anche come preludio ad un futuro pieno di trofei in maglia celeste. Il NYC non aspetta altro secondo gli standard tanto cari agli USA.
Il “Maestro”
Mozart, Metronomo, Maestro, gli ultimi soprannomi dati ad Andrea Pirlo, forse l’ultimo suona come una profezia, un messia inviato oltre oceano per insegnare il calcio. Appena entrato in campo ha scambiato un cinque con il suo amico Kakà sponda dell'Orlando City. Due eterni campioni e due gentiluomini in casacca e pantaloncini che ancora dispensano magie per il globo. Andrea Pirlo conoscerà i mari tranquilli della MSL americana dopo aver conosciuto le tempeste dei campi europei. Il soccer esalterà le sue doti ed affascinerà le moltitudini che già aspettano i suoi colpi di genio. Noi italiani abbiamo perso un campione che avrebbe potuto regalarci altre pennellate di arte sulla tela del rettangolo verde, come il gol del derby di Torino nel novembre scorso in pieno recupero emulando i fasti di Cesarini.
Una punta di sana invidia ci suscita nel sapere che l’Andrea nazionale conoscerà altri fasti, altre emozioni, altri trofei da alzare al vento che accarezzerà i suoi capelli sempre opportunamente disordinati. Un piccolo rammarico, ma sicuri di un vero campione, una autentica eccellenza italiana, l’ennesima, che trasvola verso nuovi lidi, stavolta per allietare le nuove generazioni di tifosi americani.
Discussion about this post