C’è un treno che parte ogni sabato pomeriggio dalla stazione di Agrigento centrale: un tuffo nel passato che in poche ore vi regalerà un viaggio per tornare indietro nel tempo, attraversando quei luoghi patrimonio dell’umanità che sono oggi gli unici testimoni della nascita della nostra civiltà.
Sullo sfondo delle note di una canzone di Ivano Fossati inizia il nostro viaggio… "Come i treni a vapore… Qualche volta sono gli alberi d'Africa a chiamare, altre notti sono vele piegate a navigare: Sono uomini e donne e piroscafi e bandiere viaggiatori viaggianti da salvare”.
A bordo del trenino delle vecchie littorine, arriverete al tempio di Vulcano, risalente al V sec a.c, dove sarete guidati in un percorso naturale all’interno di un piccolo paradiso terrestre: il Giardino della Kolymbetra. Profumi delle piante di chinotto, cedro, mandorlo, gelsomino, zagara, arancia e bergamotto si respirano lì dove si erge il tempio dei Dioscuri tra alberi secolari millenari.
Definita dagli antichi greci la “piscina degli Dei”, dal greco Kolymbethra, nel I secolo a.c., Diodoro Siculo la descrive come una grande vasca piena di vegetazione. In questo periodo storico la città di Akragas contava circa 200 mila abitanti, tra cui scienziati e illustri uomini di intelletto, tra cui Empedocle, filosofo, medico e studioso della natura. Secondo Diodoro Siculo, le ricchezze del bottino e la manodopera dei prigionieri di guerra, erano impiegate dal tiranno Terone anche per la realizzazione di un sistema idraulico imponente, per gli sbocchi delle acque dalla città. Questo complesso terminava con il grande bacino della Kolymbethra, opera dell'architetto Feace, attribuita agli ipogei degli “acquedotti Feace” al cui interno si riversavano le linfe degli acquedotti, un sistema di irrigazione realizzato grazie alla vittoria contro i Cartaginesi. Il Giardino era luogo di villeggiatura e riposo dei tiranni akragantini dalle grandi fatiche delle guerre e, nel tempo, divenne anche punto di ritrovo per gli abitanti dell’antica città, in cui le donne si recavano per lavare i panni e la gente a rinfrescarsi tra le acque della limpida piscina.
Tra i grandi arbusti secolari, troviamo il Tempo dei Dioscuri che si erge dall’alto quasi a rimarcare la leggenda mitologica. I dioscuri erano i gemelli nati dall’unione tra gli dei Zeus e Leda, i quali avevano l’ingrato compito di donare l’immortalità solo ad uno dei due. Fu deciso quindi di donare la vita eterna ad entrambi, facendo in modo che uno vivesse di giorno, Castore e l’altro, Polluce, di notte: da qui il nome Dios Kuroi.
Dopo la sosta nel Parco Archeologico, il treno riprende la corsa per raggiungere l’antica stazione ferroviaria di Porto Empedocle, la famosa Vigàta di Andrea Camilleri raccontata nei romanzi de Il commissario Montalbano, lì dove sorge la casa “tra le sponde del mar aspro africano” di Luigi Pirandello. La stazione ferroviaria di Porto Empedocle Centralle rappresenta, storicamente, uno dei più importanti scali ferroviari siciliani del ‘900. Fu infatti la “stazione terminale” di una tra le prime ferrovie dell’isola, la Palermo-Roccapalumba-Girgenti-Porto Empedocle, fino all’inaugurazione della nuova stazione di Agrigento Centrale (negli anni Trenta).
La linea ferroviaria ha origini molto antiche: costruita nel lontano 1860, quando diversi gruppi imprenditoriali che gestivano l’attività estrattiva in Sicilia chiesero alle istituzioni del tempo di costruire una strada ferrata che collegasse i centri minerari dell’isola con la costa. Lo scopo principale era, infatti, quello di raggiungere i punti di imbarco del minerale di zolfo dell’area di Casteltermini, Montedoro, Comitini, Racalmuto e, quindi, dirigersi su Porto Empedocle (sede tuttora di una importante azienda estrattrice di sale e zolfo marino).
La linea venne completamente attivata nel 1876 e quando nel 1885 passò alla gestione della Società per le Strade Ferrate della Sicilia, la cittadina marinara, con il suo porto, era già diventata un centro industriale di prim’ordine. Nel 1906 la linea fu riscattata dalla neonata Ferrovie dello Stato; nel 1907 erano pronti i progetti di un collegamento, tramite un percorso in parte costiero, con i comuni della parte occidentale dell’Isola, congiungendo Porto Empedocle con Castelvetrano, in Provincia di Trapani. Porto Empedocle quindi, nel 1923, divenne capolinea di due direzioni ferroviarie a diverso scartamento, una a pochi metri dalla centralissima via Roma, un’altra dal mare, ovvero dal porto dove si erge la Torre borbonica di Carlo V. A partire dalla metà degli anni cinquanta si diffuse in Italia l’idea che la ferrovia in generale fosse un mezzo obsoleto da abbandonare progressivamente in favore dei trasporti su gomma, le nuove disposizioni di legge portarono quindi alla dismissione di numerose tratte ferroviarie, fra cui quelle principali di Porto Empedocle, che vennero riattivate per un breve periodo, nel 1966 quando una rovinosa frana colpì la cittadina della vicina Agrigento.
Oggi, con la linea Akragas Express, è possibile rivivere quell’epoca addentrandosi nel museo a cielo aperto empedoclino, composto da treni merci, e locomotive a vapore.
E’ racchiuso tutto qui, lo stesso viaggio di Goethe nel 1787: "Mai visto in tutta la mia vita uno splendore di primavera come stamattina al levar del sole… Dalla finestra vediamo il vasto e dolce pendio dell'antica città tutto a giardini e vigneti, sotto il folto verde s'indovina appena qualche traccia dei grandi e popolosi quartieri della città di un tempo. Soltanto all'estremità meridionale di questo pendio verdeggiante e fiorito s'alza il tempio della Concordia, a oriente i pochi resti del Tempio di Giunone; ma dall'alto l'occhio non scorge le rovine di altri templi… corre invece a sud verso il mare".
E questo viaggio continuerà come scrive Pindaro “Nella più bella città dei mortali”. Un ricordo indelebile dell’anima, in un viaggio nel centro del mondo, che rimarrà per sempre in un angolo del vostro cuore.
Per informazioni e prenotazioni: Ferrovie Kaos.