“I bambini sognano tutti. Il bambino non sogna di diventare un campione. Il bambino sogna di diventare un adulto, di diventare bravo. E noi non potremo capire mai quanto vale un bambino se non lo vediamo giocare”. Le parole dell’allenatore Sergio Vatta, oggi settantaseienne, ricordano quelle di Benigni in Chiedo Asilo. Non risuonano nelle aule dell’infanzia o sulle spiaggia di una gita di bambini, ma al cinema, nell’ambito del Kicking and Screening Film Festival a Tribeca, dedicato allo sport e all’atletica tra corti, documentari, film, memorie dentro e fuori il campo.
Il documentario diretto con passione da Christian Nicoletta, L’allenatore dei sogni. Storia di Sergio Vatta, è l’esempio "indie" più candido e personale del Kicking and Screening Film Festival. Ed è l'unico italiano selezionato. La scelta di proiettarlo dopo i 28 minuti di anteprima di We Must Go di Dave LaMattina e Chad Walker – cronaca del team della nazionale di calcio dell’Egitto e della sfida del mitico coach Bob Bradley per toccare l’olimpica meta del FIFA World Cup 2014 – si dimostra efficace, sorpattutto di fronte ad un pubblico (americano) poco abituato ad un viaggio introspettivo nella storia calcistica del nostro Paese.

Kicking and Screening Soccer Film Festival
Se We Must Go si concede un montaggio roboante con le musiche dei Sigur Ros a far da contraltare, Christian Nicoletta (regia, soggetto, sceneggiatura sono suoi) sceglie la testimonianza di Vatta per passeggiare in zone (soprattutto stadi ed ellissi nel tempo) che non ci sono più o sono divenute boschetti, lasciando sperduto chi ha visto germogliare i campioni di quelle terre fertili. Il montaggio del film, a cura di Enrico Giovannone, è lineare come un flusso di coscienza. La scelta di lasciar percolare anche qualche disastro edilizio (torinese e non solo) non è affatto banale, così come pungono al cuore i luoghi "mnemonic" del Filadelfia.
Il cuore del documentario è proprio Vatta: quattro scudetti, sei coppe Italia, quattro tornei di Viareggio con la Primavera del Torino, uno scudetto giovanissimi e uno Primavera in qualità di responsabile dei parigrado della Lazio, poi direttore tecnico delle nazionali giovanili e allenatore del team Italia femminile (fino alla finale dei mondiali). Ha scoperto i talenti del calcio italiano – il listino dice Dino Baggio, l'attaccante Lentini, il difensore Cravero, ma quel che conta è la sua essenza di mago (riusciva a trasformare i bambini in oro che luccica) – non rassegnandosi a spronarli con veemenza e rigore, senza mai lasciarli cadere nel vittimismo. C’è di mezzo un ombrello, usato a mò di bastone da vecchio saggio per “bastonare”, se necessario, il calciatore da raddrizzare. Il viaggio di Vatta affonda le radici nel settore giovanile, incontrando neo-allenatori locali. Ma perché il "coach dei sogni", il grande tecnico delle giovanili granata, non hai mai sentito il bisogno di allenare una squadra di seria A, nonostante le offerte ricevute? Come è riuscito a far esordire in serie A ben 64 giovani talenti? Recuperare il lavoro di Nicoletta può essere catartico anche per chi conosce appena quel mondo: è una radiografia dell’Italia andata e di quella che potremmo prometterci dopo un nuovo gol.