L’Unione Europea aveva annunciato di voler essere il primo continente a raggiungere le emissioni zero, e si sta attivando per arrivare a quel traguardo. Mercoledì ha pubblicato un vademecum di iniziative e proposte che siano una guida per gli stati membri nel corso dei prossimi 9 anni che ci separano dal 2030, anno entro cui l’UE si propone di tagliare le emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990, per arrivare ad essere carbon neutral entro il 2050. Il progetto si chiama Fit for 55.
“La nostra attuale economia dei combustibili fossili ha raggiunto il suo limite”, ha detto Ursula Von der Leyen a Bruxelles ai giornalisti. La proposta porrebbe l’Unione Europea in testa alla lista dei paesi impegnati nel combattere il cambiamento climatico, ma include anche elementi controversi: per esempio, propone di imporre delle sanzioni sotto forma di dazi sulle importazioni da paesi che non implementano politiche altrettanto sensibili al tema climatico a partire dal 2023. L’Unione Europea la chiama “carbon border-adjustment tax”, che si potrebbe tradurre come tassa di livellamento fossile al confine: sarebbe implementata per proteggere le industrie europee dalla competizione di paesi che propongono prodotti più economici, ma con peggiori standard climatici. Se venisse imposta oggi, questa tassa colpirebbe importazioni come l’alluminio, il cemento o i fertilizzanti in arrivo da Russia, Cina e anche Stati Uniti. L’impatto potenziale sul commercio globale, secondo gli esperti, sarebbe immenso, e se realmente andasse in porto è probabile che questa misura sia contestata presso la World Trade Organization.

A questo si aggiunge la proposta di bandire entro il 2035 la vendita di auto a benzina e diesel, nonché l’aumento dei prezzi dei carburanti fossili, e dazi e tasse imposti alle industrie maggiormente inquinanti come quella dell’acciaio, le compagnie aeree, l’industria edilizia. Inoltre, entro il 2030 il 38.5% dell’energia elettrica dovrebbe essere prodotta da fonti rinnovabili. Il piano prevede anche che parte delle entrate derivate da queste nuove tasse sia utilizzato per creare un fondo per aiutare tutti i cittadini a potersi permettere la transizione ecologica, acquistando macchine più efficienti o rinnovando gli impianti nelle abitazioni.
La proposta è in realtà più che altro un biglietto da visita da presentare al COP26 di Glasgow, che si terrà questo novembre, e dove l’Europa punta ad avere un ruolo di leadership e guida a livello globale. In quell’occasione, ci si aspetta che tutti i paesi del mondo, ed in particolari i principali inquinatori, cioè USA e Cina, chiariscano come intendono raggiungere entro il 2030 l’obiettivo che gli scienziati ritengono essere necessario: dimezzare a livello mondiale le emissioni di gas serra. (Per ora, gli USA hanno promesso di ridurre le emissioni del 43% entro il 2030, mentre la Cina non intende ridurre le sue emissioni prima del 2030, anno in cui prevede di raggiungere il picco massimo, per poi cominciare a calare).

Si prevede che questo insieme di proposte sia oggetto di contese sia entro che fuori dai confini dell’Unione: i negoziati tra il Parlamento Europeo, i governi dei 27 paesi membri e i lobbysti delle diverse industrie coinvolte probabilmente porteranno ad un risultato finale diverso da questa prima traccia, pur sempre mantenendo l’obiettivo di tagli di emissioni che l’Unione si è prefissata. Dopo l’annuncio di giugno di nuovi target più ambiziosi, ad opporsi alla politica dell’Unione erano stati soprattutto gli Stati membri dell’Europa Centrale, più poveri e ancora legati all’energia fossile.
Se le proposte avanzate finora, ed in particolare l’idea della carbon border tax, sopravviveranno a quelle trattative, è poi probabile che diventino il focus del confronto con i partner fuori dall’Unione questo novembre.
L’insieme di proposte sembra anche molto costoso per le tasche dei cittadini dell’Unione Europea: aumentare i prezzi di carburante, energia, e beni di prima necessità se prodotti in modo inquinante rappresenterebbe certamente una spesa per i consumatori. Si teme che il prezzo della transizione ecologica finisca per pesare principalmente sulle spalle dei meno abbienti, dando il La ad una ondata di proteste sulla falsariga di quella dei gilet gialli francesi.
“Chiederemo molto ai nostri cittadini”, ha detto Frans Timmermans, a capo della operazione Green Deal della Commissione Europea, “chiederemo molto anche alle nostre industrie, ma lo facciamo per una buona causa. Lo facciamo per dare all’umanità una occasione di sopravvivenza”.