La malattia provocata dal nuovo Coronavirus ha un nome: “COVID-19” (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata). I sintomi più comuni includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie, quindi, sono molto simili a quelli di un’influenza stagionale; tuttavia i virus sono differenti; pertanto, in caso di sospetto di Coronavirus, è necessario effettuare esami di laboratorio per confermare la diagnosi.
Si effettua un tampone per prelevare dalla gola del paziente un po’ di muco e saliva e per identificare le persone che hanno contratto l’agente patogeno in quel momento e, quindi, in grado di diffonderlo. La ricerca degli anticorpi è necessaria, invece, per capire se si è già venuti in contatto con il virus ed è utile per condurre studi epidemiologici, per sapere, cioè, a posteriori, quante persone si sono infettate.

A digital illustration of the coronavirus shows the crown-like appearance of the virus.
Il periodo di incubazione rappresenta il periodo di tempo che intercorre fra il contagio e lo sviluppo dei sintomi clinici. Si stima attualmente che vari fra i 2 e gli 11 giorni, fino ad un massimo di 14. Bisogna cercare di frenare gli allarmismi, ma avere consapevolezza di quello che sta succedendo, capire che il numero dei soggetti trovati positivi, in Italia e in Europa, aumenterà, questo è inevitabile per due motivi; il primo è che ormai sappiamo che SARS-CoV-2 è molto infettivo e che la modalità di contagio avviene quando chi ha già l’infezione non manifesta sintomi evidenti. Il secondo motivo è quello che individuare i soggetti che sono venuti in contatto con chi è già positivo, avrà come inevitabile conseguenza il fatto di trovarne degli altri.
Quello che si può dire di sicuro è che queste infezioni sono veicolate più facilmente nei locali chiusi e per contatti relativamente ravvicinati, sotto i due metri di distanza, e l’incidenza di morte è comunque più alta fra gli ultrasessantacinquenni e/o soggetti affetti da patologie croniche, perché persone con fisici più debilitati.
Disinformazione, fake news e psicosi sul coronavirus vanno a braccetto: tra le tante teorie che si sono lette in rete c’è anche quella che il virus sia stato ideato come arma per la guerra batteriologica cinese, o la versione che lo vede creato nei laboratori statunitensi.
Ad oggi sono 78.764 i casi confermati per il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2) nel mondo dall’inizio dell’epidemia, 2.461 i morti e 23.196 i guariti. In confronto, come riportato nel sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), globalmente, ogni anno, il virus influenzale colpisce tra il 5 e il 15% della popolazione adulta (vale a dire da 350 milioni a 1 miliardo di persone), un’incidenza che sale al 20-30% nei bambini.

Tra i 3 e i 5 milioni di casi di influenza riportati annualmente evolvono in complicanze che causano il decesso in circa il 10%, (circa 500 mila persone nel mondo) soprattutto tra i gruppi di popolazione a rischio (bambini sotto i 5 anni, anziani e persone affette da malattie croniche). In Italia, al termine della stagione influenzale 2018-2019, i casi erano stati 8.104.000, e in base ai dati più aggiornati, dal 14 ottobre 2019 al 16 febbraio 2020 il numero di casi simil-influenzali è stato di 5.632.000; con una media giornaliera di 217 decessi, dati pubblicati sul sito InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza, coordinato dal Ministero della Salute con la collaborazione dell’Iss).
Al momento il coronavirus, secondo i dati provenienti dalla Cina, ha una mortalità stimata intorno al 2%. La Mers, l’epidemia del coronavirus “mediorientale”, in tutto ha registrato 2.494 casi con 858 morti, con un tasso di letalità del 34,4%. La più nota epidemia Sars, in due anni, ha fatto registrare 8.096 casi con 774 morti, con un tasso di letalità del 9,6%. Il virus Ebola, la cui epidemia in corso in Congo è tutt’ora un’emergenza internazionale di salute pubblica dell’Oms, ha un tasso di letalità stimato intorno al 50%.
La dichiarazione che l’epidemia del nuovo coronavirus è un’emergenza sanitaria globale ha l’obiettivo di alzare il livello di attenzione e migliorare il coordinamento internazionale; la preoccupazione, infatti, è anche quella che possa diffondersi in Paesi con sistemi sanitari deboli.
Conoscere la situazione ci permetterà di mettere a punto misure sempre più efficaci. Senza dubbio, ognuno di noi può, con i propri comportamenti responsabili, fare da barriera alla diffusione del virus.