Il 20 luglio scorso, in un articolo sulla sanità siciliana (che potete leggere qui), abbiamo acceso i riflettori sull’Istituto Rizzoli di Bologna, che da qualche anno opera anche in Sicilia in regime di convenzione con la Regione. Noi siamo partiti da alcune considerazioni lette su facebook, in un post dell’avvocato Francesco Menallo, vecchia conoscenza della sinistra siciliana. Menallo per tanti anni ha militato tra gli ambientalisti dell’Isola. Qualche anno fa è stato tra i fondatori del Movimento 5 Stelle in Sicilia. Da dove è andato via non condividendo le scelte operate dai grillini a Roma e nel Parlamento siciliano. Oggi Menallo è vicino a L’Altra Europa per Tsipras.
L’Istituto Rizzoli – che è un soggetto pubblico che opera in Emilia Romagna – è stato chiamato o è arrivato in Sicilia per operare nella branca dell’ortopedia, considerata carente in Sicilia. In attesa di capire se il Rizzoli – che opera nei locali del Santa Teresa di Bagheria – in effetti, offre alla nostra Isola un servizio sanitario diverso (e possibilmente aggiuntivo) rispetto a quello che già offre l’ortopedia siciliana (ci riferiamo agli ospedali pubblici dell’Isola), abbiamo focalizzato la nostra attenzione su un aspetto di questa vicenda: l’accreditamento di questa realtà sanitaria pubblica dell’Emilia Romagna con la Regione siciliana. Siamo partiti da questo particolare perché l’avvocato Menallo ha sollevato dubbi sull’accreditamento dell’Istituto Rizzoli.
A questo punto siamo andati alla ricerca dei documenti. E ne abbiamo trovati due. Uno dei due risulta interessante. Il documento (DDG n. 0132/12 del 2012 Dip A9OE Area 5 Accreditamento istituzionale) riguarda “L’autorizzazione al trasferimento della titolarità del progetto di rimodulazione da indirizzo oncologico a indirizzo ortopedico del presidio sanitario Villa santa Teresa di Bagheria”. Il documento porta la firma dall’allora dirigente generale, Lucia Borsellino, del funzionario direttivo, dottor Castrenze Artale, e del dirigente dell’Area interdipartimentale 5, dottor Lorenzo Maniaci.
Il Santa Teresa di Bagheria, per la cronaca, è la struttura sanitaria di Michele Aiello, un ingegnere con il
pallino dell’imprenditoria nel settore della sanità finito nei guai e poi condannato per mafia (nella vicenda è implicato anche l’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro). Aiello, negli anni ’90 del secolo passato, aveva creato il Santa Teresa a Bagheria, presidio ospedaliero privato che, nel settore dell’oncologia, era all’avanguardia in Europa. Con problemi, a quanto pare non risolti correttamente, di DRG ( Diagnosis Related Groups, Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi). Si tratta del sistema di retribuzione degli ospedali per le attività di cura introdotto nel nostro Paese nel 1995. In pratica, gli interventi non vengono pagati più a piè di lista, ma a prestazione, in base a una stima predefinita dei costi.
Insomma, dopo problemi di DRG contestati e rapporti con la mafia, la società che gestiva il Santa Teresa di Bagheria è finita in amministrazione giudiziaria. C’è stato un processo penale. Il titolare della società, il già citato ingegnere Michele Aiello, è stato condannato per mafia. E il bene in questione – la struttura sanitaria Villa Santa Teresa di Bagheria – è stata confiscata.
Nel 2012 – e siamo arrivati alla storia che stiamo raccontando, cioè la storia che riguarda l’arrivo del Rizzoli in Sicilia – una parte dei posti letto del Santa Teresa (per la precisione, 74 posti letto) sono andati all’Istituto Rizzoli. Da posti letto per pazienti oncologici sono stati trasformati in posti letto per pazienti ortopedici. Noi siamo andati a leggere come si sostanzia la presenza dell’Istituto Rizzoli al Santa Teresa di Bagheria. E abbiamo appurato la presenza di qualche stranezza leggendo il già citato documento (DDG n. 0132/12 del 2012 Dip A9OE Area 5 Accreditamento istituzionale) firmato, come già sottolineato, dai vertici amministrativi del’assessorato regionale alla Salute.
A un certo punto leggiamo che i rapporti tra Santa Teresa di Bagheria (bene confiscato), assessorato regionale alla Salute e Istituto Rizzoli si “sostanziano, fondamentalmente, ai fini dell’emanazione del presente provvedimento, nella cessione con contratto di affitto, da parte della società Villa Santa Teresa… all’assessorato della Salute dell’immobile su cui insiste il presidio sanitario Santa Teresa di Bagheria, e nella concessione in regime di comodato d’uso dello stesso presidio da parte dell’assessorato alla Salute all’Istituto ortopedico Rizzoli per l’esercizio delle attività sanitarie previste dagli accordi”.
Se non abbiamo capito male, la Regione siciliana, nel 2012, ha preso in affitto una parte dei locali del Santa Teresa di Bagheria e poi l'ha data in “comodato d’uso” all’Istituto ortopedico Rizzoli. La cosa ci lascia un po’ perplessi, visto che il Rizzoli non è venuto in Sicilia per fare beneficienza. Stando quanto riferito dalla Cgil medici della Sicilia e da un articolo pubblicato dal quotidiano on line, Live Sicilia (che potete leggere qui) l’istituto Rizzoli – che ha piazzato la propria sede siciliana a Bagheria, grazie a una convenzione con la Regione siciliana – si porta a casa, ogni anno, circa 20 milioni di euro. Insomma, usufruisce dei locali in comodato d’uso dalla Regione e poi fa pagare alla stessa Regione 20 milioni di Euro all’anno.
In questa sede non ci avventuriamo su giudizi di merito in ordine ai servizi sanitari che l’Istituto Rizzoli offre alla Sicilia (che, come già ricordato, dovrebbero essere di eccellenza e diversi da quelli offerti dal sistema sanitario regionale con riferimento all’ortopedia). Non possiamo non notare che sarebbe stato interessante conoscere a quanto ammonta l’affitto che la Regione paga a chi amministra la società confiscata che gestisce il Santa Teresa di Bagheria. Ma il costo di tale affitto nel documento non è specificato.
Su questo particolare – l’affitto – si sofferma con un post su facebook l’avvocato Menallo. Che scrive: “Toh, se ne sono accorti… e quando qualcuno si renderà conto che il Rizzoli ha in comodato l'ex clinica Santa Teresa dalla Regione che paga un affitto all'amministrazione giudiziaria? Ma l'Agenzia per i beni confiscati lo sa che il bene non è destinato a fini sociali, ma a beneficiare un'impresa?!?”. In effetti, l’Istituto Rizzoli è sì un soggetto pubblico, ma svolge un’attività sanitaria che la Regione paga, come già ricordato, circa 20 milioni di Euro all’anno.
Detto questo, noi vorremmo capire: ma queste convenzioni che la Regione siciliana ha siglato e continua a siglare ogni anno con queste blasonate istituzioni sanitarie, pubbliche e private, del Centro Nord Italia ed estere portano alla Sicilia giovamento sanitario ed economico? Ci riferiamo alle prestazioni sanitarie che in Sicilia non vengono effettuate (e questo sarebbe il giovamento sanitario) e alla riduzione dei cosiddetti “viaggi della speranza”: cioè i costi dei siciliani che, per curarsi, sono costretti a lasciare la Sicilia. Queste strutture assicurano ai cittadini siciliani prestazioni sanitarie che il servizio sanitario regionale non è in grado di fornire? E i “viaggi della speranza” – grazie alla presenza di queste strutture non siciliane – si sono ridotti con una contestuale riduzione dei costi a carico della Regione e delle famiglie siciliane?
Noi non ci lasciamo andare a giudizi affrettati, anche perché sappiamo che il nuovo assessore regionale alla Salute, Baldo Gucciardi, sta avviando verifiche in tal senso. E sappiamo che si è insediato da qualche settimana e che avrà bisogno di tempo per verificare se queste convenzioni (che tra Ismett, Rizzoli, Bambin Gesù, Maugeri e via continuando costano circa 250 milioni di euro all’anno, stando sempre a quello che abbiamo letto su Live Sicilia) sono utili o meno alla Sicilia. (chi scrive ha già manifestato le proprie perplessità sull'Ismett di Palermo, che, da Centro trapianti, è diventato un ospedale che dà assistenza ai potenti della Sicilia, dai politici agli alti burocrati, come potete leggere qui)
Tuttavia non possiamo non sottolineare che, mentre si va avanti con tali convenzioni (solo l’Ismett – ‘Piattaforma trapiantologica che ha sede presso l’Azienda ospedaliere ‘Civico’ di Palermo – costa 94 milioni di euro all’anno), negli ospedali pubblici siciliani la situazione diventa ogni giorno più difficile. In tutti gli ospedali pubblici siciliani sono stati smantellati interi reparti, sono stati sbaraccati Punti nascita, sono stati ridotti i posti letto. In cambio di questi continui smantellamenti – che proseguono tutt’ora – avrebbe dovuto vedere la luce la cosiddetta medicina del territorio. Parliamo dei Pta (Punti territoriali di assistenza) e Pte (Punti territoriali di emergenza) che avrebbero dovuto ‘filtrare’ i pazienti, magari in collaborazione con i medici di famiglia, per ridurre la pressione dei cittadini-utenti sugli ospedali pubblici dell’Isola (con riferimento soprattutto ai Pronto soccorso).
Il problema è che, in molti casi, questi Pta e questi Pte o sono stati istituiti solo sulla carta, o sono stati istituiti in modo molto approssimativo. Il risultato è che la pressione dei cittadini-pazienti sugli ospedali pubblici dell’Isola non è affatto diminuita. E il caos che si registra nei Pronto soccorso siciliani – con una cronica assenza di posti dove ricoverare i pazienti – ne è una drammatica testimonianza. Ma di questo la politica siciliana non si occupa. Del resto, i politici siciliani non sono comuni cittadini: loro o e loro parenti, se stanno male, non vanno nei Pronto soccorso come i comuni mortali: vanno all'Ismett…