Quel prete mi ha salvato la vita.
Stavo facendo una garetta amatoriale sui 400 metri su di un’infame pista in terra rossa piena di buche e, mentre spingevo nella curva finale (benedetto agonismo!), una di queste buche mi aveva mandato il ginocchio sinistro in torsione.
Ricordo che nella parte interna del ginocchio era sbocciata immediatamente una sorta di arancia, ma ricordo anche il dolore che non riuscivo a simulare più di tanto. Fu così che mi ritrovai all’ospedale di Singen, nel Baden-Württemberg, vale a dire nella Germania meridionale a ridosso della Foresta Nera e del Lago di Costanza, dove trascorrevo un breve soggiorno di studio in quell’estate del 1975. Fui sistemato in una linda camera a due letti, che dividevo per l’appunto con un anziano prete cattolico (religione non certo insolita nella Germania meridionale) che ricordo con grande simpatia per la sua calda umanità e per il fare paterno che ha subito assunto nei miei confronti di trentenne solo e smarrito.
Impietosito forse dal mio dolore al ginocchio, ma anche dal fatto che la sua presenza mi creava qualche problema nell’addormentarmi, decise che era il caso di istruirmi su come controllare dolore e tensione usando la mia mente; mi insegnò così con infinita pazienza, ma con bravura e grande efficacia, il training autogeno. E, di fronte al mio scetticismo volteriano, mi spiegò che lo aveva imparato e ripetutamente applicato in quello che era rimasto degli ospedali di Berlino quando la città fu rasa al suolo dai bombardamenti degli alleati sul finire della seconda guerra mondiale. Ci tenne, anzi, a ribadire subito, con orgoglio commisto ad amarezza, che ne aveva potuto verificare l’efficacia: la totale assenza di anestetici e la quantità enorme di feriti avevano infatti imposto di ricorrere alle tecniche di rilassamento profondo, messe a punto già da tempo da uno psichiatra tedesco, attraverso le quali i pazienti imparavano a controllare con la loro mente il dolore e a sopportare in tal modo interventi chirurgici anche molto invasivi.
Se aveva contribuito a far apprendere queste pratiche in momenti tanto drammatici e a persone in condizioni molto, ma molto peggiori delle mie, poteva con tutta tranquillità trasferirle a me, che avevo un problemino di poco conto, ma che avevo soprattutto bisogno di controllare la mia apprensione e di imparare a rilassarmi e a dormire bene senza bisogno di medicine. E ci riuscì (ma lui non ne aveva mai dubitato), ricevendo tutta la mia gratitudine. Proprio un paio di settimane fa mia moglie ha ritrovato, tra vecchie carte, i fogli manoscritti (ormai giallognoli) nei quali mi aveva diligentemente appuntato la sequenza di quanto dovevo fare, e nel rivederli mi sono quasi commosso.
Col passare degli anni me ne ero dimenticato e me l’ha richiamato alla memoria una bravissima istruttrice torinese di pilates: una delle poche “attività” sportive che potevo ancora praticare, dopo fratture, periartriti da trauma, strappi muscolari e cose di questo genere che la mia generazione di sportivi agonistici (maledetto agonismo!), ma con allenatori da barzelletta, conosce bene e ha di certo sperimentato sulla sua pelle.
Il pilates era per lei quasi una religione e non solo una tecnica, che continuava peraltro a migliorare con l’ausilio di corsi che seguiva in varie città italiane. E comunque mi ha insegnato a respirare. Sì avete capito benissimo, a respirare; e siete sicuri di saperlo fare bene? Con la pancia e col diaframma? Temo di no. Eppure è la cosa che facciamo ”in continuazione” e lo facciamo senza pensarci, ovviamente, ma quasi sempre male e con conseguenze non piacevoli.
Sapevate che saper respirare bene significa controllare e rilassare tutto il nostro corpo, ma proprio tutto e non solo la colonna vertebrale, che potete così “scaricare” con grande sollievo? Sapevate che respirare bene porta ad eliminare la stanchezza (almeno nei limiti del possibile), ma anche tensioni e ansia?
Questa brava istruttrice torinese coniugava molto bene tecniche di pilates con altre ayurvediche, di svuotamento della mente. Già, quelle che insegnano ai manager perché imparino a svuotare la loro mente e a diventare, di conseguenza, capaci di decidere meglio, in maniera più rapida, corretta e funzionale, ad avere sempre il pieno e totale controllo della situazione, ad avere cioè sempre (e più che mai) il pallino in mano: proprio come devono essere capaci di tenere la scrivania libera e pulita da scartoffie, e la cartella vuota perché basta quello che hanno in testa (e nella loro pennetta da computer).
È allora che mi sono ricordato del vecchio prete tedesco, e ho capito fino in fondo la preziosità di quello che mi aveva insegnato.
Lo capisco ancora di più ora che ho trovato un bravo istruttore di spinning: come posso mancare all’appuntamento che ho con lui e con la sua “classe” ogni sabato mattina in quella meravigliosa palestra genovese affacciata sul mare? Altre disponibilità la mia vita da zingaro purtroppo non mi permette di avere.
Lui sa fare la sintesi di tutto, e lo fa mentre sei su una cyclette da spinning, di quelle professionali, dove sei solo con la tua stanchezza e con le continue sfide che lanci a te stesso, come succede in tutti gli sport individuali.
Quando hai finito una lezione di un’ora con lui (un’ora dura, vi assicuro, ma che lui sa condurre con sapiente gradualità) siete meno, ma molto meno stanchi di quando siete arrivati in palestra. E i vostri problemi famigliari o professionali non vi opprimono più. Se proprio vi tornano alla mente, sapete benissimo che, se affrontati con la giusta lucidità (che ora avete), saranno di agevole soluzione e comunque non tali da diventare un’ossessione: la vostra mente ripulita e resettata come la memoria di un computer vi permetterà questo e altro.
E allora avanti! La vita può essere veramente bella e degna di essere vissuta. Soprattutto se si è padroni delle tecniche per renderla tale.
*Enzo Baldini, Professore di Scienze Politiche dell'Università di Torino, insegna "Storia del pensiero politico" e anche "Laboratorio Internet per la ricerca storica". Ha lavorato su internet fin dagli albori della rete, è stato tra i creatori della Biblioteca italiana telematica www.bibliotecaitaliana.it e poi del consorzio interuniversitario ICoN-Italian culture on the Net:www.italicon.it, del quale continua ad occuparsi
enzo.baldini@unito.it
Discussion about this post