Alla fine il risultato della tornata elettorale europea è arrivato. Gli euroscettici sono all’incirca il 20% dell’intero parlamento europeo. Il loro voto si è triplicato in cinque anni. Il partito popolare ha tenuto e il partito democratico si è ridotto soprattutto per effetto delle elezioni in Francia. Chi invece ha rivoluzionato le attese è stato il partito democratico italiano, quello di Renzi. Non solo è il primo partito in Italia ma diventa il primo partito in Europa. In Grecia Tsipras diventa il primo partito e in Italia supera il 4%, risultato per un verso eccezionale se si pensa che non ha avuto l’onore della stampa né della televisione, anche se i militanti di Sel si sono dati da fare non poco.
Proprio a Renzi mi vorrei rivolgere per parlare ancora una volta di ricerca, quell’essere incognito che la maggior parte degli Italiani considera come qualcosa di magico, anche se non lo è.
Dal primo di Luglio inizia il semestre italiano, è un’occasione per dimostrare che crediamo cosi tanto all’Europa che faremo le riforme promesse. Tra questa quella della ricerca e dell’Università.
Innanzi tutto dovremmo creare un ministero per la Ricerca e l’Università per evitare che l’alta formazione e lo sviluppo legato all’innovazione sia subalterna nei fatti ai problemi della scuola. I problemi della scuola sia sul fronte economico sia logistico fagocitano tutte le risorse che alla fine si riducono anche per la ricerca. Allo stesso tempo sarebbe ora che la scuola avesse quella centralità che deve esserci in una società moderna. L’ho già scritto altre volte la centralità della scuola è essenziale per lo sviluppo di una società consapevole e moderna.
Diversamente l’alta formazione e la ricerca devono servire non solo alla conoscenza ma anche allo sviluppo industriale, quella strana cosa che sembra non interessare nessuno. Un piano industriale serio nasce prima di tutto da un impegno serio sulla ricerca. Tuttavia non basta aumentare i finanziamenti della ricerca, come previsto dal protocollo di Lisbona, è necessario fare un piano che si traduca in reali opportunità per i giovani, per le imprese, per lo sviluppo della nostra società, annichilita e incapace di guardare in avanti. Almeno finora, dacché il successo di Renzi sembra aver svegliato gli Italiani. Essi ci dicono che vogliono stare in Europa e però vogliono anche contare. Ma come? Chi opera nelle commissioni europee sa che i problemi Italiani hanno poca presa sugli altri paesi. Ogni paese, in particolare quelli dell’asse anglo tedesco, si organizza per ottenere la maggior parte delle risorse anche a scapito dei paesi del sud dell’Europa, tanto che il ritorno geografico per noi è ben sotto alle risorse che ci mettiamo. La Gran Bretagna riesce ad avere un ritorno superiore alle risorse messe. L’Italia non riesce a spendere le risorse Europee perché incapace di pianificare e organizzarsi.
I nostri centri di ricerca hanno una scarsa attitudine a dialogare con il mondo industriale e viceversa i nostri industriali utilizzano i fondi della ricerca per altri scopi, purtroppo ne abbiamo avuti di esempi sia nel passato sia nel presente. E’ ora di cambiare.
Horizon 2020 metterà a disposizione 80 miliardi di euro. L’Italia si sta organizzando a gestire i fondi che ci spettano? Questo compito dovrebbe essere demandato al MIUR, ma questo ministero è in grado di farlo? Di là della buona volontà, non sembra proprio. Il ministro sta facendo qualcosa per organizzare i futuri rapporti con l’Europa? Queste domande sembrano pleonastiche, tanto è vero che ognuno di noi, che sia a conoscenza dei fatti o no sa già che nulla è cambiato, almeno finora. Ma un segnale c’è l’hanno detto gli italiani con le recenti elezioni: vogliamo stare in Europa e poter contare.
Il primo cambiamento potrebbe essere quello di creare il Ministero dell’Università della Ricerca dandogli il compito di riorganizzare i rapporti con la ricerca europea a iniziare da Horizon 2020 fino progetti JPI, regionali e quant’altro si sta per fare nel settore della ricerca. Magari riaprendo anche alla collaborazione con gli Stati Uniti dove nostri colleghi che sono da qualche tempo là emigrati potrebbero anche portare le innovazioni di cui ha bisogno questo paese. Il Fondo Monetario Internazionale ha scritto che il prodotto italiano, non ha un problema di costi, ma piuttosto manca d’innovazione. Il messaggio che arriva dalle recenti elezioni europee non deve essere lasciato cadere, deve essere uno sprone per cambiare davvero.