Nel suo primo discorso da Presidente eletto, Joe Biden ha accolto la sua vittoria con sobrietà e spirito unitivo. Con la stessa dignità con cui in quarant’anni di vita politica ha accettato le sue sconfitte, senza farsene avvelenare il cuore. Ascoltandolo, mi sono persuaso che con lui l’America e il mondo hanno una grande occasione. Va aiutato, gli va data, come ha chiesto, una possibilità, anche da chi ha scelto Trump. O da chi nel mondo puntava su Trump. È un sincero cattolico. Il secondo alla Casa Bianca dopo J.F. Kennedy. Ha emozionato sentirlo chiudere il suo discorso citando un canto liturgico, le ali dell’aquila, le ali della speranza in Dio, cui affida i suoi propositi e la sua azione per l’America e per il mondo. Ha bisogno che la possibilità che ha chiesto gli sia data con lealtà, da tutti.
A cominciare dai cattolici, che l’hanno sì votato, ma divisi a metà. I tradizionalisti, la destra cattolica che ha scelto Trump, vedono in lui un cattolico tiepido, perché sosterrebbe l’aborto e approva le unioni gay. E non tutela i valori cattolici non negoziabili. Ma sbagliano. Fortemente. Biden, un cattolico liberale diremmo noi di tradizione europea, non si batte per l’aborto, né lo approva. Come potrebbe? Ma si batte per impedire la morte di migliaia e migliaia di donne sui tavoli degli aborti clandestini, cui sono condannate le nuove streghe dell’ipocrisia farisea. La lotta all’aborto si fa con una politica della vita che non lasci le donne sole nella sfida molto spesso difficile della maternità. Con un’efficace educazione sessuale, con l’accompagnamento delle famiglie ad una genitorialità responsabile. Che a certe condizioni si possa consentire l’aborto, per un cattolico, è la sperimentata dottrina del male minore.
Così sulle unioni gay, cui Biden è favorevole. Il matrimonio, come legame eterosessuale a fini procreativi e di crescita della prole, non è un articolo fede. Antropologicamente è persino di più: è un articolo di ragione naturale. Che la Chiesa cattolica assume come sacramento perché con la grazia di Cristo si faccia “perfetta” la realtà naturale del legame matrimoniale, che per i cristiani è già opera sua. È la santificazione sacramentale della benedizione già presente nella tradizione biblica, ma in ogni aspirazione umana, a un matrimonio “felice”. Ora, poiché siamo tutti, quale che sia la nostra inclinazione sessuale, figli di Dio, opera sua, il punto è offrire una possibilità di affettività familiare regolata anche a chi non può vivere, per sua natura, non per suo capriccio, il vincolo matrimoniale. Le unioni civili servono a questo. E questo non solo è moralmente lecito, ma anche moralmente consigliabile. Così rispetto ad una convivenza non regolata dal diritto canonico con il matrimonio religioso, la Chiesa cattolica consiglia almeno il matrimonio civile. Questo approccio non è lassismo morale, incoerenza della propria fede, ma esercizio di umanità di cui la Chiesa è maestra. I tempi sono maturi perché tutti i cattolici – e i cristiani – capiscano questo, magari volgendo il pensiero a Cristo che predicando a prostitute e pubblicani non si è preoccupato dei valori non negoziabili del suo tempo, tanto da salire sulla Croce. Ha negoziato solo con il suo cuore, ha aperto a tutti il negozio della sua misericordia. L’unico di cui abbiamo davvero tutti, nella nostra debolezza, bisogno.

Ma c’è un altro aspetto importante del cattolicesimo di Biden, che potrà essere un’opportunità per l’America al suo interno e sulla scena del mondo. La certezza interiore che chi ti avversa sul piano politico, che ha altri interessi e un’altra visione del mondo, può ben essere tuo avversario, ma non è tuo nemico. E che bisogna sempre cercare, perché c’è il tempo per ogni cosa, il tempo della salvezza, di guarire dalla divisione. Lo ha detto ai suoi avversari interni, quando rivolto innanzi tutto ai suoi, ha affermato che quelli che non l’hanno votato «Non sono nemici. Sono americani. Sono americani e sarò anche il loro presidente».
Ma in due passaggi, a mio avviso decisivi, credo lo abbia detto a tutto il mondo, perché – come si è espresso – «governeremo non solo con l’esempio del nostro potere, ma con il potere del nostro esempio»; che con lui l’America ha fatto prevalere «i nostri istinti migliori». Un modo per dire che non ci sono popoli eletti, ma come le persone i popoli non hanno sempre la ragione migliore dalla loro parte, ma devono scegliere. Nel linguaggio corrente del sovranismo populista, non vengono per definizione “prima”, ma sono sempre insieme agli altri nella condivisa responsabilità di fare della Terra una terra di pace. Per la sua fede cattolica, Biden sa che è la famiglia umana nella sua interezza ad essere eletta da Dio, almeno il Dio in cui credono i cristiani, in cui crede Biden. Mi sembra un viatico importante a una presenza cooperativa della leadership americana nel mondo multipolare della globalizzazione sotto il segno della profezia di Francesco Fratelli tutti, sull’unica terra di cui dobbiamo lodare il Signore, il grande messaggio geopolitico di Laudato sí.
Se questo significasse anche l’avvio di quel che oggi sembra utopia, e cioè la costruzione geopolitica di un’ecumene cristiana, dalla Russia alle Americhe, passando per l’Europa, di uno ‘spazio geopolitico cristiano’ che dia coesione e peso sulla scena della globalizzazione alla civilizzazione cristiana, sarebbe un evento epocale. Non nell’ottica dello scontro di civiltà, la falsa profezia della dissoluzione, ma in quella della cooperazione e del concorso con le altre grandi civilizzazioni – gli altri grandi spazi geopolitici religiosi e culturali, dall’Islam al Confucianesimo all’Induismo riemersi con la globalizzazione alla Grande storia – a governare nella pace e nello sviluppo l’ecumene umana, che è una e unica su un’unica terra che è di tutti, anche e soprattutto di quelli che la abiteranno dopo di noi.
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