Perché il mangiare fa ridere? Boh, bisognerebbe studiare il fenomeno. Perché quando il nonno, a tavola, si fa un piattone di tagliatelle al ragù, subito gli altri, dalla mamma, al babbo, ai nipoti dicono: “Oh nonno! Complimenti eh!”. E giù tutti a ridere. Ma perché poveretto.
È lì che mangia un piatto di tagliatelle, normale. Perché fa ridere? Come quando uno prende due volte il dolce perché gli è piaciuto: “Oh che Santa Lucia ti lasci la vista eh!”. E giù tutti a sbellicarsi dalle risate.
È difficile cosa accenda questa comicità attorno al cibo, al mangiare. Più uno mangia con appetito più gli altri ridono. “Però, se mangi…ahahahah!”. Che differenza c’è fra il finire il piatto e il lasciarlo lì a metà? Che nel secondo caso non stride. Non c’è comicità. Nelle tavole famigliari, come si sa, si viene controllati.
Non tanto dai fratelli o dal babbo, o dal nonno, ma dalla mamma. Il controllo è totale, l’occhio non si stacca mai perché da un momento all’altro c’è il “Fiiii!”, il fischio dell’arbitro o del vigile che fa la multa. “Non mettere quella cosa in quel piatto. Usa questo no?”. “Sposta quello”, “Non metterlo lì”, “Ti conviene vuotarlo quel piatto…”. Quindi si sta sul chi vive.

E sta sul chi vive anche il nonno che se si avventa sulla tagliatella provoca un’ilarità generale. Il fenomeno è strano. È un po’ lo stesso meccanismo quando a uno scappa un ruttino. Gli altri ridono. Cosa c’è da ridere non si sa (a parte quelli che ruttando dicono frasi intere e quello sì che fa ridere). Di solito però il ruttino fa parte di un’esibizione e la stessa persona che lo emette dopo ride.
È la comicità della cosa che sfugge. Per non parlare di altri rumoretti, come quando a Carnevale o anche a Natale si faceva quello scherzo della pompetta nascosta sotto il cuscino della sedia, per qui quando uno si sedeva emetteva un suono inequivocabile. E lì la risata è giustificata essendo uno scherzo riuscito.
Il problema è che la risata c’è lo stesso anche quando il suono inequivocabile non è dovuto a strumenti nascosti. Anche lì risate a crepapelle. Ma perché? A volte può essere una cosa serissima. E, tra parentesi, nemmeno tanto elegante.