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Ma non eravamo nel nuovo millennio? I giovani, l’Erasmus e la guerra

Il sogno sospeso di una giovane ucraina che si prepara alla maturità in Italia

Emilio PursumalbyEmilio Pursumal
Aeri Guerra Ucraina

Russia-Ukraine War.

Time: 4 mins read

Qualche giorno prima dell’attacco di Putin mi trovavo a Madrid, a trovare mio figlio, lì per l’Erasmus, il programma di interscambio fra le università delle diverse città d’Europa a disposizione degli studenti. Ho quasi invidiato mio figlio, per l’esperienza intensa e bellissima che sta vivendo, ho visto la cittadina in cui vive, Alcalà de Henares, la cui università è patrimonio Unesco dell’umanità, con la via porticata più lunga di tutta la Spagna, luogo di incontro, passeggio e amicizia per migliaia di ragazze e ragazzi provenienti da ogni angolo d’Europa e d’Italia. I loro volti allegri e puliti, ricchi di futuro ancora libero e possibile, con gli occhi cerchiati dalle notti spagnole e dagli amori inconfessati, mi hanno emozionato e reso felice come padre e orgoglioso come cittadino europeo. Ecco cosa mi è mancato, pensavo, avrei anch’io voluto crescere con l’esperienza internazionale e il confronto con i tanti “diversi” miei coetanei studenti, tutti insieme a cambiare il mondo e a farlo più bello, con spaghettate, notti prima degli esami, freddo, jamon, una chitarra e qualche birra.

E invece, pochi giorni dopo, scoppia la guerra, l’Europa è di nuovo in fiamme, incredibile ma vero. La politica e la diplomazia sono molto più deboli e chiuse dell’Erasmus, e chi glielo dice adesso ai giovani? Ancora noi, ancora questo vecchiume che sa d’impero, poteri, segreti e censure, della guerra fredda che questi studenti ignorano, prende il loro posto per distruggere il loro futuro.
Ma non era caduto il muro? Ma non eravamo nel nuovo millennio?

Tornando a casa pensavo a loro, ai giovani, al diritto al “volo” che questa Europa in qualche modo ha costruito e ho subito chiamato mia nipote Natalia, ucraina, che vive in Italia ormai da tanti anni. So che anche lei sogna l’Europa, parla bene le lingue, volevo raccontarle della Spagna, ma il pensiero è andato subito alla guerra.

Natalia, cosa senti esattamente in questo momento?
Il 24 febbraio, mentre ero in classe, ho visto scorrere le prime terribili immagini del disastro e del Presidente Zelensky che raccontava dell’attacco subito. Ho cominciato a tremare e sentivo scendere le lacrime sul viso. Ho pensato subito ai miei amici: “Come state?” – urlavo in silenzio mentre già gli scrivevo. Guardando le immagini sono stata travolta dai ricordi perché l’Ucraina è il paese in cui sono nata e cresciuta; è una parte di me, il mio cuore batte a metà fra Italia e l’Ucraina. E per metà si è spezzato. Solo ora ho capito quanto fosse unito e solidale il popolo ucraino, sta dando un esempio di amore per la libertà a tutto il mondo che mi onora  e commuove.

Cosa vuoi dire ai tuoi attuali compagni di liceo e alla tua scuola?
Che quello che stiamo vedendo in Ucraina non è un fatto lontano, non dobbiamo dare per scontate le libertà  che conosciamo in Italia. Vorrei che scoppiasse ancora più forte delle bombe il senso della solidarietà, dell’accoglienza e il desiderio di costruire un mondo migliore, libero e pacifico. E vorrei tanto che a scuola aumentassero le occasioni di conoscenza della cultura ucraina e degli altri popoli perché attraverso la conoscenza si possono superare i pregiudizi e le paure.

Che ricordi d’infanzia hai dei rapporti con la Russia? Avevate paura?
Non abbiamo mai avuto paura della Russia. Dal mio punto di vista russi e ucraini fino ad oggi erano come fratelli e sorelle. I cittadini ucraini andavano regolarmente in Russia per lavoro, ci sono molte unioni di parentela tra i due popoli e anche la religione e le tradizioni sono le stesse. In Ucraina molte persone parlano il russo e io stessa sin da bambina leggo indifferentemente libri in lingua ucraina e russa. Da bambina sognavo di visitare la Russia, desiderio per me ancora vivo.

Quest’anno termini il liceo in Italia. Considerando questi ultimi anni, fra pandemia, guerre lontane e vicine, i profughi, i barconi e il futuro incerto, che cosa significa oggi “maturità”?
Come stiamo vedendo, la storia può ripetere i suoi tragici errori, anche se l’abbiamo studiata sui libri. Quindi non si tratta solo di memoria, ma anche di attitudine al cambiamento verso il bene comune. “Maturità” per me non è un voto ma abbandonare la propria visione egocentrica e capire che c’è un mondo più complesso che ci mette alla prova. Non sempre riusciremo ad ottenere ciò che vogliamo, e per me maturare significa saper guardare la realtà e non accontentarsi, provare a migliorarla partendo da se stessi.

Natalia Giarratana
Natalia Giarratana

Tu, per esempio, cosa puoi fare?
Ora in Italia e negli altri paesi arriveranno molte mamme con i loro figli per scappare dalla guerra e trovare protezione. Parlando ucraino e russo posso fare da tramite per queste persone, ascoltarle e parlare con loro. Per questo mi sono messa a disposizione di un’associazione che si occupa degli aiuti umanitari per l’Ucraina.    

E cosa diresti a questi profughi?
Che non sarà facile, ma che troveranno anche qui persone che vorranno loro bene e che li faranno sentire in famiglia. E di non mollare mai la speranza che questo incubo finirà, che potranno tornare a casa e abbracciare i propri figli e mariti rimasti a difendere la loro patria.

Quale Europa vorresti per il tuo futuro?
Immagino degli Stati Uniti d’Europa con una politica comune che tenga conto delle differenze dei singoli stati. 

Cosa diresti ad un tuo compagno di classe che vuole fare carriera politica nazionale e internazionale?
Gli direi di non perdere di vista l’obiettivo per il quale è entrato in politica, quello di migliorare le condizioni di vita delle persone, di creare una società solidale ed equa. Vorrei vedere in politica persone capaci di difendere le proprie idee anche quando non sono appoggiate da altri, di cultura aperta, sempre più oltre i propri confini. 

E tu, cosa pensi di fare dopo il liceo?
Ho un sogno sin da quando ero piccola, vorrei fare l’assistente di volo. Da bambina viaggiavo spesso per venire qui in Italia e l’aeroporto era diventato una seconda casa. Mi piaceva stare lì seduta ad osservare le persone che si salutavano piangendo e le persone che si incontravano dopo tanto tempo. Farò di tutto per trasformare questo sogno in un lavoro perché viaggiare ti fa sembrare il mondo più piccolo e simile. E osservare gli sguardi, gli abbracci, i sorrisi e le lacrime ti apre la mente, ricordandoti che ogni viaggio è un volo. 

 

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Emilio Pursumal

Emilio Pursumal

L’anima mediterranea, come il suo mare, è un ossimoro eterno. Tocca e accoglie tutto, mescolando popoli e guerre, bellezza e morte, paradiso e inferno. Nel mio errare fra Palermo e Milano e ora a New York, seppure virtualmente, continuo a pensare che l’ossimoro resti uno dei segreti profondi dell’esistenza, l’attrazione fatale fra gli opposti. E mi piace mescolare New York con Palermo, credere in un Coaching Mediterraneo, che sappia guardare al di là dell’oceano ripartendo dall’Africa, dai suoi ritmi e dal suo blues, passando per la Sicilia, l’Italia e oltre, seguendo il vento stesso del Mediterraneo. E mi piace farlo in bermuda mentre online vedo nevicare su Manhattan.

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