“Tic tic tic tic…azzz!”. Succede per strada. Tutti i giorni. Il tic tic è il rumore dei ditini che ticchettano sui tasti del touch screen, lo schermo tattile del nostro telefonino. “…azzzz!” è quando il ditino (o ditone) sbaglia tasto e, grazie anche all’invenzione infernale del T9, saltano fuori parole incompensibili e bisogna rifare tutto. Uno stava digitando “casa” e salta fuori “dromedario”, uno voleva scrivere “buono” e salta fuori “babbeo“. Un disastro.
Siamo schiavi dei nostri ditini e dei nostri ditoni. La postura della gente ormai è questa: occhi socchiusi, perchè sui touch screen non si vede una minchia e la gente pensa che stringendo gli occhi si veda meglio (in realtà si vede uguale), e ditini che mirano i tasti come in un micro tiro a segno. Ditini allenati, ma anche ditini incapaci, tremolanti da Alzheimer, sicuri, grossi, cicciotti, veloci (quelli dei ragazzi, che usano anche il pollice) o lenti come la Messa (quelli delle nonne che ormai sdidacciano anche loro sull”ultimo Iphone regalato dal figlio che poi sa già che quando la nonna schiatta l’IPhone è suo).
Ma soprattutto ditini unti. New York (ma anche molte città italiane) hanno una cucina grassa, ma poi adesso piano tornano gli aperitivi. E agli aperitivi la gente tocca mille arachidi, patatine fritte, friggioni, polli morti, ragù, tutta roba unta e bisunta. Quindi i ditini corrono festanti a digitare i tasti del telefonino trasferendo le tracce di unto sullo schermo. Risultato: nebbia in Valpadana. Non si vede più niente. Gli schermi sono pieni di ditate, di chiazze di unto, di residui di tacos, di sughi di pomodoro conditi. Per non dire degli sputacchi che vengono indirizzati verso lo schermetto fluorescente, anche perchè, si sa anche questo, quando ci si trova per gli aperitivi si è di una contentezza pazzesca e si lanciano esclamazioni fortissime all’indirizzo di persone viste solo il giorno prima, ma come fosse un ricongiungimento dopo 25 anni.

E lo sputacchio parte. Da non tralasciare il fatto che spesso mentre uno digita, nei momenti di riflessione, si mette le dita nel naso (alcune aziende di telefonini stanno progettando degli schermi speciali anticaccole). Tic tic tic tic con i nostri ditini. Fermi ovunque, ai margini delle strade, in macchina (anche mentre si guida, certo). Chi ha i ditoni è penalizzato ovviamente. Idraulici, muratori, operai con le manone grosse tirano moccoli insensati perchè il ditone preme tre o quattro tasti alla volta e il T9 esce dal telefono e corre dietro l’angolo a suicidarsi.
Molto significativo poi è il gesto di tentare di aprire una foto o ingrandire un testo. I ditini scavano nello schermo con questo allontanarsi spasmodico del pollice e dell’indice. A volte scavando trovano l’acqua, qualcuno forse il petrolio. Il risultato è spesso scadente e la foto o il testo si ingrandiscono troppo diventando più grandi dello stesso schermo. Succede alla fine che i nostri IPhone sono i più grandi oggetti destinatari di ingiurie, offese e parolacce degli ultimi 20 anni (non c’è nessuno in una giornata che non insulti a sangue il proprio telefonino almeno tre volte).
Il fatto segna così la fine dell’egemonia dell’insulto, finora appannaggio esclusivo della voce femminile del casello autostradale che, pagato il biglietto, dice dalla macchinetta: “Arrivederci, guidate con prudenza”. Nessun essere umano infatti, statistiche alla mano, era mai riuscito finora a non rispondere: “Ma vaff….!”.
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