Sicilia granaio di Roma (e d’Europa), il pane nero, la pasta madre, le storie di comunità, il pane come dono del cielo, della terra e dell’uomo. Ma soprattutto il Tempo e il suo scorrere, il senso e la gestione dei nostri mille impegni, le distrazioni, il tempo che vorremo e il tempo che ci manca, il “time management” tanto caro alle imprese: la giornata di sabato scorso è stata molto bella, all’insegna di tutto ciò.
Avevamo bisogno di rilassarci con un gruppo di amici, in particolare io e il mio amico Beppe siamo alla caccia di un po’ di metafore che ci servano a rinfrescare le idee, vorremmo farne parte integrante del nostro lavoro di educatori e coach. E a Beppe è venuto in mente appunto che viviamo nel granaio d’Italia e che il pane ha i suoi tempi, dal chicco di grano alla cottura. E che impastando insieme potevamo tornare un po’ bimbi e godere di una giornata straordinaria di condivisione e divertimento, meditazioni e riflessioni, gioco e lavoro, natura e spirito, scoprendo che il tempo può essere un grande amico perché non ti condanna ma scorre con te, con le persone che ti stanno accanto, con le stagioni, la semina e il raccolto. Se vivi c’è tutto il tempo per gustare il tempo e sentire di farne parte.
Ecco la metafora, dalla pasta madre al suo rinfresco, dall’impasto alla lievitazione e poi al forno a legna e alla magia del suo calore, che fa casa, natale, dono. E poi finalmente il pane caldo e profumato, dalla forma che hai pensato e voluto tu, un po’ per gioco e un po’ per amore. Per te e per tutti coloro a cui vorrai farlo gustare. Perché ci tieni a farlo assaggiare e a dire: “l’ho fatto proprio io, con le mie mani…“.
Le metafore, dicevamo. Mi è sempre piaciuta l’idea delle idee di Platone. Esistono già da qualche parte le verità eterne che ogni anima conosce e che in qualche modo dimentica nel momento in cui rinasce, calandosi in un corpo. Ecco perché tutti gli uomini sanno già tutto e per imparare devono semplicemente ricordare. Qui non si tratta di semplici o complesse nozioni, ma della conoscenza del bene. E in tutti i tempi, in effetti, gli uomini hanno pensato ad un’idea di bene eterno inteso come Felicità, Eden, Nirvana, Aldilà.
Felicità e Tempo, due concetti antichi come l’uomo che oggi il coaching riscopre fortemente intrecciati: la felicità come scopo naturale della vita e il tempo, se esiste davvero, come opportunità e strumento di felicità attraverso un piano di azioni e allenamenti.
Tutto qua, e non è poco. La giornata vissuta in un accogliente agriturismo, immerso nel bosco alla porte di Palermo, non ha deluso le aspettative. Il “mastro fornaio” Maurizio ci ha raccontato con voce pacata e profonda i segreti della pasta madre e di tutti i suoi figli. Che non si contano più, sono milioni di milioni e sono tutti coloro che se la sono passata nei secoli di mano in mano, con amore e rispetto. E lei, come tutte le madri, ricambia. Generando ancora pasta e ancora e ancora, per chi vorrà aggiungere acqua e farina. E mani. E tempo.
La pasta madre va rinfrescata perché non muoia e perché possa continuare a crescere. Ed ecco che finalmente impastiamo, tutti lì con gran voglia di stancarci e agitare le nostre mani, come fossimo bambini con pongo e argilla. Le nostre mani sono troppo pulite e tradiscono l’origine cittadina, poco abituata a questo genere di movimenti. Ma non importa, abbiamo preso il ritmo, non ci fermiamo più.
E impastando si chiacchiera a tema: “come ci sentiamo? “. Quant’è bello fare qualcosa di concreto, scoprire che multitasking significa fare e pensare insieme, e nel frattempo persino ridere davvero e parlare con gli altri. Perché questo mondo non ce lo permette più? E vai con le possibili proposte impossibili: da domani ci regoliamo con i cellulari, disattiviamo le notifiche, scriviamo, annotiamo, ci diamo le priorità, parliamo con i figli, spegniamo i loro cellulari…
Fra una fase e l’altra di lavorazione il pane ci ricorda che anche lui deve pensare e meditare per crescere. E così si prende e ci regala ancora tempo. Discutiamo insieme di noi e delle nostra storie, della fase della vita in cui ci troviamo, ci sentiamo incredibilmente protagonisti e ascoltatori. Nessuna recita, nessuna regia occulta, solo teatro vivo, in scena per pochi amici.Le storie sono uniche, eppure riconosci qualcosa di tuo in ognuna di esse. Difficile scegliere quale ti somiglia di più, ora questa ora quella…
Con calma arriva il pranzo, che quando arriva in Sicilia è sempre puntuale, perché qui nessuno ha l’orologio. E anche il vino scorre come il tempo, annullandolo e innaffiando le storie che per magia diventano favole. Come i racconti di Maurizio e della pasta madre. E il vino diventa padre, con le sue storie di mare, di viaggi, di guerre e d’amore; e così le favole delle madri si mescolano ai miti e alle leggende dei padri, mentre a tavola passano melanzane, funghi ripieni, bruschette, pecorino, assaggi vari di ragù, verdure, carni e prodotti della terra di Sicilia, anzi proprio di quella terra sotto ai nostri piedi.
Il cannolo lo risparmiamo per più tardi, prendiamo il caffè e via alla fase più divertente, quella che già fa immaginare il risultato, la spezzatura. Ognuno di noi prende la sua parte di impasto e la stende. Ora è tutto più morbido, e ancora a ritmo di una musica che non c’è, ma che sentiamo tutti, facciamo le pieghe e poi stendiamo un’altra volta. Siamo in pieno flusso, come direbbero i coach, concentrati e felicissimi, guardiamo gli altri e pensiamo alla nostra forma da modellare. Fatto, il gioco è finito, le forme di pane sono tutte pronte.
Concediamo l’ultimo riposo a noi e al pane prima di infornare. E allora usciamo nel bosco in rigoroso silenzio. Fa parte del programma di allenamento che ci siamo dati, prenderci del tempo per ascoltare e osservare la natura, il bosco, le pecore e le mucche, il mare all’orizzonte, il suono dei nostri passi…
La luce scende e si fonde con il vento che dalla mattina soffia come il respiro della terra. Che fosse respiro ce lo ha illustrato René, fotografa e artista che come tutti noi ha colorato e appuntato su un foglio la propria vita, per condividerla mentre la pasta cresceva.
Ci siamo, tutto adesso diventa sacro: il tramonto, il brulichìo dei legni ardenti, le nostre forme che prendono posto, tutte insieme nel forno, la nostra attesa, le nostre mani che si stringono festose.
Meno di mezz’ora, ma a me è sembrato un attimo. Il pane è pronto, caldo e bellissimo. Lo portiamo a casa per mangiarlo domani, anzi per nutrirci domani e i giorni che verrano, perché questo pane dura tanto. Spero che nell’era di internet vi arrivi il suo irresistibile profumo antico di eternità.