Intervistata da Oriana Fallaci (Intervista con la storia, Rizzoli, 1974), così si esprimeva Indira Ghandi: Nel momento in cui si crede di essere arrivati a qualcosa, ci si accorge di non essere arrivati a nulla. Eppure bisogna andare avanti lo stesso, verso un sogno così lontano che la tua strada non ha più inizio né fine.
Henry Ford e la coppia Karl e Bertha Henz hanno contribuito a fare la storia dell’umanità profondamente segnata dalla mobilità e dalla libertà di movimento di persone, cose, idee. Capita che l’innovatore propenso a credere di possedere tanta conoscenza si senta libero di correre alla massima velocità. Pretendere di conoscere tutto, però, non rende liberi. Al contrario, la conoscenza assoluta porta a comportamenti arroganti che impediscono di pensare al ‘non sapere di non sapere’, con ciò privando il soggetto della libertà di esplorare terre incognite. È veramente libero d’innovare chi vaglia l’opzione di dismettere la conoscenza padroneggiata.
Lo scambio e intreccio tra conoscenza riflessiva e libertà esplorativa fa bella mostra di sé nel teatro dell’innovazione. Gettiamo un occhio sulla recita che ha come protagonisti la coppia Karl e Bertha Benz. L’ingegnere e progettista di motori Karl Friedrich Benz è ritenuto l’inventore dell’autovettura. Nel primo test pubblico di funzionamento, l‘autoveicolo andò a sbattere contro un muro. Scendendo Benz sempre più giù nel pozzo della conoscenza, i test successivi dettero risultati migliori. Tuttavia, a trasformare i prototipi in un prodotto commercializzabile fu la libertà da ciò che è già noto di sua moglie Bertha la cui mente imprenditrice la stimolò a un viaggio, compiuto insieme ai suoi due giovani figli, sull’autovettura progettata dal marito, guidando per oltre 100 Km da casa sua all’abitazione della madre. La libertà che Bertha si prese fu fonte di peripezie che allungarono il viaggio fino a notte fonda, così come di intuizioni inventive che migliorano la prestazione dell’auto. La ricaduta pubblicitaria che ebbe l’evento segnò l’inizio di una storia di successo – la prima produzione commerciale di autoveicoli con motore a combustione interna – che ancora oggi arride alla Mercedes-Benz.
Camillo Olivetti e Guglielmo Marconi, da un lato, e Henry Ford, da un altro punto di vista, hanno tessuto due tipi diverse di reti così innovative da incidere in modo significativo sugli stili di vita di milioni di persone. Olivetti e Marconi hanno dato slancio al comportamento sociale e collaborativo dei “digerati” di oggi, la generazione del Nuovo Millennio che naviga nelle acque (ancora) aperte dell’Oceano Internet. La tela del trasporto automobilistico di Henry Ford ha finito con l’esaltare il comportamento individualista dei proprietari di automobili.
Henry Ford era fortemente intenzionato a non assecondare la gente che domandava carrozze. Anziché darla per vinta ai clienti, tentando inutilmente di produrre cavalli che agganciati a calessi, cocchi, landò, fiacre e diligenze corressero a 60 miglia orarie, Ford s’interrogava sul significato del trasportarsi. A quel tempo, la ragnatela che connetteva il territorio era disegnata a misura di carrozze con cavalli, con le strade lastricate in pavé e i solchi scavati dalle ruote sul fondo stradale, le botteghe dei maniscalchi, le stazioni e gli hotel di posta per passeggeri affaticati e cavalli ansimanti in attesa della biada dietro gli appositi recinti. Il “come” che lo faceva scervellare era un veicolo tanto innovativo da esigere una ragnatela del tutto diversa da quella che nei secoli il duo carozza-cavallo aveva intrecciato. Non dovrebbe allora destare meraviglia il fatto che il Nostro si fosse messo ad osservare con attenzione le tele di ragno. Tra quelle a spirale, a imbuto, a tubolari, a foglio e a grovigli, erano quest’ultime ad attrarlo. Perché era tutto un groviglio di interessi che Henry metteva in discussione col suo progetto focalizzato sul “come” muoversi che rivoluzionava il “con che-cosa” farlo: non più la carrozza a cavalli, ma l’automobile.
Appassionato di meccanica e orologeria, Ford non era un esperto in carrozze e cavalli, e se mai lo fosse stato avrebbe buttato a mare quell’esperienza. Ardentemente aspirava a calarsi nell’infanzia di un nuovo mondo. In fondo, come avrebbe detto il filosofo spagnolo George Santayana, il vero innovatore è un eterno fanciullo che mai trattiene l’esperienza accumulata. È con quest’animo purificato dalle scorie dell’ambiente tradizionale che egli s’accinse a tessere la sua tela. Inizialmente piccola e gracile, come testimonia un articolo del New York Times datato 22 giugno 1902. Scriveva l’editorialista: “Cinque o sei anni fa in tutta l’area metropolitana di New York circolavano meno di cinquanta veicoli a motore dai modelli più vari”, osservando con una punta di scetticismo che non sarebbe stato facile convertire all’uso dell’automobile quanti con regolarità amavano andare a cavallo e in carrozza. Passano due decenni e la ragnatela di Ford si è espansa a dismisura.
Cambia il panorama industriale, ma muta anche il rapporto che con il territorio ha il conducente di un mezzo di trasporto. Rispetto alla carrozza, infatti, si moltiplica per ben 15 volte la strada percorribile in un giorno con l’auto. I fili della ragnatela accorciano sensibilmente le distanze e creano nuovi collegamenti tra mercati, mercanti, produttori, fornitori e clienti. Il mondo avvolto da quella ragnatela cangia simultaneamente in più grande e in più piccolo. Più grande, giacché nell’unità di tempo abbraccia più persone. Più piccolo, perché avvicina individui, famiglie e imprese fino a ieri geograficamente lontane.
Morte e vita. La carrozza con cavalli è la preda che cade e muore nella ragnatela di Ford. Dalle uova nei bozzoli presenti sulla stessa tela nasce un nuovo ceto, quella classe media composta da proprietari di auto che dagli anni Dieci del Novecento in avanti gonfierà i muscoli dei diritti di proprietà e segnerà i destini della produzione di massa raffigurata dalla Ford T, l’auto in serie, prodotta in grande scala, semplice, affidabile, economicamente accessibile.
Per approfondimenti, il lettore può fare riferimento a: Piero Formica, Stories of Innovation for the Millennial Generation: The Lynceus Long View, Palgrave Macmillan, 2013