
Il piano per la Libia è pronto, ma si concretizzerà solo in caso di un mandato delle Nazioni Unite. Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore della Difesa italiana, ha partecipato venerdì 7 luglio a un incontro organizzato dall’ONU a New York, per fare il punto sugli obiettivi e sulle prospettive delle missioni dei Caschi Blu in tutto il mondo. A margine dell’iniziativa, alla quale hanno partecipato i responsabili delle forze armate di cento Paesi diversi, il Capo di Stato Maggiore ha affrontato con i giornalisti anche il tema del conflitto in Libia, oggi in fase di stallo: “Noi siamo pronti a contribuire, a fare la nostra attività” ha dichiarato Graziano, rispondendo a una domanda della Voce di New York. “Una pianificazione di impiego c’è ed è in atto, ma l’attuazione dipenderebbe evidentemente dal Governo italiano”.
Quello libico è uno dei fronti più caldi del Nord Africa. Un recente rapporto diffuso da Oxfam, Bordeline Sicilia e MEDU, in occasione del vertice dei Ministri degli Interni europei a Tallinn, ha evidenziato come migranti e rifugiati subiscano violenze di ogni genere, detenzioni illegali, stupri e torture. Il fenomeno dell’immigrazione sta mettendo in ginocchio gli equilibri precari dell’Unione Europea. Un altro recente rapporto della UNHCR ha messo in risalto come molti di coloro partiti dai paesi d’origine come migranti in cerca di migliori condizioni economiche, una volta giunti in Libia, diventino dei veri e propri rifugiati proprio per i pericoli che incorrono rimanendo nel territorio libico. E dal punto di vista politico, continua l’instabilità: da una parte il debole governo presieduto da Al-Serraj, con sede a Tripoli e riconosciuto dalla comunità internazionale. Dall’altra gli uomini del generale Haftar, che controllano la “mezzaluna del petrolio” tra Sirte e Bengasi e sono supportati da Mosca.
In questo contesto, la presenza militare italiana in Libia è rappresentata oggi da 300 unità, sulle circa 7000 complessive impiegate in missioni all’estero. Se la rappresentanza italiana più forte è in Iraq, con 1400 militari coinvolti in vari progetti, tra cui la difesa della diga di Mosul, le forze in Libia sono impegnate oggi in un’attività di assistenza al corpo medico e di addestramento e supporto alla guardia costiera e alle forze militari. La missione libica che potrebbe prefigurarsi in futuro, comunque, sarebbe ben diversa rispetto a quella che cambiò le sorti del conflitto in Libano nel 2006, tra Israele e Hezbollah. Era il 2 settembre di undici anni fa, quando a seguito della risoluzione ONU 1701, iniziò con l’operazione Leonte la Missione UNIFIL. Qualcuno, tra gli addetti ai lavori, vede un filo conduttore che lega il conflitto libanese di allora con quello libico di oggi. Ma per il Generale Graziano non è così: “In Libano era diverso: lì si erano create le condizioni politico-strategiche e si parlava di ‘capacity building’, della necessità di ricostruire delle forze già esistenti. Per la Libia siamo in un contesto di proiezione di stabilità: in ogni luogo ci vuole una missione attagliata”. E missione ci sarà, solo se sarà condivisa con le autorità locali: “Un intervento è prevedibile solo se il presidente libico lo richiederà” ha precisato Graziano.

Che nel suo discorso, durante la conferenza al Palazzo di Vetro, ha posto l’accento su alcuni punti in particolare. In primo luogo, l’importanza dell’ONU: “Il ruolo delle Organizzazioni Unite è fondamentale: attraverso le capacità e gli strumenti di numerosi Stati membri, l’ONU può indirizzare situazioni di crisi già consolidate o in via di sviluppo”. In seconda istanza, la necessità di garantire sinergia logistica tra le parti: “Per assicurare il successo delle operazioni di pace, a livello strategico, è necessario prima di tutto che ci sia un miglior coordinamento tra New York e i comandi delle singole missioni”. Poi una riflessione dedicata al Libano dove l’Italia, che ancora oggi è presente con il maggior numero di Caschi Blu all’interno delle Nazioni Unite, si ritagliò un ruolo di grande protagonista: “Come comandante della Missione UNIFIL dal 2007 al 2010, ho avuto la possibilità di capire personalmente l’importanza del contributo delle Nazioni Unite per la sicurezza globale: considero quella missione una delle più impegnative e più di successo promosse dall’ONU”.
Undici anni dopo l’inizio dell’operazione Leonte, però, il Libano è ancora oggi in difficoltà. L’equilibrio nella regione, nella quale sono presenti ancora oggi 1100 soldati italiani, è infatti messo a rischio da un problema ben conosciuto anche dall’Europa: quello dei rifugiati. In un periodo però in cui in Italia persino il PD e il segretario Matteo Renzi auspicano di “aiutare a casa loro” chi scappa dai conflitti, il Libano viceversa sta dando una lezione di silenziosa dignità al mondo, gestendo l’arrivo di quasi 2 milioni di persone in fuga dalla confinante Siria. “Considerate che il Libano (che ha le stesse dimensioni dell’Abruzzo, ndr) conta 4 milioni di abitanti: dovessimo fare un parallelismo è come se la Francia dovesse gestire un flusso di circa 30 milioni di persone” ha spiegato il Generale Graziano. Finora, però, il Paese sta tenendo e secondo il Capo di Stato Maggiore continuerà a farlo: “Sono bene organizzati e stanno gestendo il fenomeno con ordine: il mondo però dovrà continuare a supportarlo come sta facendo, anche attraverso la missione dei Caschi Blu”.