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January 13, 2017
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Flavia Sgoifo: vita di un’attrice a New York

Sua nonna è stata una grande attrice italiana degli anni 50. Oggi a provarci è lei

Chiara BarbobyChiara Barbo
flavia-sgoifo
Time: 5 mins read

Ogni anno a New York arrivano centinaia di nuovi attori pronti a sfondare nella Grande Mela. Che si tratti di Broadway, Off-Broadway, cinema indipendente o low budget, che si tratti di fare un personaggio di puntata, a New York, per un attore, vale tutto. Non solo perché tutto serve a fare esperienza, perché può fornire dei contatti o perché è un passo in più nell’avvicinamento alla professione, ma anche perché tutto aiuta a pagare gli esorbitanti affitti cittadini.

Ci sono poi moltissimi attori e attrici che arrivano da tutto il mondo a New York prima di tutto per imparare, migliorare professionalmente, e quindi frequentare le numerose scuole di recitazione della città, tra le più importanti al mondo. Tra questi giovani attori c’è Flavia , nata a Milano ma cresciuta in Grecia, patria del teatro, dove ha cominciato a recitare fin da ragazza.

Tennista professionista, riservata, è cresciuta senza sapere per anni che la nonna, Federica Ranchi, è stata una grandissima attrice italiana degli anni Cinquanta ritiratasi molto presto dal mondo del cinema e a un passo da Hollywood.

It runs in the family, qualcuno direbbe. Forse. Ma è certo che Flavia si è costruita come attrice passo dopo passo, ha studiato giornalismo e arte drammatica, fatto la gavetta, recitato, scritto e diretto fin da ragazza pièce teatrali, ha lavorato alla radio e in televisione, fino ad arrivare alla New York Conservatory for Dramatic Arts.

“Quand’ero piccola ero piuttosto chiusa e giocavo da sola immaginandomi altre vite. Nessuno si sarebbe mai aspettato che diventassi un’attrice […] Verso i diciassette anni mi sono resa conto che, quando guardavo un film o uno spettacolo teatrale, prendevo note, riscrivevo le battute, osservavo bene gli attori. Ho capito che quello che volevo era recitare.
Una volta entrata alla Scuola di arte drammatica ad Atene ho realizzato che non avevo nessun talento. Ero rigida a causa degli anni di tennis e non sapevo cantare. Però ho lavorato tanto, e nei tre anni di scuola sono migliorata sempre di più. Alla fine tutto questo mi ha permesso di avere una borsa di studio per la New York Conservatory”.

A New York Flavia recita, scrive, dirige, e pur venendo da una formazione teatrale con diversi spettacoli al suo attivo, di recente si è dedicata alla scrittura, direzione e interpretazione della serie web Typecast per YouTube (vedi video a fondo pagina).

Si tratta di una serie in cui racconta, con sguardo acuto e divertito, quel mondo fatto di attori e umanità eterogenea che lei ha sperimentato in prima persona, nel bene e nel male. Tra ironia e autoironia sui brillanti successi e le disastrose cadute del meraviglioso mondo del cinema e del teatro a New York, Flavia Sgoifo si divide tra mille lavori, dalla personal trailer alla conduttrice di un programma tutto suo su Hellas FM. È molto legata alla comunità greca di Astoria, dove abita e dove, a suo stesso dire, gli stereotipi di My Big Fat Greek Wedding (Il mio grasso grosso matrimonio greco) ci sono tutti: dalle chiassose tavolate in cui ci si strafoga di ogni ben di dio, rigorosamente greco, al calore di una comunità che è rimasta unita, solidale, orgogliosa di quella Grecia che ha lasciato e che, forse, non esiste più.

Da Astoria a Broadway, Flavia passa le giornate correndo per incastrare prove, provini, audizioni e lavori vari perché, è giusto dirlo, fare l’attrice a New York è probabilmente più difficile che altrove per ragioni economiche, logistiche e linguistiche. Se non sei americano quell’accento, anche se quasi impercettibile, c’è sempre. Allora i ruoli diventano pochissimi, e spesso quei pochissimi sono poco più che folklore. Senza contare che a New York la concorrenza è il mondo intero: ci sono tutti, e c’è sempre qualcuno che è più bravo di te.

Ora, essendo Flavia Sgoifo un’attrice, ma anche un’autrice, penso che le sue parole raccontino al meglio la vita di una giovane attrice a New York. In attesa di vederla presto off-Broadway nel ruolo di Ismene in Antigone e, sullo schermo, nel film horror Starling e nella serie Netflix Metropark, ecco cosa scrive.

“Recitare a New York sembra così glam ed eccitante… ma lo è veramente? Beh, immagino sia glam se sei Sarah Jessica Parker. Se sei un’attrice straniera con visto arrivata qui da sola significa, di fatto, fare cinque lavori per sopravvivere, avere a che fare con avvocati dell’immigrazione, documenti di tutti i tipi e cercare di risparmiare cinquemila dollari per il visto. Significa correre per la città tutto il giorno portandosi dietro almeno due borse piene di tutto, da un’audizione a uno dei tuoi cinque lavori passando per la lezione di pronuncia, poi la palestra, e l’altro tuo lavoro per tornare a casa a fine giornata a lavorare su una sceneggiatura.

Glam? Direi di no. Eccitante? Assolutamente si! Personalmente penso di non aver mai avuto talento in niente. Non sono mai stata una di quelle ragazzine talentuose o dotate nel canto, nella danza o nel far commedia. Da piccola ero veramente molto timida, solitaria e nessuno rideva mai alle mie battute. Il mio unico talento è sempre stato il mio amore per la recitazione. Amo così tanto la recitazione che ho praticamente passato tutto il mio tempo a lavorarci. Che fosse a scuola, alle lezioni private, alle prove, leggendo un libro, guardando un film, andando a teatro mi esercitavo sempre, anche scrivendo i miei pezzi e recitandoli da sola.

Sono fortunata perché, da ex atleta, ho imparato che la disciplina è la chiave per avere successo in qualcosa ed è l’unica che conosco.

Recitare è un lavoro a tempo pieno e, tristemente, di solito non pagato. Un attore deve lavorare sodo ogni giorno. Prepararsi per un’audizione significa: imparare a memoria le battute, costruire il personaggio, cercare informazioni su scrittore, regista e produzione, preparare una canzone, lavorare su uno specifico accento, preparare una coreografia, trovare il guardaroba appropriato e cercare di scambiare il proprio turno al lavoro con un altro senza far arrabbiare il capo.

Tutto questo è giusto perché gli attori devono essere sempre pronti per un provino, ventiquattro ore su ventiquattro, ma devono anche essere baristi, babysitter e dogsitter per riuscire a pagare affitto, cibo e foto per il book. E poi a ogni provino si presentano centinaia di attori, ci sono sempre quelli più alti, più magri, o che cantano meglio di te. Solo uno di noi ottiene la parte.

Una persona realista penserebbe che non ha nessun senso spendere così tanto tempo ed energie per qualcosa che molto probabilmente non otterrebbe mai. Ma gli attori non cercano il realismo cercano la magia, come dice Blanche DuBois in A Streetcar Named Desire (Un tram che si chiama Desiderio) di Tennessee Williams.

Gli attori sono creature delicate che usano il loro corpo, la loro voce, la passione e l’anima per raccontare una storia. E in ogni prova, spettacolo o ciak quella storia è nuova, fresca ed eccitante. Nonostante tutte le difficoltà gli attori sono felici di quello che fanno.

Ci vogliono dedizione, fiducia e tanta energia, ma alla fine se fai quello che ami impari a trovare gioia anche nella fatica, perché la verità è che non potremmo mai passare neanche un giorno facendo qualunque altra cosa!”.

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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