Brutte notizie per Hillary Clinton. A meno di cinque giorni dal tanto atteso 8 novembre, l’onda d’urto della bomba lanciata venerdì scorso dal capo dell’FBI James Comey ha investito in pieno la ex first lady, che negli ultimi sondaggi è letteralmente crollata subendo l’incredibile recupero di Donald Trump. I numeri parlano da soli: a livello nazionale la media delle ultime rilevazioni è ormai tutta nel margine di errore (ovvero con una differenza tra i due candidati inferiore ai quattro punti percentuali) ed è inoltre molto probabile che swing states come Ohio e Florida finiscano nelle mani del tycoon. Non bastasse, nei contesti in cui la Clinton non può assolutamente perdere pena la disfatta (come le roccaforti democratiche della Pennsylvania e Michigan o ancora il Colorado, la Virginia e il North Carolina), il recupero del candidato repubblicano erode di giorno in giorno il suo vantaggio.
Di fronte a un assedio di tali proporzioni, però, come nei migliori film western a un certo punto interviene la provvidenziale carica del settimo cavalleggeri. E in soccorso di Hillary è arrivato, come altre volte in questa campagna elettorale, Barack Obama, che dopo un silenzio istituzionalmente corretto nei giorni immediatamente successivi all’annuncio di Comey è partito all’attacco, entrando anche lui nella mischia con parole molto dure contro l’FBI.
In un’intervista concessa giovedì, il Presidente non ha usato mezzi termini: “penso che ci sia una regola, e cioè che quando sono in corso delle indagini, non si opera per insinuazioni. Non si opera sulla base di informazioni incomplete. Non si opera sulla base di fughe di notizie. Si procede invece sulla base di decisioni concrete” ha affermato Obama con chiaro riferimento all’ambigua lettera di Comey al Congresso.
Sul comportamento del vertice dell’agenzia investigativa, d’altronde, in questi giorni si è scatenato il fuoco mediatico. Era un atto dovuto quello di Comey? O una premeditata mossa politica per favorire i compari del GOP in grave difficoltà? Queste le domande ripetute senza sosta da giornali e televisioni. In proposito, rispondere è ancora difficile. Con le confuse notizie a nostra disposizione, restano alcuni fatti, i quali portano inevitabilmente a conclusioni opposte. Sappiamo infatti da indiscrezioni della stampa che Comey ha dovuto in questi mesi affrontare una vera “sommossa sotterranea” interna all’FBI proprio sulle vicende della Clinton, con fazioni schierate su linee diverse riguardo all’atteggiamento da tenere nei confronti della ex Segretario di Stato. Non notificare il nuovo ritrovamento di mail al Congresso (circostanza alla quale era formalmente tenuto), avrebbe potuto creare un altro scandalo, soprattutto se la notifica fosse stata data subito dopo l’election day. Dall’altro lato, però, non sfugge a nessuno come le modalità dell’annuncio siano state sospette e paiono francamente architettate per infliggere un danno politico a Hillary. Insomma, sembra che con la scusa formale del rispetto della legge il capo dell’FBI abbia colto la palla al balzo per dare una mano al GOP, fino a quel momento in crisi anche nelle elezioni dei congressmen.
Quale che sia la verità, al duello tra Hillary e Donald si è ora affiancata una nuova sfida, tutta fuori dagli schemi tradizionali della politica a stelle e strisce, di solito improntati al rispetto delle forme, tra la presidenza e un’altra importante istituzione nazionale come l’FBI.
Ennesimo effetto collaterale di queste elezioni cosi atipiche.
Oltre a prendere una netta posizione contro Comey, Obama ha poi messo in gioco tutta la sua influenza politica per cercare di dare l’ultima spinta alla Clinton. A preoccupare il Presidente è lo scarso entusiasmo per la ex first lady da parte delle minoranze, che si teme possano disertare le urne arrecando grave danno al campo democratico. Fu proprio grazie al sostegno della comunità nera e ispanica che Obama riuscì a prevalere su Romney nel 2012, ma ora le stesse fasce di elettorato sono molto più tiepide nei confronti di Hillary.
Le recenti frasi di Obama in merito sono state perentorie: “Abbiamo tutti i parametri per vedere cosa sta accadendo, e per ora il voto dei latini sta salendo. Il voto complessivo è su. Ma il voto della comunità afroamericana non è così solido come dovrebbe essere”, ha detto. La missione del Presidente (e la settimana scorsa anche della first lady Michelle) si è concentrata nello stato del North Carolina, dove sta tenendo gli ultimi comizi. Si tratta di uno dei contesti in bilico più a rischio per Hillary e per molti una delle chiavi della vittoria per la candidata democratica. Gli Obama hanno sperimentato sulla loro pelle la difficoltà di conquistare quello stato, vinto nel 2008 per un soffio e perduto nel 2012 con un margine altrettanto sottile.
Le parole di Barack negli ultimi comizi sono un accorato appello agli elettori: “Il destino del mondo è incerto e voi del North Carolina siete chiamati a far sì che riusciamo ad andare nella giusta direzione […] non ci sono io sulla scheda, ma vi dirò una cosa: la correttezza è sulla scheda, la giustizia è sulla scheda, il progresso è sulla scheda, la nostra democrazia è sulla scheda”. In caso vincesse Trump, le sue riforme verrebbero immediatamente abolite, e il presidente non smette di ripeterlo (a ragione) in ogni occasione.“Se veramente avete a cuore la mia presidenza e quello che abbiamo fatto in questi otto anni, votate” ha detto. Più che una battaglia per Hillary questa è una lotta per salvare la sua eredità.
Un’ultima, infiammata carica per lasciare un segno nella Storia.