Avevo deciso di iniziare oggi questo pezzo così: non è vero che il futuro non sia roseo. Renzi è ancora in bilico ma in Italia abbiamo finalmente una certezza: Carlo Conti condurrà anche Sanremo 2017. Più sicuro del papa. Cavallo che vince non si cambia. Dopo 40 anni di figure penose, si è potuto dare il titolo di re almeno a un presentatore: re Carlo. Nostalgia monarchica di quell’Italietta che vive sognando con la lettura dei rotocalchi. Conti è un professionista che sa fare il suo mestiere e la cosa ha meravigliato a tal punto da mettergli una corona sulla testa. Almeno sappiamo che ci farebbe fare una bella figura anche al posto di Renzi, forse pure migliore.
Poi avrei parlato del papa che ha cercato di buttare giù il muro di parole di Trump. Tema caldo e complesso quello dei confini: avremo di cosa parlare per mesi, se non per anni. Certo è che la concezione del “buon cristiano” si è affermata nell’ultimo mezzo secolo grazie alle guerre combattute fuori dai nostri confini europei, ma non è quella che la Chiesa ha professato per secoli, quando difendeva anche con la spada la propria sovranità spirituale. Bisognerà ragionare sul buonismo ad oltranza, perché non si può predicare di offrire l’altra guancia in tempi in cui ti tagliano direttamente la testa. E se non te la tagliano, ti fanno il lavaggio del cervello, perché bisogna conoscere un solo libro: il Corano.
Cosa hanno cercato per secoli gli europei? Per cosa hanno combattuto in Terrasanta? Cosa tiene ancora in vita sette esoteriche o segrete? Cosa ancora affascina nelle letture e nei film? La ricerca del graal. Un calice che dava enormi ricchezze e potere illimitato, pensano gli ignoranti. Macché: graal deriva da gradalis, che significa libro. Il libro della conoscenza: il sapere esoterico senza confini, racchiuso in miliardi di libri. Alla cui ricerca dedicare l’esistenza. Un sapere spirituale che proveniva dall’alto e portava in alto. Il grande segreto era: quanto più si conosce, tanto più si è liberi. C’è ricchezza più grande? Sì, quella materiale che oggi è l’unica ricchezza, perché i somari hanno mangiato le rose. E nessuno sa più declinarle.
Si incominciava in prima media con rosa-rosae… I più curiosi sono arrivati a cavalcare i confini della conoscenza. Ma ora la conoscenza ci viene servita comodamente a tavola, preparata con ricette prestabilite da chi vuole nutrirci il pensiero, e adornata di petali per farci credere che le rose siano commestibili. Basta avere i soldi per pagare e, per arrivarci, ci si abbassa al rango di somari. Vendere l’anima, la nostra libertà di pensiero, ci sembra un buon affare.
Con la morte di Umberto Eco, giardiniere delle rose della conoscenza, parlare delle parole diffuse urbi et orbi tra Sanremo, san Renzi o il santo papa è fare l’ennesima cronaca della miseria culturale umana. Sorvolando su personaggi che ci vengono ammanniti giornalmente ma che nemmeno i quadrupedi, di cui sopra, digerirebbero: come Maroni alias Marino 2, Bertolaso, Grillo… elenco poderoso nella sua inutilità.
Tornando dalle stalle alle stelle, inizio – in verità finisco – il mio pezzo con l’ultima frase del primo romanzo scritto da Umberto Eco, Il nome della rosa: “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus”. Il significato esoterico della traduzione, letteralmente semplice, è stato un rompicapo. Wikipedia traduce così: “La rosa primigenia esiste come nome, possediamo nudi nomi”, spiegando che non possiamo cogliere l’essenza delle cose, perché di tutte le cose alla fine non resta che un puro nome, un segno, un ricordo. Io invece tradurrei così: “L’antica rosa s’innalzò con il nome, noi abbiamo trattenuto nomi disadorni”. Di un nome ricordiamo solo la parola, senza capirne più il significato originario, autentico, e il cui valore è cresciuto proprio con il diffondersi del suo profumo. Era il profumo del cibo che arrivava agli dei, dimostrazione del sacrificio-impegno umano. Quel profumo che sale è l’onore, il valore, la dignità di un uomo, che per tener alto il suo nome è disposto appunto a sacrificarsi. Ai più sembra leggenda.
Cogliere il significato non letterale della sintetica lingua latina è quello che mi hanno insegnato al liceo classico, scuola ormai considerata inutile. Le parole hanno molti significati, e fortunatamente io ho ancora il vecchio vocabolario Castiglioni Mariotti; i verbi sono secondo me al presente storico.
Se il libro di Eco, come tutti i suoi libri, è stato un continuo viaggio di ricerca dell’essenza del significato dell’esistenza attraverso i segni che lasciano le parole, il suo graal egli infine l’ha trovato. E ci ha insegnato la strada per cercare il nostro.