Qualche settimana fa, dalle parti di Cefalù, i cinghiali in libertà hanno ucciso un uomo. Dopo lo scarica-barile tra governo regionale e soggetti e enti che, alla fine fanno capo sempre alla Regione (Parco delle Madonie ed altro) è partita la ‘macchina’ della propaganda: “faremo questo, faremo quello”. Risultato: uguale a quello della gestione dei fondi europei, ovvero il nulla.
Che fare? Aspettare un altro incidente, visto che la Sicilia è piena di cinghiali in libertà? Sull’argomento intervengono i deputati del Parlamento siciliano del Movimento 5 Stelle, che hanno presentato un’interrogazione, rivolta, ovviamente, al governo regionale. I grillini pongono alcune domande: perché i piani di cattura dei cinghiali nel Parco della Madonie non sarebbero mai stati attuati? E di chi è la responsabilità dell'introduzione della specie nella zona? E ancora: perché il presidente del Parco delle Madonie ritiene il metodo di cattura tramite 'braccata' migliore di quello con i chiusini?
Per approfondire la questione i deputati grillini hanno messo in cantiere pure una serie di accessi agli atti, per appurare fino a che punto le determinazioni prese in passato sull'argomento siano state applicate.
“Da una nota del 20 Maggio 2014 dell'assessorato Risorse agricole in risposta al Comune di Castellana Sicula,
– affermano i deputati – abbiamo appreso che il piano di cattura e successivo abbattimento (quindi con l'uso dei cosiddetti chiusini) non sarebbe mai stato applicato, contrariamente a quanto dichiarato dal presidente del Parco, Pizzuto, durante la seduta informale che si è tenuta l'11 agosto in IV Commissione all'Ars. Infatti – sostengono i parlamentari Cinquestelle – da questo documento si apprende che con ben 2 note del 2013 e del 2014, l'Ente Parco afferma, prima, di non aver attuato il piano per mancanza di risorse finanziarie e, poi, chiede una proroga del piano di cattura nelle more del reperimento delle suddette risorse. Quindi, a meno che non siano accaduti improvvisi miracoli, non capiamo quando, ed eventualmente con quale efficacia, sia stato mai applicato il piano”.
Oltre alla mancata applicazione del piano i deputati del Movimento 5 Stelle contestano al presidente del Parco delle Madonie il metodo di cattura da lui sostenuto (la cosiddetta braccata) e la sua proposta di allargare la platea dei selettori, anche a squadre organizzate di cacciatori.
“Il presidente del Parco – afferma la parlamentare Valentina Palmeri – dovrebbe sapere innanzitutto che la caccia è vietata all'interno delle aree naturali protette e che l’abbattimento selettivo con il metodo della 'braccata', cioè con cacciatori di selezione coadiuvati da mute di cani, rappresenta il metodo peggiore di controllo della fauna, come sostenuto anche dall’Ispra, in primo luogo perché provoca la rottura delle gerarchie all’interno del gruppo stesso e la dispersione del gruppo di suidi, che fuori controllo provocano maggiori danni. In secondo luogo perché la 'braccata' causa indirettamente impatti negativi anche su altre specie di fauna presenti nel Parco, alcune delle quali particolarmente protette. Al contrario della braccata, la cattura con i chiusini ed il successivo abbattimento, previsti dai piani di controllo approvati, ma, a quanto pare, mai applicati, eliminerebbe l’intero gruppo familiare e risulterebbe molto meno invasivo".
"Il caso suidi – sostiene la deputata Claudia La Rocca – è un altro capitolo ingarbugliato della nostra Regione da approfondire. Insomma, una legge già esistente, (legge regionale n. 12 del 2008), mai applicata o applicata parzialmente fra versioni contrastanti. Sicuramente un'imminente richiesta di accesso agli atti da parte nostra ci chiarirà quanto in realtà sia stato fatto e se è vero che il piano di cattura, ormai ritenuto una soluzione blanda, sia stato realmente applicato, per quanto tempo e con quali risultati. Siamo consapevoli dell'estrema emergenza che ci ritroviamo davanti e che la dichiarazione di stato d'emergenza sembra l'unica strada percorribile. Ricordiamo, però, al presidente del Parco che la norma recentemente approvata recita che le attività di abbattimento diretto non costituiscono in nessun caso esercizio di attività venatoria”.
Sulle responsabilità della Regione mette l'accento il presidente dalla commissione Ambiente del Parlamento siciliano, Giampiero Trizzino, anche lui esponente del Movimento 5 Stelle. “Le leggi già c'erano dal 2008 – sottolinea Trizzino -. E' paradossale che l'amministrazione si muova sempre e solo dopo una tragedia”.