Confesso. Sono un orfano delle guide. Ne sento la mancanza e il bisogno, perché le guide, quando sono ben fatte, mi divertono e mi sono utili. Ovviamente mi riferisco alle guide gastronomiche, perché le guide turistiche, bene o male, continuano a essere interessanti ed esaurienti. Perfino troppo, in certi voluminosi casi. Delle guide gastronomiche, purtroppo, non si può dire la stessa cosa. È così da anni, non solo in questi tempi in cui la pandemia rende tutto più difficile.
Prima di Natale, le nuove edizioni delle principali guide arrivano nelle librerie italiane (in altri paesi, come la Francia, i tempi di uscita sono diversi). Sfoglio quei grossi volumi freschi di stampa e cresce la delusione, come lo scorso anno, come l’anno ancora prima. Quasi mai le pochissime novità riguardano ristoranti dal prezzo accessibile, adatti a una famiglia normale. Sogno una guida che non si limiti a incensare i cuochi e i ristoranti che più o meno tutti conoscono, a distribuire mezzi voti in più o in meno. Mi piacerebbe trovare un indirizzo sorprendente, magari sconosciuto, anche uno solo. Il migliore ristorante aperto negli ultimi cinque anni nella mia città non ha ancora fatto capolino sulla Michelin e nemmeno sulle sue concorrenti. È come se una fitta nebbia bloccasse le antenne, impedisse ogni scoperta, disinnescasse ogni curiosità.
Certo, i tempi non aiutano. La concorrenza del web e della sua mediocre informazione gratuita ha prodotto danni vistosi. Tripadvisor non sarà il massimo dell’autorevolezza e dell’attendibilità, ma è gratis. Gratis è la parola magica del nuovo millennio, il millennio che premia la bassa cucina a basso costo e che all’informazione sostituisce la pubblicità, più o meno occulta. Come i giornali di carta, le guide di carta costano, quando sono fatte bene. E certi costi non li regge più nessuno. Ma tagliando le spese la qualità crolla e con lei crollano i motivi per acquistare giornali e guide. Così, le tirature di centinaia di migliaia di copie che in Italia erano la norma di fine secolo, sono un amaro ricordo per tanti giornali e per tante guide.

Penso con rimpianto alla guida dei ristoranti dell‘Espresso che il grande critico Edoardo Raspelli dirigeva 25 anni fa. Ricordo la sua originalità, la serietà e l’efficacia. Raspelli sapeva anche essere spietato. Di un ristorante scrisse: “Faceva i tortellini più piccoli e più buoni del mondo. Sono rimasti i più piccoli”. In quattro righe massacrava i ristoranti dei traghetti che facevano la spola tra Livorno e la Sardegna. Giudizi a volte terribili. Ma il turista che stava per salire su quel traghetto veniva a sapere che l’idea di portare con sé un buon panino non era poi così stupida. Sfoglio le guide appena uscite e non trovo altrettanta freschezza e sincerità. I tempi sono cambiati e forse i ristoranti sono mediamente migliorati. Non altrettanto le guide che, ovviamente, vendono sempre meno (anche se questa è solo una sensazione, diffusa tra i librai e i lettori, poiché pochi segreti in Italia sono custoditi meglio delle vere cifre di vendita del settore).
Chi scrive e vende guide dovrebbe cominciare a porsi qualche domanda e probabilmente lo sta facendo da tempo. Prendiamo ad esempio la Michelin che, nonostante evidenti difficoltà e frequenti critiche, resta la guida più celebre e più temuta (soprattutto dai cuochi e dai ristoratori). La stella Michelin è ancora un importante traguardo che pesa (molto) anche sui fatturati. Sono belle e sincere le lacrime di commozione dei giovani cuochi neo-stellati che ogni anno calcano il palcoscenico della cerimonia di presentazione della mitica ‘Rossa’. Però. Siamo sicuri che il poderoso esercito di ispettori che giudicano migliaia di ristoranti sia davvero così poderoso? Siamo sicuri del contrario. E siamo certi che la regola dell’anonimato sia così ferrea e rispettata? Qualche ristoratore ignorato dalla guida sparge veleni e falsità: “Per esserci basta pagare”.
Non è vero, ne sono profondamente convinto. Ma resto male quando il proprietario di un locale, da sempre citato dalla Rossa, mi confida: “L’ispettore Michelin? È bravo e simpatico, ma non si fa vedere da due anni”. La fiducia non aumenta quando si legge che uno storico ex direttore della Michelin Italia, dopo l’addio alla guida in cui ha lavorato per 35 anni, ha aperto un servizio di consulenza per ristoratori. Come dire: non hai la stella Michelin? Ti insegno come ottenerla. Qualcosa non quadra, anche se l’interessato, intervistato, negò energicamente ogni conflitto d’interessi: “Sono due mestieri completamente diversi”.
Così, anno dopo anno, le guide convincono sempre meno. Non usciranno da una crisi irreversibile se non riusciranno a ritrovare freschezza, originalità, sincerità, tempestività. Impresa ardua. Nel frattempo, i locali più interessanti e meno famosi non li scopriremo sfogliando le bibbie della critica gastronomica, ma continuando ad ascoltare amici e conoscenti che da anni, come noi, cercano indirizzi di qualità. Si chiama passaparola e ha una magica prerogativa: è gratis.