Si sente spesso dire, di questi tempi, che i ristoranti possono uscire dallo tsunami della pandemia puntando sull’organizzazione, sul rispetto delle materie prime, su menù più corti ma sempre freschi e rinnovati. Se in questo ci fosse del vero, e probabilmente ce n’è, un buon cuoco dovrebbe studiare attentamente ogni mossa di un vivacissimo talento veronese di 56 anni che si chiama Giancarlo Perbellini.

Talento culinario e imprenditoriale. Con le sue idee originali e ambiziose, con i piedi sempre ben piantati per terra, Perbellini è un concentrato di fantasia, energia e concretezza. Il suo ristorante più importante è in pieno centro a Verona, Casa Perbellini, due stelle Michelin. Ma negli ultimi tre o quattro anni ha aperto un locale a Milano, uno nel Bahrain, uno in Sicilia e un altro, il 9 maggio scorso, sul Lago di Garda. Non si può certo dire che l’effetto Covid lo abbia bloccato. Nel frattempo lo chef continua a ricevere prestigiosi premi per l’innovazione, per le capacità manageriali, per la qualità della sua pasticceria (Perbellini è figlio di pasticcieri e il suo grande millefoglie ce lo ricorda splendidamente). Insomma, il cuoco veronese è uno dei nomi più brillanti dell’alta cucina italiana. Sempre protagonista, mai borioso mattatore. Pochissima tv, tanto lavoro, garbo e misura, precisione maniacale in piatti che spesso sembrano semplici ma non lo sono affatto. La sua è una cucina moderna, pure nelle tecniche, lontana dalle sperimentazioni azzardate ma anche dalla noia di una tradizione stancamente uguale a se stessa. “È una cucina attuale, italiana da Nord a Sud”, sintetizza lo chef che non usa celle frigorifere e fa la spesa quasi tutti i giorni, come i migliori maestri francesi. “Abbiamo scorte per due o tre giorni al massimo, il pesce arriva il mercoledì e il giovedì”.

Giancarlo Perbellini è nato a Bovolone, in provincia di Verona, il 29 novembre 1964. Ha fatto esperienze importanti al San Domenico di Imola e in diversi grandi stellati francesi. Rientrato in Italia, ha aperto il suo primo ristorante nel 1989 a Isola Rizza (Verona). Stella Michelin nel 1996, due stelle dal 2002. Nel suo locale di Verona lavorano 11 persone per una ventina di coperti. È un indirizzo innovativo e originale che ha rotto molti schemi classici, a cominciare dal modo di accogliere i clienti. “A Casa Perbellini – spiega lo chef -suoni alla porta, ti apparecchiamo la tavola al momento, i ragazzi hanno la giacca e il papillon ma anche i jeans e le scarpe da ginnastica. Abbiamo un po’ infranto le regole sulla classicità del ristorante gourmet. Con la cucina a vista la gente può capire come nasce un piatto e come si svolge il servizio”.

Non è facile gestire una rete di dieci locali, sparsi dalle Prealpi alla Sicilia, cercando di mantenere uno stile costante, personale, preciso e riconoscibile. A Verona, nel suo ristorante di punta, il cuoco è molto presente. Ma che cosa c’è di Perbellini negli altri suoi locali? “C’è un’impostazione dell’idea – risponde lo chef – un metodo che vuol dire qualità, ricerca, tentativo costante di approssimarsi alla perfezione. Nelle nostre locande, a Milano o a Verona o altrove, interpretiamo una cucina italiana col mio gusto, con i miei occhi. Ci sono rivisitazioni, a volte ripropongo vecchie ricette di un repertorio piuttosto ampio. Faccio questo mestiere da più di quarant’anni, qualche piatto buono l’ho azzeccato anch’io. Ogni tanto lo riciclo”. Uova, riso, scampi e pomodoro sono gli ingredienti che scatenano più efficacemente la fantasia dello chef. Ma qualche creazione, più di altre, gli ha dato memorabili soddisfazioni. “Nella vita di un cuoco possono esserci migliaia di piatti – sorride Perbellini – ma ce n’è sempre uno solo che senti più tuo. Nel mio caso è il wafer al sesamo con tartare al branzino. È un buon concerto di sapori: liquirizia, caprino, sesamo, pesce, erba cipollina. Unisce spontaneità e complessità”.

Ogni stagione porta nuove idee. “Cambio i menù sei o sette volte all’anno – racconta Perbellini – Non riesco a non farlo, è una mia esigenza”. Tra gli ultimi inediti c’è un bouquet di pesci, crostacei e verdure. È un’insalata di asparagi glassati con tre piccoli pesti di pomodoro, acciughe e olive, abbinata a crostacei saltati e pesci scottati.

“La cucina italiana ha smesso di sbirciare all’estero – spiega lo chef – Finalmente è tornata in Italia. Massimo Bottura ha fatto uno sconvolgimento mondiale, ci ha sdoganati ad altissimo livello. Oggi dall’estero ci guardano con un’attenzione incredibile. Resta un grosso problema di base: a differenza di Francia e Spagna, non abbiamo un adeguato supporto delle istituzioni. Ci sono i presidi Slow food, ma non c’è tutela e valorizzazione delle filiere. Lo Stato non ci difende”.
Tra l’apertura di un nuovo locale e la creazione di un piatto geniale, Perbellini non ha mai perduto la passione di viaggiare: “La mia città del cuore è New York. La detestavo, poi ho lavorato là per cinque mesi. Non mi fa impazzire a livello gastronomico, non c’è mai una vera pulizia di sapori. Ma è una città che dà una carica energetica incredibile”.