Quando si sente parlare di ristorazione di qualità, di cucina tradizionale ed internazionale e ricchezza enogastronomica il binomio che balza presto all’attenzione è certamente quello dei due paesi europei guida del gusto e del buon mangiare, l’Italia e la Francia.
L’Italia, insieme ai suoi cugini d’oltralpe, vanta un patrimonio gastronomico estremamente vasto che insieme alla ristorazione di qualità rappresentano alcune tra le tante affinità che i nostri due Paesi condividono e dalle quali reciprocamente traggono ispirazione.
Basta pensare alla vastità delle opere di design ed architettoniche francesi che si ispirano alle produzioni italiane o alle creazioni d’arte culinaria dove l’Italia ha tratto ispirazione dalla Francia a partire da circa 50 anni fa grazie alla cucina di Gualtiero Marchesi, chef pluri-stellato che si è formato in Francia e ha dato inizio ad una nuova era della ristorazione d’eccellenza italiana.
Perciò sicuramente esiste questo rapporto di condivisione, di amicizia e di stima tra i nostri due Paesi ma è anche vero che spesso le idee su questo tema sono contrastanti.
Succede in campo artistico, in campo gastronomico, in campo vitivinicolo e in molti altri settori delle nostre due grandi culture che si incontrano e si scontrano ormai da decenni su questo palcoscenico.
Negli anni questo rapporto ambivalente, e se vogliamo anche un po’ paradossale, ha dato inizio a diversi confronti tematici nati proprio per cercare di trovare un nodo da sciogliere nella storia delle nostre due culture così simili o proclamare un vincitore invano di questa danza secolare.

Tra questi confronti, è nato un talk poco prima delle feste natalizie organizzato dalla Vento & Associati, un’agenzia di marketing e comunicazione strategica specializzata in Public Affairs e Relazioni Istituzionali.
Nel talk del 17 dicembre 2020 sono intervenute alcune tra le voci più influenti del panorama gastronomico moderno italiano e francese tra cui il Presidente della Fondazione Gualtiero Marchesi Alberto Capatti, gli chefs Michel e Sébastien Bras famosi nel panorama gastronomico francese ed internazionale ed anche Simona Marchesi, artista e figlia di Gualtiero Marchesi.
Condotto dalla giornalista Maria Latella, nel talk si è discusso sulla partecipazione e sullo scambio tra la cultura italiana e francese nel settore della ristorazione e della produzione di beni enogastronomici ed è stato anche affrontato il tema della ripresa dei ristoranti dopo la crisi pandemica dovuta al Covid-19 ponendo l’accento su quale sarà il futuro della ristorazione dopo questa esperienza e quali saranno le differenze con il passato.

“La storia che la ristorazione ha avuto negli ultimi 40-50 anni, gli anni di Marchesi e delle sue visite in Francia, costituiscono una sorta di punto di attenzione iniziale di questo percorso. Il merito di Marchesi, insieme ai grandi cuochi della Nouvelle Cuisine, è di capovolgere totalmente la nozione di primato e la nozione di priorità nell’ambito gastronomico e ristorativo, di lavorare ad un modello che è stato riconosciuto e si è attivato ed ha continuato ad essere un dialogo incessante tra le nostre due culture. I cuochi presenti oggi sono testimoni di questa esperienza. Inizialmente tutto questo era considerato un paradosso, un insulto alla cucina francese, che adesso si sta riformulando totalmente attraverso una simbiosi.” Ha detto Alberto Capatti nel talk di giovedì 17, presidente della Fondazione Gualtiero Marchesi e storico della cucina e della gastronomia.
Senza dubbio oggi esiste una simbiosi tra le nostre due culture, specialmente nella storia culinaria e vitivinicola che i due Paesi condividono ma, come sappiamo, i francesi sono stati i primi a saper cogliere il grande valore dei prodotti che entrambe le nostre terre sono capaci di dare.
Basta pensare al conio del termine francese “terroir”, di cui non esiste traduzione letterale in italiano ma che si identifica nella particolarità ed unicità dell’incontro tra la composizione del terreno e le caratteristiche microclimatiche di una determinata e specifica zona, che i francesi valorizzano già da decenni mentre gli italiani hanno imparato a valorizzare questo aspetto solo dopo la rivoluzione della cucina e della viticoltura italiana nata circa 50 anni fa.
Ma è anche vero che, dopo aver imparato anche noi a prenderci cura delle nostre terre, dei beni che producono e dei nostri valori, abbiamo bisogno di sviluppare un altro aspetto fondamentale ovvero quello di fare rete e sistema tra le realtà coinvolte in questo settore.

“Il rapporto Italia-Francia è un rapporto di affinità culturale, con divergenze e convergenze. – ha detto Aldo Colonetti, filosofo e storico dell’arte e del design ed ex Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Design (IED) – Per la cucina sì, esiste un pareggio tra le due realtà, mentre per quanto riguarda il design ma anche l’architettura, noi siamo un laboratorio unico al mondo tant’è vero che tutti i più grandi designer francesi lavorano in Italia con le nostre aziende. Cosa penso che tutti noi guardiamo con invidia alla Francia? Il fatto che la Francia fa sistema, agisce operativamente su tutti i temi sopratutto nei mestieri del mondo artigianale; al di là del momento storico in cui viviamo, da sempre la Francia ha maggiori sensibilità in questo.”
Nel talk Maria Latella ha chiesto ai due chefs francesi, padre e figlio Michel e Sébastien Bras, una fotografia ad oggi della situazione che sta affrontando la ristorazione in Francia, “vista l’esperienza con il Covid-19 che ci ha resi Paesi gemelli anche in questo” ha detto la giornalista, e ancora cos’hanno imparato i due cuochi da questa annata e se c’è qualcosa che cambierà nel modo generale di fare ristorazione dopo questa esperienza.

“La situazione, come voi immaginate e sapete, è una situazione inedita. E’ chiaro che da questa situazione dobbiamo capire quali sono gli insegnamenti che possiamo trarre. Sicuramente è cambiato e cambierà il concetto e l’idea di mangiare e mangiare bene. Sto parlando della cucina non elaborata, della cucina fatta di prodotti nobili, della cucina di campagna. Dopo questa crisi avremo imparato, e forse era proprio il momento di farlo, a stare insieme a tavola e vivere la tavola come un momento comune di condivisione. Credo proprio che perderemo un po’ quest’idea di cucina di immagine per abbracciare una nuova cucina di condivisione.” Ha detto lo chef Michel Bras che nel 1999 ottenne tre stelle Michelin, più volte definito dalla stessa guida un artista, e aggiunge suo figlio Sébastien: “Io credo che domani la ristorazione diventerà sempre più localizzata. Ho sentito parlare prima delle differenze tra la cucina italiana e quella francese ma secondo me le differenze sono già all’interno del singolo Paese.”
Tra gli altri chef che, come Gualtiero Marchesi, hanno trovato in se’ una sintesi tra l’esperienza della cucina italiana e quella francese c’è Simone Cantafio, intervenuto anche lui nel talk, che dopo aver trascorso tre anni con Marchesi è approdato alla Maison Bras fino a diventare il direttore del ristorante della famiglia Bras a Tokyo: “Sono circa dieci anni che collaboro con Michel e Sébastien, come dicevano loro condivido questa filosofia. Anche io non identifico tanto la mia cucina per il luogo in cui mi trovo ma mi identifico davanti al prodotto con cui mi vado a relazionare e cerco di reinterpretarlo con quello che è il mio carattere, la mia storia e il mio sentimento. Non è tanto un approccio di bandiera quanto più sentimentale ed umano. Questa penso sia la bellezza del nostro lavoro.”

Ma anche Enrico Crippa che inizia come cuoco lavorando insieme ai grandi maestri della cucina, da Gualtiero Marchesi a Michel Bras, mentre nel 2005 fonda ad Alba il suo ristorante Piazza Duomo ed interviene nel talk dicendo: “Condivido in pieno quanto è stato detto, sia io che la famiglia Bras abbiamo sempre percorso questa direzione. Viviamo questa generosità non solo nel piatto ma anche su tutto quello che gira intorno ad un ristorante, come l’accoglienza e l’approccio con il cliente. Mi sono accorto nella fase del primo lockdown, dopo che abbiamo potuto riaprire i ristoranti, di una cosa molto importante ovvero che l’impossibilità di viaggiare ha portato l’Italia e l’italiano ad essere più partecipe di tutto ciò che ha intorno a se’.”

Tra coloro che hanno mostrato un punto di vista forse più critico della relazione tra l’Italia e la Francia, sia in ambito culinario ma anche politico, commerciale ed economico, c’è stato Sergio Vento, già ambasciatore d’Italia a Parigi (e a Washington!) e Presidente della Vento & Associati, che ha portato alla luce una fotografia interessante del rapporto tra i nostri due paesi ed offre un’immagine più cruda ma forse più reale e meno romanzata di quest’esperienza secolare. Quello che Vento ha messo in luce è questo sentimento da parte della Francia di voler rivendicare i meriti sul risveglio italiano nella cultura culinaria e nella valorizzazione delle arti ma senza riconoscere all’Italia le sue meritate vittorie.
“Io sarò molto felice quando qualche amico francese organizzerà in Francia una serata speculare a questa. È chiaro che attraverso 5 secoli l’Italia ha proiettato il suo gusto e i suoi talenti in Francia e questi sono stati in larga misura assorbiti ma non sempre riconosciuti da parte francese. Il fatto è che al di là delle manifestazioni di calore a livello personale, di amicizia e di relazioni è possibile registrare la forza delle Istituzioni francesi che ha avuto il sopravvento sull’Italia coniugata anche alla debolezza delle Istituzioni italiane fino al momento dell’Unificazione. La realtà è che negli ultimi 30 anni gli italiani all’estero hanno fatto molto meglio dei francesi, c’è stata una proliferazione di ristoranti italiani a Tokyo, Shanghai, New York, Los Angeles, Dubai; l’Italia è cresciuta molto e chiaramente non ha fatto molto piacere ai nostri vicini e amici francesi.”
Per concludere, l’intervento di Simona Marchesi. Simona è una musicista, figlia del padre della cucina moderna italiana ed in qualche modo quindi anche sorella di questo movimento, ha armonizzato la figura di suo padre ed ha raccontato la sua volontà o necessità di trovare il modo di elevare la cucina in Italia ad una forma d’arte attraverso l’uso di colori e forme oltre che di sapori e odori.

Spinto forse anche dall’ambiente che era solito frequentare fatto di pittori, artisti e musicisti, Gualtiero Marchesi aveva bisogno di trovare il modo attraverso il quale esprimere il proprio sentimento artistico e lo avrebbe fatto all’alba dei suoi 40 anni dopo il suo viaggio in Francia, rivoluzionando così le sorti della cucina italiana moderna e contemporanea; era davvero convinto che l’Italia avrebbe potuto fare come i francesi, e forse anche meglio.
“Tutto questo secondo me è nato dalla passione di mio padre per la musica e per l’arte in genere. – ha detto Simona Marchesi – Sposando una musicista, che è divenuta la sua musa ispiratrice, ha potuto nutrirsi di tanta bellezza che la mamma attraverso la musica ha potuto trasmettergli; la bellezza che porti in te non può che generare armonia ed armonia fu nella sua cucina. Sono valori che lo hanno arricchito e che hanno dato forma al suo pensiero; tra l’altro da poco abbiamo travato alcune sue lettere in un trasloco che non avevo mai letto prima, è stato molto emozionante seguire il suo viaggio francese alla ricerca del suo compito nella vita ed anche il mezzo attraverso cui esprimerlo che non era così chiaro in gioventù. Frequentava pittori, artisti e musicisti e quello che lo interessava era trasformare la sua cucina in una forma d’arte e la Francia per lui è stata come un volo su Marte. Lui lì impara, con gratitudine prende ciò che gli serve e non di più. Infatti, scrive in una delle sue lettere: “Certe cose si possono fare diversamente e anche meglio, non voglio imprimermele come le fanno qui.”

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