Il pane di Matera, un patrimonio mondiale
Per quanto riguarda il pane, il know-how italiano risale a tanti secoli fa. Oggi ogni città, dal nord al sud, può senza problemi vantarsi del proprio pane “fatto in casa”. Due tipi tra i più apprezzati vengono da Altamura in Puglia e da Matera in Basilicata.

Conosciuta per le sue chiesette rupestri e per le sue abitazioni caverne, oggi chiamate “sassi” che hanno origine in un insediamento preistorico troglodita, si sospetta che Matera sia tra gli insediamenti più vecchi d’Italia. Ci sono le prove che le persone abitavano qui dal 7000 a.C. fino al 1950 circa, quando il governo italiano del dopo-guerra le ha obbligate con forza a lasciare “i sassi” dove abitavano analfabeti, in miseria, con malattie, e nella stessa stanza con loro animali agricoli, e trasferirsi a Martella in case appena costruite appositamente, ma purtroppo a 15 kilometri di distanza e senza i servizi per poter continuare a fare il loro lavoro agricolo. Per capire meglio la vita inumana di una volta nei “Sassi”, la prima sosta dovrebbe essere Casa Noha in cima a Matera a Recinto Cavone, un palazzo del seicento donato alla FAI, non lontano da Duomo, costruito in stile romanico pugliese nel XIII secolo, che meriterebbe anche una sosta. A Casa Noha, aperta dalle 9 alle 19 da aprile ad ottobre con un orario più ristretto gli altri mesi, biglietto 7 euro, si può visionare un video di 25 minuti, “I Sassi invisibili: viaggio straordinario nella storia di Matera,” che offre un ricostruzione della storia della città dalle origini a oggi. Dopo si può visitare una ricostruzione di una casa nei “Sassi”: Storica Casa Grotta, Piazza S. Pietro Caveoso, Vicinato di vico Solitario 11. Aperta tutti giorni non-stop dalle 9:30 fino alla sera, biglietto 3 euro. Poi, fondato 21 anni fa dal poeta Donato Cascione, è il Museo Laboratorio della Civiltà Contadina, Via San Giovanni Vecchio 60, aperto tutti i giorni dal 9-13 e 16-19, biglietto a 2 euro.
Da sempre fino agli anni ’50 gli abitanti dei “Sassi” facevano il loro pane nei forni della comunità. Per riconoscere la loro pagnotta tutti, compresi i nonni di Massimo, avevano il proprio timbro. “Una caratteristica speciale del pane di Matera,” ci ha spiegato durante la nostra vistata al suo forno organizzata dall’APT di Matera, “è la preparazione del lievito con l’acqua dalle sorgenti naturali e della frutta macerata. Altre singolarità sono: che la freschezza della pagnotta dura fino a 9/10 giorni e che la forma a cono della pagnotta è simile alle montagne intorno Matera. Non per nulla prima di essere scelta come la capitale della cultura quest’anno, Matera è diventato Un UNESCO World Heritage Site nel 1993.”

Camminare nei “Sassi”, soprannominati “la Seconda Betlemme” è una passeggiata in un presepio vivente. Non per nulla, sono un luogo prediletto dai registi del cinema per girare i loro film storici: “L’Evangelo secondo San Matteo” (1964) di Pier Paolo Pasolini, “Cristo s’è fermato a Eboli” (1979) di Francesco Rosi, “La Passione di Cristo” (2004) di Mel Gibson, per citare soltanto alcuni. Non è neanche una sorpresa che di recente il New York Times ha incluso la Basilicata come numero 3 nella propria lista dei “52 Places to Go in 2018”, definendola “Italy’s Best Kept Secret”.
Di questo e tanto altro abbiamo parlato con Massimo Cifarelli, del noto panificio che a Matera sforna prelibatezze dal 1947.

Perché Altamura e Matera sono così famosi per il pane?
“Entrambe famose ma per ragioni differenti: Matera lo è per la storia e le tradizione popolari legate al pane, per la presenza di forni comuni dove portare il pane a cuocere e la necessità di avere una forma di pane che permetteva di risparmiare spazio all’interno del forno e infornare più pagnotte; quello di Altamura è famoso perché lo si può trovare in moltissime città d’Italia ed è comunque un buon pane di semola rimacinata di grano duro!”.
Le differenze tra questi due tipi di pane?
“Sono pani molto simili tra loro e hanno in comune gli stessi 4 semplicissimi ingredienti: semola rimacinata di grano duro, lievito madre, acqua e sale, ma il processo produttivo è differente e questo determina differenze sostanziali nel prodotto finito!”.
Quali sono i suoi primi ricordi del pane?
“Quando avevo all’incirca 10 o 12 anni ricordo che al panificio producevamo molto più pane di oggi, si facevano 3 infornate ogni giorno (oggi solo 2) e l’ultimo pane usciva alle 16:00 ogni pomeriggio e di conseguenza mio padre alle 15:30 andava al panificio ad aprire lo sportello del forno per permettere al vapore di uscire e al pane di asciugare bene per altri 30 minuti. Il fatto è che noi mangiavamo intorno alle 14:30, quindi vedevo mio padre scappar via non appena finivamo di mangiare dato che i primi dipendenti arrivavano al panificio intorno alle 16:00”.

Chi è stato il primo Cifarelli a fare il pane?
“Il primo fu mio nonno (Antonio), garzone presso un fornaio dei Sassi che non aveva figli e gli lasciò il mestiere. Il mio bisnonno, invece, era cuoco presso una famiglia nobile. A quei tempi, però, bisogna sottolineare che mio nonno non “faceva” il pane, ma semplicemente infornava il pane che le massaie facevano in casa! Mio padre nel 1981 ha trasformato il “forno” in “panificio” iniziando a “fare” il pane!”.
Mi racconti la storia del panificio Cifarelli?
“Mio nonno negli anni ha trasferito 3 volte il forno: dal 1928 al 1936 il forno era nel Sasso Caveoso all’interno della chiesa sconsacrata di San Leonardo, poi si trasferì nel Sasso Barisano in un locale ipogeo di fronte alla chiesa di Sant’Agostino (1936 – 1947) ed in fine trasferì il forno nel nuovissimo quartiere di Piccianello (l’attuale panificio). Il Forno fu trasformato in Panificio da mio padre nel 1981 e nel 2005 abbiamo aperto la nostra seconda sede in un quartiere nuovo della città e nel 2015 abbiamo aperto la terza sede nel centro della città (piazza San Francesco)”.
Quindi il primo panificio dei Cifarelli era nei Sassi?
“Sì, in una chiesa sconsacrata con icone votive sulle pareti che esiste ancora e che se riusciremo in futuro cercheremo di recuperare”.
Le donne Cifarelli non hanno mai lavorato in ditta?
“Mia nonna si occupava di dare la forma “tipica” alla massa che le donne portavano al forno per l’infornata, invece in tempi più recenti mia madre andava tutte le mattine al panificio per aiutare e ha smesso di andarci quando io ho intrapreso questa strada”.
Adesso avete un forno e tre negozi?
“Il pane continuiamo a farlo solo nella sede di Piccianello, dove c’è il forno a legna, ma le altre sedi non sono dei semplici negozi perché abbiamo in qualche modo diviso le produzioni tra salato, dolce e rosticceria”.

Una sua giornata tipica?
“Alle 7:00 meno qualche minuto sono al Panifico (cerco di arrivare sempre prima dei miei dipendenti che arrivano alle 7:00 in punto, controllo il pane che è già stato sfornato dai dipendenti che fanno il turno di notte e parlo con loro se noto che c’è stato qualche problema (pane troppo cotto, poco cotto, poco lievitato, troppo lievitato, lievito madre debole o forte, semola non buona…..) poi faccio un giro nel negozio (shop) per controllare gli scaffali, annoto quello che manca su una lavagna nel laboratorio e quello diventa il programma della giornata, a questo punto non resta che dedicarsi alla produzione, preparo gli impasti necessari e insieme con gli altri dipendenti ci dedichiamo alla produzione di biscotti, taralli, focacce e tutto quanto c’è bisogno di fare fino alle 14:00. Dopo la pausa pranzo torno al Panificio alle 17 per una sorta di controllo e supervisione, alcune volte faccio un giro per le altre sedi ed in fine torno a casa verso le 19:30 – 20:00”.
Quante pagnotte potete infornare per volta?
“Nel forno entrano (se si è bravi ad infornare) circa 240 forme da 1 kg ma un tempo mio nonno infornava circa 350 kg di pane perché lui infornava pezzi di grossa pezzatura (circa 5 o 6 kg) e bisogna considerare che 1 forma da 5 kg occupa nel forno meno spazio di 5 forme da 1 kg!”.
La temperature del forno?
“Il forno raggiunge una temperatura di circa 260 – 270 gradi al momento dell’infornata e dopo 2 ore di cottura il forno è ad una temperatura di circa 190 gradi”.
Che tipo di legno usate?
“Mio nonno usava legna di lentisco (macchia mediterranea) ma oggi è vietato tagliarla quindi usiamo legna di quercia”.
Quanti altri forni a legno come il vostro ci sono a Matera?
“Ne sono rimasti solo 4, la gestione di un forno a legna è lunga e faticosa di conseguenza molti miei colleghi hanno rimpiazzato il forno a legna con quello a gas o elettrico”.

Quanti tipi di pane fate voi? Qual è il bestseller?
“2 tipi: quello tipico (alto con i tre tagli sulla sommità) e quello basso (anche detto pugliese); ma non c’è paragone sulle produzioni: circa 400 kg del primo (quello tipico) e solo 50 kg del secondo (quello pugliese)”.
Che grano usate e da dove viene?
“Aderendo al Consorzio di Tutela del Pane di Matera siamo obbligati dal Disciplinare ad utilizzare grani locali e una percentuale (30%) è rappresentata dal grano duro Senatore Cappelli. La totalità delle semole che utilizziamo sono Lucane, per buona parte provengono dalla zona di Genzano, Acerenza, Stigliano e Irsina”.
Che cosa le piace di più del suo lavoro?
“Mi piace moltissimo la soddisfazione che si prova nel “creare” un buon prodotto, poi c’è la clientela che ci fa tanti complimenti e questo mi dà la carica per andare avanti nonostante le tante difficoltà che purtroppo ci sono”.
Di meno?
“Il dover talvolta di affrontare argomenti antipatici come ad esempio il prezzo di questo o di quel prodotto. Spesso capita che i clienti ci fanno notare che altrove prodotti simili ai nostri constano di meno e alcune volte ho sentito pronunciare parole gradevoli e offensive come “è un furto” che lasciano sottintendere che “siamo dei ladri”. Un tempo affrontavo queste discussioni quasi con piacere perché ero convinto di poter spiegare le ragioni e di poter far comprendere le ragioni che si nascondono dietro determinati prezzi ma oggi, dopo 18 anni di lavoro, sinceramente sono stanco e spesso non argomento più, chiudo il discorso con un laconico “purtroppo è un prodotto costoso!””.
Ci ha detto che non vende a supermercati, alberghi o ristoranti; allora chi sono i suoi clienti?
“Il 98% dei miei clienti sono i cittadini della mia città, il 2% è rappresentato da ristoratori che lo vengono a comprare direttamente al banco dei mie negozi ai quali non facciamo un prezzo di favore ma semplicemente la fattura al posto dello scontrino così che loro lo possano contabilizzare e scaricare dalla loro contabilità. Al contrario i miei colleghi lo portano con furgoni e furgoncini direttamente ai ristoratori e fanno loro anche un presso di favore molto scontato!”.

Ha dei clienti fuori della Basilicata? All’estero?
“Alcuni materani che si sono trasferiti in altre città d’Italia, talvolta chi chiamano e ci chiedono di spedire loro del pane direttamente a casa”.
Ho visto che ha un sito web per vendere, da quando e perché? Chi lo usa?
“Il sito è online già da diversi anni ma solo all’inizio del 2018 abbiamo aggiunto al parte dell’e-commerce, è una sorta di esperimento che abbiamo voluto fare e infatti i prezzi sono leggermente più alti per “scoraggiare” un po’ ed iniziare a capire come funziona e quanto impegno richiede! In futuro spingeremo sempre più sulle vendite online ma ci dobbiamo prima rodare!”.
Se lei e suo fratello non avessero seguito le orme dei vostri avi, che mestiere avrebbero scelto?
“Io dopo il diploma da ragioniere ho lavorato per un anno in uno studio di consulenza e in quel periodo ho capito che non era assolutamente un lavoro per me, in particolare non trovavo alcuna soddisfazione in quel tipo di lavoro da scrivania! Invece come ho detto nella risposta n° 18 il mio attuale lavoro mi regala un sacco di soddisfazioni! Per quanto riguarda mio fratello: lui è laureato in informatica e dopo la laurea ha provato per un anno a cercare un lavoro inerente alla sua laurea, ma non ha trovato nulla, nel frattempo piano piano aveva iniziato ad interessarsi agli aspetti più logistici del nostro lavoro e ad interfacciarsi con i vari consulenti (lavoro, sicurezza, haccp, commercialista, banca ecc. ecc.) e alla fine si è trovato a lavorare in azienda a tempo pieno”.
Sia suo fratello che lei avete figlie femmine; allora la Ditta Cifarelli finirà con voi?
“Onestamente non mi auguro che le mie figlie o mia nipote prendano la mia stessa strada, perché questo è un lavoro ogni giorno sempre più difficile e duro, inoltre il ritorno economico è sempre meno in confronto alla quantità di lavoro che ci mettiamo e alle responsabilità che ci prendiamo!”.