De Mari Nostro è una storia di cucina, di ricette cercate e vissute con corpo e anima lungo le coste del Mar Mediterraneo. È la storia di un cuoco, Romeo, che è quasi un mago e che dedica la sua vita al mare andando alla ricerca della formula perfetta per cucinare un pesce tanto buono che, una volta gustato, porta i commensali ad una morte dolce e sconosciuta.
Nel suo ultimo libro edito da Serra Tarantola Roberto Abbadati dipinge in doppia lingua la cultura culinaria di 18 paesi diversi in 40 ricette attraverso il racconto, nato dalla penna di Luca Lombardi, delle avventure di due giovani innamorati che navigano il mare su una piccola barca.

Le ricette sono originarie dei vari luoghi esplorati ma, spesso, vengono rivisitate dalla fantasia dello chef in modo da creare il perfetto mix tra tradizione e novità. Ad ognuna di esse il sommelier Nicola Bonera ha poi abbinato il vino perfetto, mentre le fotografie a tutta pagina sono state scattate da Alberto Mancini e Alberto Petrò utilizzando una tecnica particolare che mira a riprodurre, fantasiosamente, il punto di vista che un pesce può avere del mondo che lo circonda. Ogni parola, poi, è stata tradotta dall’italiano all’inglese da Davide Mancini in modo che tutte le pagine risultino scritte in doppia lingua.
Durante un’intervista per La Voce lo chef Abbadati mi ha raccontato da dove è nata l’idea di un libro di ricette tanto particolare: “Il libro nasce dal desiderio di pagare un tributo al Mar Mediterraneo, una delle aree geografiche che più amo al mondo a causa della sua infinità varietà geografica e della complessità antropologica e storica che si trovano soltanto qui, nel bacino che ha visto scontrarsi e sovrapporsi nel corso dei secoli grandi imperi e civiltà. In qualche modo, il Mediterraneo rappresenta l’essere umano e il viaggio che propongo è come una piccola Odissea, un viaggio nelle coste di un mondo conosciuto da tanti secoli alla ricerca di qualcosa di introvabile”. Per prepararsi e scrivere al meglio le ricette di ogni paese, Abbadati mi ha spiegato di aver avuto la possibilità di lavorare per vari anni nel bacino occidentale, soprattutto in Francia, Spagna e Marocco. “Conoscevo anche la Grecia e la Turchia, paesi che ho visitato ma in cui non ho mai lavorato a livello professionale — ha poi precisato — mentre per la fascia sud orientale mi sono affidato alle ricerche bibliografiche e ho cercato di mettermi in contatto con persone del posto”. Quando ho chiesto allo chef di definire lo stile culinario usato nel libro, mi ha risposto: “Ho deciso di fare appello ad una cucina popolare, legata al mondo del quotidiano e all’ambiente domestico più che a quello ristorativo. Voglio mettermi in comunicazione con chi vive il buon cibo quotidianamente perchè la vera sfida è riuscire a emozionare con il cibo le persone senza bisogno di avere stelle Michelin, ma usando gli ingredienti di tutti giorni. La mia ambizione è creare un libro che possa essere utilizzato da tutti, dal nonno al nipote. Non sta a me dire se ci sono riuscito”.

Abbadati ha anche idee molto decise riguardo ai recenti sviluppi dell’industria culinaria italiana. Negli ultimi abbiamo infatti assistito ad una vera e propria invasione di libri e programmi di cucina che hanno rivoluzionato la visione dell’intero ambito professionale, dando l’idea che chiunque possa facilmente diventare un cuoco provetto. “È una tragedia — mi ha detto lo chef — il processo ormai è in atto da vari anni e non coinvolge solo la cucina, ma sta devastando intere professioni. Anche nella fotografia, per esempio, adesso basta scaricare la versione di prova di Photoshop e spacciarsi per esperto. La situazione però è esponenziale nel mondo del cibo, un business che ormai coinvolge migliaia di persone e che ha acquisito un grande potere distrattivo”. Abbadati è convinto che il proliferare dei nuovi cooking show abbia “salvato la televisione italiana, ma sacrificando il ruolo del cibo che da atto di distrazione e di socializzazione è passato ad essere una semplice merce di consumo selvaggio”. Guardando al futuro, lo chef mi ha confessato che certamente prima o poi questa nuova moda inizierà ad affievolirsi ma che, al momento, è molto resistente. “Forse siamo saturi a livello di occupazione del palinsesto o degli scaffali delle librerie, ma il business che si è creato può ancora crescere” ha affermato, aggiungendo che prima o poi arriverà il momento in cui un grande chef dirà “basta, fermatevi”. Ma anche questo, inevitabilmente, verrà assorbito dalla macchina dei media e trasformato in un grande evento, impedendo di fatto il ritorno ad una cucina genuina.
Oggi Roberto Abbadati, dopo una prima formazione professionale dai toni classici ed accademici, svela la sua vera identità artistica interpretando una cucina personale elegante e disimpegnata collaborando con aziende di vario tipo e organizzando o partecipando a eventi artistici, culturali e sociali concentrandosi sull’esplorazione del valore comunicativo del cibo, che egli considera “estremamente entusiasmante”. Riguardo ai progetti attuali, Abbadati ha creato e segue in collaborazione con il barman Mattia Merigo da circa 4 anni il marchio M.A.S – Miscelazione Alimentazione Stupore che offre menù personalizzati per ogni tipo di evento o occasione, e ha in cantiere la preparazione di un nuovo libro in cui proporre varie ricette seguendo come filo conduttore la storia antropologica dell’uomo cacciatore. “Mi piacerebbe però andare all’estero, in Italia ormai il business della cucina si adagia sugli allori, spremendo fino all’ultima goccia il concetto di ‘tradizione’, ma il gap generazionale avanza e sarà un problema per le prossime generazioni”. Inoltre, parlando della cucina made in USA Abbadati ha affermato che “in America non si mangia male! Anzi, c’è un pubblico fortemente interessato ad imparare di più sulla cultura culinaria”. Mentre l’Italia è ferma e vive di rendita, insomma, gli altri paesi vanno avanti: “Londra, per esempio, si sta affermando come mecca del buon cibo in Europa, mentre fino a pochi decenni fa la cucina inglese non veniva nemmeno presa in considerazione”.
Nel suo ultimo libro, De Mari Nostro, Abbadati cerca di fare proprio questo: unire tradizione e innovazione sullo sfondo offerto dalle coste del Mediterraneo. Per andare avanti, senza dimenticare come abbiamo fatto arrivare dove ci troviamo ora.